(Corriere dello Sport-R.Maida) Il diavolo si è trasferito a Lugano: «Bel progetto, società ambiziosa, puntiamo a risalire presto in serie A» . Giordano Negretti, 49 anni, ha accompagnato in Svizzera come preparatore dei portieri Francesco Moriero,
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Negretti: “Cara Roma, non avercela con me”
(Corriere dello Sport-R.Maida) Il diavolo si è trasferito a Lugano: «Bel progetto, società ambiziosa, puntiamo a risalire presto in serie A» . Giordano Negretti, 49 anni, ha accompagnato in Svizzera come preparatore dei portieri Francesco...
uno che conosce bene sia la Roma sia il Lecce. Venticinque anni fa, però, Negretti era il portiere del Lecce che negò lo scudetto alla Roma di Eriksson: 20 aprile 1986, l’anno di nascita di Osvaldo, sei anni prima che venisse al mondo Lamela. Penultima di campionato, c’era il sole e non la diretta tv all’Olimpico. Il Lecce già retrocesso vinse 3-2 nel silenzio assoluto. Roma battuta e seconda, scudetto alla Juve.
Negretti, domenica torna Roma-Lecce. Le dà fastidio essere ricordato solo per quella partita del 1986? «Al contrario. Mi fa piacere, perché è una partita rimasta nella storia del calcio, anche se io ho continuato a parare anche dopo». Si è discusso molto di quella follia: combine, calcioscommesse, premi a vincere. «Se ne sono dette tante ma credetemi, sono cavolate. La verità è che capita ogni tanto un risultato incredibile. Capitò proprio a noi: buona partita, vittoria fortunata». Negretti nemmeno doveva giocare. Entrò sull’1-0 per la Roma al posto di Ciucci. E parò tutto. «Tornavo in rosa dopo un mese e mezzo perché avevo litigato con l’allenatore, Fascetti. Stefano Ciucci si ruppe lo zigomo, toccò a me all’improvviso. Una sorpresa». Come sarebbe andata se lei non fosse entrato? «Non lo so. Ma il destino ha deciso così. Sa che oggi Ciucci fa l’allenatore? Al Camaiore, in serie D».
Quante parate ha fatto Negretti quel giorno? «Tante. Soprattutto nel secondo tempo, sotto assedio. Boniek e Pruzzo, in particolare, provarono in tutti i modi a fare gol. E Boniek a un certo punto si innervosì». E gli altri? «Nulla. I colleghi riconoscevano che stavo facendo il mio dovere. E poi credo che la Roma fosse convinta di ribaltare il risultato, anche quando eravamo sul 3-1, perché la differenza tra le due squadre era enorme. I rimproveri sono arrivati dopo...». A fine partita? «No, dopo, nel corso degli anni. Ogni volta che ho incontrato un giocatore o un dirigente tifoso della Roma mi sono sentito rinfacciare quella partita. Ma che dovevo fare io? Mica volevo creare problemi ai romanisti. Ero solo il portiere del Lecce». Come avete fatto a trovare motivazioni? Dall’altra parte c’era una squadra che avrebbe dovuto stritolarvi. «Il presidente (Franco Jurlano, ndr) venne negli spogliatoi e ci disse di onorare il campionato. E noi sapevamo che quella partita sarebbe stata una vetrina. Tutto qua. Basta sospetti. Tanto è vero che la settimana dopo provammo a battere anche la Juventus». Che però vinse con lo stesso risultato, 3-2, in casa vostra. «Cercammo di fare un’altra impresa. Ma in quel caso pagammo la presunzione. Sull’1-1 ci sbilanciammo per la voglia di vincere e beccammo due gol in contropiede». E la gente, dopo Roma-Lecce 2-3, che diceva? «Era incredula. Dopo le interviste rientrammo in campo per osservare meglio l’Olimpico, dove molti di noi non avevano mai giocato. Gran parte degli spettatori era ancora lì, tre quarti d’ora dopo il fischio finale, impietrita».
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