(Gazzetta dello Sport - M.Calabresi) - Adesso che ha strappato la tessera del partito dei «musi lunghi», Leandro Greco riesce quasi ad essere sereno anche da infortunato.
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Musi lunghi. Da Brighi a Okaka, il sogno di tutti è fare come Cicinho
(Gazzetta dello Sport – M.Calabresi) – Adesso che ha strappato la tessera del partito dei «musi lunghi», Leandro Greco riesce quasi ad essere sereno anche da infortunato.
Sprizzerebbe felicità come Cicinho, ora che Luis Enrique li ha messi nella metà della lavagna dei «buoni», ma ha uno stiramento e domani farà la risonanza magnetica per valutarne l’entità. Quel partito cambierà capogruppo: primarie affollatissime e Roma ancora bicefala. Prima la società, ora la squadra, con un bel po’ di gente triste. Disarmato C’era una volta il soldato Matteo Brighi, manifesto del professionista. Dopo 136 partite, 13 gol e tanta «legna», è finito a fare il tappabuchi. A Budapest addirittura difensore centrale, con i Primavera a centrocampo. Poche ore prima Puzzolo, il suo agente, si era sfogato: «È poco considerato». Figuriamoci se lo avessero chiamato la sera. Salvatelo, come Ryan. Perdono Il caso di Stefano Okaka è curioso almeno quanto quello di Benjamin Button: fermo da aprile per l’operazione alla spalla, non convocato per il ritiro, e non considerato da Sabatini nel progetto. Da Sabatini, non da Luis Enrique: Okaka, con la squadra in Alto Adige, è a Trigoria con la band dei «40 gradi all’ombra» di cui fanno parte Simplicio, Antunes &co. Si allena sotto il solleone e, quando la Roma torna a casa, viene aggregato al gruppo. Luis Enrique lo scruta: «Ma questo non è come me l’avevano descritto...». Non che avesse trovato il centravanti dei suoi sogni, ma neanche l’ultimo arrivato. Sabatini si scusa («La sua esclusione è stato un mio errore»), Okaka va a Budapest e gioca mezz’ora. Martedì compirà 22 anni: «È ora di decidere cosa fare da grande» ripete da mesi. Il contratto scadrà il 30 giugno e, non trovasse una sistemazione (definitiva, per regolamento), la Roma lo perderebbe a parametro zero. Infelicità Gianluca Curci era stato ottimista, fin troppo: «Stekelenburg? Posso metterlo in difficoltà». Il problema è che c’è anche Lobont, che non ha preso tre gol dal PSG ed è partito titolare con il Vasas. Nel giro nato dal caso Romero, il Chievo ha rifiutato l’argentino, con Sabatini che lì piazzerebbe proprio Curci, con Sorrentino al Palermo e Romero alla Samp. Ora Curci fa il terzo, come Aleandro Rosi, pochi metri più avanti e più a destra. Con Cassetti davanti, lo scorso anno Rosi era riuscito a giocare 16 partite in campionato e a segnare il gol che aveva (per poco) alimentato il sogno Champions. Le mani imposte da Luis Enrique su Cicinho hanno cambiato lo scenario: il brasiliano sembrava di passaggio, ora è un potenziale titolare. «Rimarrò sicuramente », ha confidato ai tifosi che hanno ricominciato anche a chiedergli gli autografi. Parole (e firme) fino a un mese fa impensabili. Senza parlare di Crescenzi e Bertolacci, di rientro dai prestiti e convinti di giocarsi le loro carte. Luis Enrique ha visto i dvd delle partite della Primavera, non di quelle di Crotone e Lecce: Crescenzi è a Bari, Bertolacci ha le valigie in mano. Extracomunitari Tutto finito? Altroché: Barusso ha ancora un anno di contratto a 400 mila euro netti (poco meno di Heinze), cifra che da altre parti si sognerebbe. Dimenticato, ha tutti i motivi per godersi gli ultimi bonifici. Simplicio, dopo aver rifiutato il Corinthians, in Brasile non ha mercato, anche perché lì il mercato è chiuso fino a gennaio. Se Sabatini, ieri, ha tenuto a precisare che «Pizarro è orgogliosamente un giocatore della Roma, e rimarrà qui», chiudendo per il momento a un’eventuale cessione del cileno, volessero Simplicio e Barusso mettersi di traverso e bloccare il mercato degli extracomunitari, potrebbero. A quel punto, muoia Nilmar, e tutti i Filistei.
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