(Il Messaggero - M. Ferretti) - La tripletta al Varese che ha regalato lo scudetto alla Roma Primavera, i cori dei tifosi, lo stendardo "Montini Papa Subito", la festa infinita nello spogliatoio, gli abbracci e le lacrime divise con l’allenatore Alberto De Rossi e i compagni, i titoloni in prima pagina sui giornali devono essere messi da parte.
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Montini, dallo scudetto alla maturità
(Il Messaggero – M. Ferretti) – La tripletta al Varese che ha regalato lo scudetto alla Roma Primavera, i cori dei tifosi, lo stendardo “Montini Papa Subito”, la festa infinita nello spogliatoio, gli abbracci e le lacrime...
Non dimenticati, per carità, ma per ora accantonati. Mattia Montini, tre gol nella finale di Pistoia, adesso ha altro a cui pensare: lunedì prossimo cominceranno gli esami e lui dovrà presentarsi all’istituto Poliziano, zona Garbatella, per prendere la maturità scientifica. «Sono abbastanza tranquillo, un minimo sono riuscito a studiare. Certo, italiano e matematica scritti non sono facili...», confessa. E’ arrivato a Trigoria nell’estate del 2003 quando aveva appena compiuto undici anni. Ad attenderlo una maglia giallorossa e Dario Pisani, l’allenatore dei Giovanissimi Provinciali. Per cinque anni ha fatto avanti e indietro tre, anche quattro volte alla settimana da Frosinone, dove è nato e vive con la famiglia, sfruttando la pazienza e la passione del papà, poi, tre anni fa, la decisione di andare a vivere nel pensionato di Trigoria, «per stare più tranquillo e per far riposare mio padre». Aveva appena vinto il suo primo scudetto, quello dei Giovanissimi Nazionali con Andrea Stramaccioni in panchina: centravanti, ma anche attaccante esterno, «non mi piace star fermo lì davanti, ci sto solo se me lo chiede espressamente l’allenatore».
Come capitato l’altra sera a Pistoia: tre palloni veri e tre gol, cinque nelle tre partite della fase finale. «Il mio modello? Van Basten. Lui ha smesso di giocare quando io ero bambino, ma ho visto centinaia di dvd con le sue partite, le sue giocate e i suoi gol: straordinario. Ma mi piace tanto anche Drogba: giocate semplici, tanti gol». Qualcuno, fisicamente e non solo, l’ha accostato a Vucinic. «Davvero? Magari...». Per prenderlo dal Frosinone 2000, dove dava spettacolo segnando gol a raffica contro avversari fisicamente più piccoli di lui, la Roma otto anni fa ha sborsato 6.500 euro, mica poco. Ma, raccontano dal Bernardini, Mattia aveva già messo in mostra qualità che lasciavano intravedere un futuro interessante. Fisicamente è ben strutturato, ma deve ancora crescere; da un punto di vista tattico gioca ancora in maniera troppo disordinata, ma sul piano tecnico ci siamo, o quasi. Troppo spesso, però, il suo rendimento (e la sua crescita) è stato condizionato dagli infortuni: solo in questa stagione, ad esempio, è stato fermo quasi due mesi per un problema alla caviglia, «ma dei miei progressi sono soddisfatto: da quando sono alla Roma, ogni anno sono migliorato. Non sono un tipo che si accontenta, però: cerco il meglio, penso che si possa sempre crescere», racconta pensando anche ai complimenti che gli arrivano dagli States, «Una grande emozione», firmato Tom DiBenedetto. La Roma in lui crede molto, visto che Montini da tempo è stato messo sotto contratto fino al 30 giugno del 2014. Il suo procuratore, Oscar Damiani, gli ha rimediato anche uno sponsor tecnico, così a fine mese il saldo in banca di Mattia è interessante. Non cifre pazzesche, ma nemmeno da buttar via per un ragazzino di diciannove anni fino all’altra sera sconosciuto o quasi. E, da domenica, sul suo conto cominciano a farsi discorsi importanti.
«La prima squadra? E chi ci pensa? Lo dico davvero. Andare in ritiro con i grandi sarebbe un premio bellissimo, ma adesso penso soltanto agli esami. Se chiudo gli occhi, però, mi torna in mente nitida un’immagine della partita di Pistoia: il mio secondo gol, la palla che entra nella porta del Varese all’ultimo secondo di gioco. Mi vengono ancora i brividi. Non so come spiegarlo, ma io ero sicuro che prima della fine avrei segnato un altro gol. Lo stavo cercando con tutto me stesso e, proprio in extremis, è arrivato. Il portiere del Varese, è vero, mi ha dato una mano, ma il gol è tutto mio. Mi ha emozionato più quello che il gol della vittoria. Può essere?». Può essere.
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