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Moggi: "Ho riscritto la storia vera"

(Corriere dello Sport – A.Giordano) Moggi, ha riletto la storia…? «Potrei dire che l’ho riscritta, visto come sono andate le cose. E sono andate proprio come dicevo io….».

Redazione

(Corriere dello Sport - A.Giordano) Moggi, ha riletto la storia...? «Potrei dire che l’ho riscritta, visto come sono andate le cose. E sono andate proprio come dicevo io....».

La sua teoria è: così facevan tutti. «E ciò che accadeva è sotto gli occhi di ognuno di noi. Solo che ora c’è pure la rela­zione del dottor Palazzi a sostenerlo. Sino al­l’altro giorno - invece - sembravo un eretico, un visionario. Oppure, no, ero il male assolu­to ».

Però c’è chi faceva di più e chi di meno: in­somma, differenze ce n’erano...«Se allude a forme di interventi diversi, si sbaglia. La testimonianza delle intercettazio­ni penso che sia sufficiente a sottolineare che si agiva attraverso atteggiamenti comuni al­l’ambiente calcistico di quell’epoca».

Ciò che non hanno dimostrato le indagini, l’­ha scovato un uomo comune, peraltro impu­tato. «E’ stato allestito un gruppo di lavoro, per non sciupare alcun dettaglio. Sono state sbo­binate migliaia e migliaia di telefonate su centocinquantamila: non so dire quante, di preciso, ma credo molto più di venticinque­mila. E’ stata spesa una fortuna di cui qual­cuno dovrebbe pure ripagarmi. Ma fa niente, l’ho fatto per me, per onore della verità e di una giustizia che nei confronti del sottoscrit­to è stata tutt’altro che giusta».

Se le dicono: non mischiamo i contatti con l’organizzazione. «Ma quale organizzazione, mi dicano qua­le? La Juventus di Moggi, Giraudo e Bettega si comportava alla stessa maniera dell’Inter di Moratti e di Facchetti, avevamo buoni rap­porti, discutevamo, parlavamo, almeno come facevano gli altri. E, posso dire, non siamo mai entrati nel merito, come in alcune inter­cettazioni emerse grazie a me: ai designato­ri, c’è chi avanza richieste precise, metti que­sto arbitro o metti quest’altro...».

Cinque anni per rimettere in discussione Calciopoli.«Mi permetto di citare personaggi illustri: c’è stato chi ha detto, e non è Moggi, che la sentenza del 2006 è stata emessa abbraccian­do il sentimento popolare; c’è stato chi ha det­to, e non è Moggi, che si era tornati alla San­ta Inquisizione; e c’è stato anche chi ha det­to, e non è stato Moggi, che quel processo non era un processo. Oggi io dico ciò che ho sem­pre sostenuto: Calciopoli è stata semplice­mente la figlia di un meccanismo perverso».

Addirittura... «E non è provato, ora? Ci fosse stato il tem­po per indagare seriamente, si sarebbero sa­pute prima queste verità nascoste, sfilate via chissà come. Ed avremmo avuto ben altre de­cisioni. All’epoca, era consentito telefonarsi con i designatori e a Natale, ricorderete, c’era persino la cena: tutti assieme, pure gli arbi­tri, intorno ad un tavolo. Mai esistito un divie­to, altrimenti sarebbe stato rispettato».

Perdoni: ma la definizione sistema-Moggi nasce da altri presupposti. «Il sistema-Moggi non esisteva, perché vi­geva una uniformità di comportamento. Io non cerco colpevoli, ma intendo semplice­mente ristabilire il quadro esatto d’un perio­do che viene rimosso: a quel tempo, c’erano atteggiamenti comuni».

A volte audaci... «Ma non lo dica a me, però. Perché non so­no io che mi vado a lamentare tra il primo e il secondo tempo nello spogliatoio dell’arbitro di Inter-Chievo Lo fece Facchetti».

Un galantuomo per l’intero mondo calcisti­co, del quale non è giusto parlare essendo scomparso...«Sono costretto a farlo dagli eventi, non permancanza di rispetto. Probabilmente era nel­l’indole dell’Inter e del suo presidente recla­mare. Cito a memoria una serie di episodi: in una Inter-Venezia, al 33' del primo tempo, viene espulso Cordoba. E Facchetti nell’in­tervallo ha da ridire con la terna. Non so se sia il caso di parlare di pressioni. Però, quan­do Coppola, l’assistente, tenta di confessare ad Auricchio, viene stoppato: a noi dell’Inter non interessa nulla».

Si sente perseguitato?«No, espongo i fatti. Quella era una indagi­ne mirata sulla Juventus e sui suoi dirigenti. Perché un investigatore non può spingersi a tanto. E poi, mi lasci ancora dire: ma posso­no mai, in pieno processo, incontrarsi Nar­ducci, uno dei pm, e Moratti?».

La frase è di un suo fedele amico: hanno sco­perto il vaso di Pandora... «Potrebbe sembrare, ma non è così. Perché il lavoro mio e di quanti sono stati al mio fian­co in questi anni, e parlo dei miei avvocati e dei periti, mira semplicemente a sottolinea­re le abitudini di quel calcio, non i malesseri eventuali. Non spetta a me, ciò».

Dal 2006 ad oggi, cos’è cambiato?«Non è battuta: il potere calcistico. C’è chi ha voluto stravincere, chi è passato dagli ac­quisti di Taribo West e Hakan Sukur a quel­li di Ibrahimovic e Vieira, aprendo un ciclo. Le forze in campo sono rimaste stravolte da quell’estate. Prima c’era la Juventus davanti a tutte, largamente: l’Inter mi pare finisse a quindici punti da noi. Quella Juventus che in finale del Mondiale in Germania aveva qua­si l’intera squadra».

Quella Juventus che al processo le lasciò l’amaro in bocca. «Ma fu l’avvocato della Juventus che so­stenne di aver letto gli atti in quattro giorni efu sempre il legale bianconero che parlò di serie B come punizione congrua. E invece no. In quei giorni, mi sono sentito solo. E lì forse è scattata la molla per mettersi all’opera. Poi ho saputo che un arbitro, non avendo possi­bilità economica, scelse il rito abbreviato. Il mio stato d’animo, cinque anni dopo, non è cambiato: sono sempre stato sereno e convin­to di non essermi comportato in maniera di­versa rispetto agli altri. Ma aggiungo che so­no soddisfatto per aver contribuito ad alle­viare le sofferenze di direttori di gara come Dattilo, Pieri, Cassarà e Bertini, distrutti da un teorema fasullo. Prima io ero loro cono­scente, ora li sento come amici».

Resta lo scenario d’un periodo buio, se per­mette. «Io rifletto su altro, rimanendo fermo sulle mie posizioni: ognuno tirava l’acqua al pro­prio mulino, non essendoci limitazioni. Ma io noto ancora disparità: perché Moggi e Girau­do vengono radiati avendo violato l’articolo 1; mentre per l’Inter, che invece emerge come inosservante - ed in che modo - dell’articolo 6, sarà applicata la prescrizione. Io al proces­so non sono riuscito a difendermi e le telefo­nate portate alla luce da me dimostrano che, in presenza di un giudizio non sommario, avrei invece potuto farlo».

Sarebbe stato più ampio, caso mai, il banco degli accusati.«Ma no, perché sarebbe stata rimossa l’ac­cusa di illecito strutturale».

Le macchie restano su quello scudetto. «La Juventus lo aveva vinto, perché di gran lunga superiore alle avversarie. Io continuo a sentirlo mio e di tutti quelli che lo hanno conquistato, però capisco e penso che alme­no la revoca di chi se l’è ritrovato appuntato addosso vada presa in considerazione. Alme­no quella».