rassegna stampa roma

Mister vero o falso?

(Il Messaggero – M.Ferretti) Carlo Mazzone, classe 1937, allenatore della Roma dall’estate del 1993 a quella del ’96, si schiera dalla parte di Luis Enrique. «È un bravo allenatore, solo che non ha ancora la necessaria esperienza per far...

Redazione

(Il Messaggero – M.Ferretti)Carlo Mazzone, classe 1937, allenatore della Roma dall’estate del 1993 a quella del ’96, si schiera dalla parte di Luis Enrique. «È un bravo allenatore, solo che non ha ancora la necessaria esperienza per far bene in Italia», spiega.

Non un piccolo ostacolo, però... «Ma solo lavorando, e anche sbagliando, potrà acquisirla. Io continuo a dire che per un allenatore l’esperienza è un pregio, non un difetto. È una cosa che non puoi comprare o imparare sui banchi di Coverciano, però; c’è bisogno di pazienza, quindi. Luis, del resto, non è stato preso per portare avanti un lavoro in prospettiva? Se con lui in panchina si deve guardare al futuro, adesso occorre stargli vicino ed avere pazienza». A Roma la pazienza sta quasi per finire... «Conosco la piazza, so come vanno le cose ma, ripeto, questo è il momento di dimostrare di credere nel progetto della nuova società. Luis viene da un calcio tecnico, si trova a fare i conti con un calcio tattico quindi deve ancora imparare tante cose. Come allenatore, però, mi piace: per me, ha più qualità che difetti». Esempio? «Ha dimostrato di puntare forte sui giovani, talvolta anche a discapito di qualche giocatore più importante, e questo vuol dire che è in linea con quanto concordato con i dirigenti. Sta lavorando per il futuro, insomma, e allora lasciamolo lavorare tranquillo. Se lo dobbiamo giudicare, le attenuanti non gli mancano...». Cioè? «Si trova per la prima volta lontano dalla Spagna, deve gestire una grande squadra, deve fare i conti con una piazza giustamente esigente: non è facile farlo subito in maniera perfetta. Quando cominciai a fare l’allenatore, feci subito grandi risultati con l’Ascoli e in quel periodo pensavo di essere il più bravo di tutti: dieci anni dopo, però, ripensando al passato mi sono reso conto che non avevo capito niente di questo mestiere. Sono stato chiaro?».

 

 

Roberto Pruzzo, classe 1955, centravanti della Roma dall’estate del 1978 a quella dell’88, 106 reti con la maglia giallorossa, non è un fan di Luis Enrique. «Mi ha deluso: pensavo che ci mettesse meno tempo a capire la Roma e a farsi capire dai giocatori», dice il Bomber.

Un allenatore da cambiare? «No, adesso no. Dopo la partita di Bologna, però, sarà necessario, anzi indispensabile, fare il punto della situazione. La classifica attuale parla chiaro: la sua Roma è una delusione e lui è il primo responsabile di questa situazione». Che cosa gli rimprovera? «Innanzi tutto, la mancanza di umiltà. Dovrebbe tener maggiormente conto degli avversari, ad esempio: nel campionato italiano fidarsi soltanto della propria forza e non valutare anche la forza di chi hai di fronte è un grosso errore. La partita di Udine, sotto questo aspetto, ne è stata la prova più evidente: Guidolin ha vinto sfruttando armi che tutti conoscevamo e temevamo. Tutti tranne Luis». Una Roma ancora senza identità. «A centrocampo e in attacco, la squadra è abbastanza definita. I problemi, per me, stanno dietro, in difesa: la squadra subisce gol con troppa facilità. Eppure la qualità dei singoli giocatori non mi sembra così scarsa. Ma non c’è ancora una squadra-base, e forse questo non aiuta a migliorarsi. Cinque sconfitte nelle prime dodici partite di campionato sono davvero tante, troppe. Vista la rosa, io mi aspettavo un altro rendimento, mi aspettavo più certezze sul piano del gioco, mi aspettavo più cose belle». Un rendimento ondivago, invece. «Ciò che mi preoccupa maggiormente è l’involuzione negativa del saldo tra le occasioni create e quelle subite: contro il Lecce era stato dieci contro due, a Udine due contro cinque. Pur tenendo conto del differente valore delle due avversarie, mi sembra un dato che non deve essere sottovalutato. E, non a caso, la Roma a Udine ha perso la partita».