(Il Romanista - D.Galli) - Se il fair play finanziario fosse già realtà, Milan e Inter sarebbero fuori dalla Champions. Mentre la Roma sarebbe dentro. È il risultato, sorprendente, di una elaborazione condotta da Mf-Milano Finanza. Il quotidiano economico ha incrociato i dati contenuti nel rapporto Uefa sullo stato di salute dei club europei con gli ultimi due bilanci (relativi agli esercizi finanziari 2008/09 e 2009/10) di 107 società di Inghilterra, Spagna, Francia, Germania e Italia.
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Milan e Inter senza fair play
(Il Romanista – D.Galli) – Se il fair play finanziario fosse già realtà, Milan e Inter sarebbero fuori dalla Champions. Mentre la Roma sarebbe dentro. È il risultato, sorprendente, di una elaborazione condotta da Mf-Milano Finanza....
La crème de la crème del calcio europeo. Milano Finanza è partito dall’esame del documento Uefa, presentato scorso a Nyon. Stando ai dati diffusi dal Governo del calcio europeo, dei 107 club messi sotto la lente di ingradimento 77 sono in utile e 6 hanno fatto registrare una perdita fino a 5 milioni di euro. Quindi, nei limiti imposti dal fair play targato Platini. Per altri 18 club scatta invece il cartellino giallo: hanno chiuso gli ultimi due esercizi finanziari con un rosso compreso tra i 5 e i 45 milioni di euro. In base alla normativa Uefa, potrebbero quindi iscriversi alle competizioni europee. Purché, però, il disavanzo venga colmato dall’azionista di riferimento. Come? Con un aumento di capitale. In parole povere, mettendoci soldi propri. Per altre 6 società, invece, sarebbero guai grossi. Perché - e qui entra in gioco lo studio di Mf - se si sommano i risultati economici delle stagioni 2008/09 e 2009/10, emerge una perdita aggregata superiore ai 45 milioni di euro. Ebbene, se la normativa Uefa sul fair play finanziario fosse già in vigore, neanche la ricapitalizzazione permetterebbe a queste società di partecipare a Champions o Europa League. In testa alla classifica degli spendaccioni irrecuperabili figura il Manchester City (meno 253,7 milioni). Seguono l’Inter (meno 223,4 milioni), il Chelsea (meno 141,1 milioni), il Liverpool (meno 114,2 milioni), il Milan (meno 95,8 milioni) e il Barcellona (meno 88,2 milioni). Per ora, è un’esclusione virtuale. Ma solo perché le nuove regole della Uefa andranno a regime solo dalla stagione 2013/14, quando sotto esame finiranno gli esercizi 2012 e 2013. Inter e Milan hanno iniziato a ridimensionare gli enormi passivi cui ogni anno devono far fronte, giocoforza, Moratti e Berlusconi. Ma il cammino sulla strada dell’equilibrio finanziario, specie per i nerazzurri, è ancora parecchio lungo. L’assemblea interista ha approvato il bilancio al 30 giugno 2010 con perdite superiori ai 69 milioni, contro i 154 dell’esercizio 2009. Un po’ meglio è andata in casa Milan, dove il rosso di bilancio è stato di 18 milioni. Il problema dei rossoneri è che la Uefa impone di considerare anche l’esercizio precedente. E quello 2009 si era chiuso con un buco di 66,8 milioni. Le due milanesi hanno altri tre bilanci per mettersi in regola. Altrimenti, per dirla alla Platini, adieu Champions. E la Roma? Se si partisse adesso, e se quindi si tenessero in considerazione gli ultimi due esercizi, il nostro club non sarebbe escluso dalle competizioni internazionali, ma avrebbe certamente bisogno dell’intervento di un soggetto in grado di immettere altri liquidi nel capitale sociale. Il risultato netto d’esercizio al 30 giugno 2010 è stato infatti negativo per 21,9 milioni di euro, contro l’1,9 dell’anno prima. Siamo bel al di sotto della soglia critica dei 45 milioni, però ampiamente sopra al deficit minimo ammesso dalla Uefa (5 milioni). Colpa, lo si è detto in più di un’occasione, della mancata partecipazione della Roma alla passata edizione di Champions e della flessione dei ricavi dai diritti tv. Ma anche di un monte ingaggi che nella stagione 2009/10 è stato di 69,7 milioni. Solo Inter (150 milioni), Milan (125,5) e Juve (115) hanno speso di più. La cessione di due pedine come Baptista (a titolo definitivo) e Cicinho (prestito fino a giugno), in questo senso, è stata una necessità.
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