(Il Romanista - FOTOGRAMMA di P.Marcacci) L’Olimpico rimbomba di fischi, che per qualcuno durano un’eternità, secondo quanto decretato dal popolo sovrano; a qualcun altro magari fischiano le orecchie.
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Menez, lo chansonnier con gli scarpini
(Il Romanista – FOTOGRAMMA di P.Marcacci) L’Olimpico rimbomba di fischi, che per qualcuno durano un’eternità, secondo quanto decretato dal popolo sovrano; a qualcun altro magari fischiano le orecchie.
Verrebbe voglia di dar retta a chi non è venuto, visto l’impatto iniziale, l’orario e il salame "corallina" che incombe per la colazione dell’indomani, assieme all’uovo benedetto che è pure una metafora della frittata che la Roma ha fatto delle proprie potenzialità e ambizioni, quest’anno.
Con l’unico focolaio d’interesse tenuto vivo dalla duecentocinquesima attesa e dalla brillantezza di un numero, il Dieci, che tutto moltiplica, per sé e per gli altri, si comincia; nell’apatia e nell’indolenza prefestiva: due condizioni (e due vocaboli) purtroppo ricorrente quando sul tavolo della discussione finisce il nome Menez.
E invece è proprio da Menez che si capisce che forse venire ha avuto un senso, che sarà un pomeriggio meno buttato di tanti altri. Arriva ancora prima il goal, nella cui azione lo chansonnier con gli scarpini non risulta nemmeno coprotagonista; subito dopo comincia una serie di cartoline dal futuro, quelle che possono permettersi di inviare i predestinati: progressioni che lasciano qualche avversario con l’equilibrio precario di un palaghiaccio, scambi sempre più ad occhi chiusi con i compagni che ne hanno subito individuato la luna, colpi di fulmine per gli angoli di campo più impensabili. E pure la cattiveria per una sassata (mai termine fu più attuale) che impatta la faccia interna del palo, se non altro per consentire alla sua fama di giocatore allergico al goal di autoalimentarsi.
Tanta roba, avrebbe detto un allenatore che non ha fatto in tempo a goderselo e neppure a maledirlo nelle tante occasioni in cui la luna si è eclissata. Basterà perché si e ci convinca che un parabrezza non fa primavera? Non lo sappiamo, quello che oggi ci viene in mente è che non vorremmo rinfrescare i troppi ed annosi ricordi che spesso ci hanno visto rimpiangere quei talentuosi giocatori che, tornati da queste parti con altre maglie, hanno siglato con l’inchiostro del talento la pergamena del nostro rimpianto.
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