rassegna stampa roma

«Vi stupirò»

(Il Messaggero – A.Angeloni) Codino, anellone sull’anulare sinistro, mega orologio, orecchini, braccialetti, ciondoli, ciondolini, poi tanti tatuaggi, maglia giallorossa numero 9 in mano.

Redazione

(Il Messaggero - A.Angeloni) Codino, anellone sull’anulare sinistro, mega orologio, orecchini, braccialetti, ciondoli, ciondolini, poi tanti tatuaggi, maglia giallorossa numero 9 in mano.

Si presenta così Pablo Daniel Osvaldo, in tutto il suo estro. Sorrisi grandi così, il ragazzone piace e si piace. Sicuro di sé, di ottimo umore, felice di essere capitato dove è capitato. Roma è Roma, e la Roma, per le pressioni calcistiche, non certo è Lecce, né Bologna, forse le si avvicina un po’ Firenze, ma forse. Sono le città dove l’italo argentino ha fallito o, diciamo così, non ha lasciato tracce indelebili, tanto da emigrare in Spagna, luogo della sua recente resurrezione.

Osvaldo ha pure la giusta spocchia di chi non si spaventa di nulla. Prende subito confidenza con il nuovo mondo. Al suo fianco, Claudio Fenucci, amministratore delegato della Roma, suo dirigente ai tempi del Lecce, l’attuale uomo dei conti giallorossi che, per quanto riguardano Osvaldo, per molti sono esorbitanti: 15/17 milioni di euro per il cartellino. «Mi avete pagato pure poco», dice subito Daniel (o Pablo). Sorride mentre lo dice. Forse scherzava, ma non siamo sicurissimi. Lui sì, sicuro e sorridente anche quando deve mettere in chiaro quella che sarà la sua posizione in campo. «Sono una punta centrale, mi posso adattare a fare l’esterno, ma sono un centravanti».

Ecco, appunto. E con Totti, esaltato ieri dall’ad Fenucci («è vitale per il nostro progetto») come la mettiamo? «Bè, possiamo anche giocare insieme». Da quanto s’è visto fino a ora, Luis Enrique schiera tre attaccanti centrali, uno di questi, ovvero quello in mezzo, non fa il centravanti vero e proprio, ma il trequartista. Questo è, almeno fin ora. Lui potrà giocare ai lati, un po’ dove era stato provato Borriello. Una cosa Osvaldo ce l’ha dentro, anche questa però la denuncia con il sorriso, ma se ci ripensa gli viene il sangue nero. «In Italia un po’ avrò sbagliato io, un po’ non mi avete capito. In Spagna ho trovato la continuità che qui, Lecce a parte, non avevo. Ora sono maturato e sono contento di essere tornato. Ho voglia di prendermi una rivincita. Parlerò sul campo, poi starà a voi giudicarmi. Io sono convinto che farò bene».

E torniamo a Totti. Chissà se Osvaldo farà coppia con lui. «Sarebbe un onore. Francesco lo ammiro da sempre, lo seguivo e mi piaceva quando ancora non ero professionista. Per me è bello solo pensare di poter condividere uno spogliatoio con lui, figuriamoci stare al suo fianco. La concorrenza con il capitano? Io ho voglia di giocare, sono venuto per questo. Capisco che ho dei compagni che hanno qualità importanti, è bello avere una squadra così. Poi sarà Luis Enrique (ieri Guardiola lo ha difeso ancora: «Dategli tempo, farà benissimo») a decidere chi dovrà giocare. Se fossi l’allenatore sarei contento di gestire l’abbondanza. Totti è un fuoriclasse, ma con gli altri siamo più o meno tutti uguali».

Da Totti a Batistuta, l’idolo nuovo e quello di sempre. «Non lo so se assomiglio o no a Bati. Spero di fare almeno la metà di quel che ha fatto lui». E’ arrivato la sera dell’eliminazione della Roma dall’Europa League, non certo un bell’inizio. «Mi è dispiaciuto tanto. DiBenedetto sostiene sia un vantaggio stare fuori dall’Europa? Uscire da una coppa non lo è mai. Ma l’anno è lungo. Faremo cose importanti. I gol? A Firenze si ricordano di me per due reti importanti, spero che qui possa lasciare traccia per averne fatti venti a campionato. Spero che Roma sia la svolta della mia carriera, ho molta fiducia in me stesso e so che posso fare bene. Sicuramente sono tornato in Italia per giocare meglio e ho scelto la Roma perché è una grande squadra. Spero che il mio apporto sarà incisivo, voglio aiutare la squadra a ottenere risultati. Le pressioni di Roma? Sono andato via dalla Spagna, dove mi sono trovato subito benissimo, proprio perché mi mancavano certe pressioni. A me piace questa cosa, mi piace entrare in campo e sentire la pressione della gente: non è la stessa cosa giocare per non retrocedere o stare in una piazza come quella di Roma. Il passato è passato, sono un altro rispetto alla mia prima esperienza in Italia, nella quale sono state dette molte cose sbagliate su di me».