(La Repubblica - M.Pinci) - Ogni utopia deve fare i conti prima o poi con la realtà. Sono bastate due sconfitte in tre giorni, contro Genoa e Milan, per cancellare dal volto di Luis Enrique il broncio con cui sfidava gli interlocutori in conferenza stampa, e piegarlo alla logica materiale dei tre punti.
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Luis Enrique scopre di avere fretta: “Adesso l’importante è vincere”
(La Repubblica – M.Pinci) – Ogni utopia deve fare i conti prima o poi con la realtà. Sono bastate due sconfitte in tre giorni, contro Genoa e Milan, per cancellare dal volto di Luis Enrique il broncio con cui sfidava gli interlocutori...
Dopo un’estate vissuta a sognare in catalano e un autunno a rincorrere la posesion de balón, il profeta asturiano della rivoluzione romanista cede alla restaurazione. «Conta solo il risultato, il mio unico obiettivo è vincere a Novara».
E pensare che solo una settimana fa confidava di non guardare la classifica, facendo eco al pensiero con cui Baldini aveva aperto la propria era: «Più del risultato conta il gioco». Sembra passata una vita ascoltando oggi l’orgoglioso Luis fare i conti, sorridente, con la griglia della serie A: «Se non eliminiamo gli errori individuali e non miglioriamo sulla concentrazione resteremo lontani dalla vetta». Numeri alla mano, invece, una sconfitta stasera a Novara avvicinerebbe pericolosamente la Roma al fondo della classifica. Questo forse il pensiero inconsapevole su cui si fonda la retromarcia idealistica. Che non sfiora, però, le convinzioni tattiche: «Non sono qui per cambiare il mio pensiero su quello che voglio dalla squadra – la promessa – e sono convintissimo che così si possa vincere, anche se la squadra non arriva a questa partita con la fiducia giusta».
Quella che serve a tutti, anche a chi ha scelto di percorre un’idea – perché di progetto non parla più nessuno – ambiziosa. «Ma io non sono un marziano caduto da una nave spaziale», il messaggio ai terrestri dell’allenatore spagnolo, che non replica a Zeman («Parla male di me, ma io lo rispetto, è stato un grande») e pensa positivo: «Vedo la voglia di cambiare questa situazione difficile». Fin troppo scontato dire che farlo fin da subito, sul manto sintetico dello stadio Piola è più che un’intenzione. «Ma dovremo essere bravi, loro in casa hanno già battuto l’Inter», ricorda lo spagnolo citando, forse non a caso, la gara da cui il traballante Gasperini è uscito come un ex. Un destino che però non teme Luis Enrique: «Non so quello che succederà dopo, ma i terremoti non mi preoccupano prima che arrivino».
Rimandati al mittente anche i pensieri sul mercato: «Fare acquisti a gennaio? Siamo troppi, prima dientrare nuovi giocatori, ne devono uscire altri». Intanto, Sabatini si è assicurato Nico Lopez, 18 anni, ma non ditelo al tecnico, che del suo gruppo si dice convinto fino in fondo.«Non ho mai visto la mia squadra inferiore a un’avversaria ».
Altra piccola retromarcia, rispetto quando sette giorni fa era convinto di non aver «mai potuto vincere» contro il Milan. Intanto, cambierà ancora con la dodicesima formazione diversa in altrettante gare: dentro Lamela dall’inizio e, probabilmente, anche Greco insieme a De Rossi, Pizarro e Pjanic. Scelte obbligate in difesa, invece, dove c’è da migliorare «la concentrazione sui corner. Ma in entrambe le aree ci serve più incisività». La ricerca della fefelicità, quindi, è ancora in alto mare: «Io non chiedo ai giocatori di fare cose incredibili, anche il Novara gioca un calcio propositivo anche se diverso da quello che ho in mente io». Quasi un’eco, quello al collega di Attilio Tesser. «Sono convinto – giura – che non dovremo perdere la nostra identità neppure contro una formazione come la Roma che gioca bene a calcio», un manifesto non meno integralista rispetto al guru delle Asturie. Eppure, Roma e Novara non potrebbero essere più lontane. Certamente più dei 630 km che le separano, e dei 55 anni che le dividono dall’ultimo confronto diretto (finì 2-2). Mentre i giallorossi due anni fa rincorrevano la delusione scudetto, i piemontesi festeggiavano la vittoria del campionato di C. «Forse inconsciamente potremo essere più liberi di testa», la speranza dell’allenatore padrone di casa. Che arriva addirittura a sognare il colpaccio: «Si può realisticamente pensare di fare punti». In fondo, c’è chi alla propria utopia non vuole proprio rinunciare.
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