(Il Romanista - C.Zucchelli) «Torno in Spagna. E sarà un’emozione speciale». Impossibile dargli torto, considerando che per gli spagnoli l’attrazione principale dell’amichevole tra Valencia e Roma sarà soprattutto lui. Lui, Luis Enrique, il «mini Guardiola» come l’ha definito qualcuno in patria.
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Luis Enrique: «Sono emozionato»
(Il Romanista – C.Zucchelli) «Torno in Spagna. E sarà un’emozione speciale». Impossibile dargli torto, considerando che per gli spagnoli l’attrazione principale dell’amichevole tra Valencia e Roma sarà soprattutto lui. Lui, Luis...
Un soprannome che di certo non gli calza a pennello visto che a Lucho vivere di luce riflessa non è mai piaciuto. Ecco perché sta plasmando la Roma a sua immagine e somiglianza,senza lasciarsi condizionare da quello che ha fatto - e farà - l’amico Pep al Barcellona. Lo guarda, lo ammira, lo stima, lo ascolta. Ma va avanti per la sua strada.Una strada che tra 8 giorni lo porterà a Bratislava per la prima partita ufficiale ma che prima farà tappa in Spagna. A Valencia, appunto, in quello stadio Mestalla «dove ho giocato tante volte,Giochi olimpici compresi».Luis Enrique parla in un video diffuso in Spagna e domani alle 12.30 lo farà di nuovo a Trigoria per raccontare le sue sensazioni alla vigilia del tanto atteso ritorno in patria. Sensazioni che anticipa, insieme a quelle dei suoi inseparabili quattro collaboratori, quando parla di «emozioni particolari» e di una partita «che non sarà facile perché conosco bene il Valencia e so che è un’ottima squadra». Di certo sarà la sfida più complicata che la sua Roma si troverà ad affrontare prima dell’inizio della nuova stagione. Nei 90 minuti del Mestalla (inizio alle 22 ora italiana di venerdì) Luis Enrique proverà in larga parte la formazione che poi se la vedrà con lo Slovan. Gli obiettivi sono chiari: rodare i giocatori ed evitare brutte figure: «Ci troveremo ad affrontare- ha spiegato ancora l’allenatore - una squadra che ha cambiato nel tempo parecchi giocatori riuscendo però a mantenere una costante idea di gioco. Si vede il lavoro molto forte del suo allenatore,grazie al quale la struttura rimane la stessa».Questo è quello che lui vuole fare con la sua Roma. Dare una fisionomia ben precisa alla squadra, in cui gli interpreti possano darsi il cambio senza che il gioco ne risenta. Il segreto è uno solo: provare e riprovare gli schemi, senza sosta. «Intanto pensiamo a fare una buona partita, il resto si vedrà», la chiusura di Luis Enrique, concentrato più che mai sul lavoro a Trigoria, che prosegue incessante nonostante il caldo. E che proseguirà in attesa che Sabatini gli consegni i rinforzi da lui richiesti: un altro attaccante, un difensore e un attaccante. Giocatori importanti, ma non decisivi. Ad essere fondamentale, nel suo gioco, è un’altra cosa. Si chiama «motivazione». E anche se lo dice in Spagna, a casa sua, il concetto arriva forte e chiaro anche a Roma.
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