(Il Romanista-C.Zucchelli) Zona mista del Mini Estadi di Barcellona, a due passi dal Camp Nou. Sono le 21.50, in lontananza si sentono le musiche della festa dei neo campioni d’Europa.
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Luis Enrique: «Il mio modello sono solo io»
(Il Romanista-C.Zucchelli) Zona mista del Mini Estadi di Barcellona, a due passi dal Camp Nou. Sono le 21.50, in lontananza si sentono le musiche della festa dei neo campioni d’Europa.
Luis Enrique termina la sua conferenza stampa, poi si ferma per qualche foto con gli inservienti dello stadio.
Tramite l’ufficio stampa, gli viene consegnata una copia del Romanista di qualche giorno fa. C’è lui in copertina. Lo sfoglia. Legge in italiano. E fa: «Io alla Roma al 99%? No». E ride di gusto. «Diciamo… 50%». Era pagina 2. Luis Enrique rivolge lo sguardo a pagina 3, dove c’è scritto che il suo modello è van Gaal. Ci tiene a precisare: «van Gaal mi piace molto, ma il mio modello è solo Luis Enrique. Ho preso qualcosa da tutti gli allenatori che ho avuto, ma non mi ispiro a uno soltanto». L’ufficio stampa richiama la sua attenzione, lui continua imperterrito lo sfoglio del Romanista. A pagina 4 e 5 ci sono i messaggi dei tifosi su di lui. «E che dicono?», chiede, sinceramente curioso. Ne legge qualcuno, sospira. In un misto di italiano e spagnolo commenta: «Speriamo bene». Pagina 6, invece, vede alcune foto della sua carriera. L’occhio gli cade su quella (era inevitabile) della gomitata di Tassotti. La fa vedere alle persone accanto a lui. E riprende a ridere: «Ah Tassotti, Tassotti… ». Finisce così il primo contatto di Luis Enrique con quello che potrebbe essere il suo futuro.
Al termine della partita che il suo Barça B stravince contro il Salamanca (5-1) condannandolo alla retrocessione in terza divisione, l’allenatore spagnolo si presenta nella piccola ma stracolma sala stampa del Mini Estadi. Ci sono i giornalisti locali, oltre a quelli italiani, curiosi di sapere se sarà lui il primo allenatore della Roma di DiBenedetto. Luis Enrique se lo aspettava, si presenta dopo il tecnico avversario, al suo fianco il sorridente e gentile addetto stampa. La prima domanda è sulla partita («molto difficile, ma abbiamo vinto meritatamente») poi arriva il fuoco di fila sulla Roma. Appena viene nominata la squadra giallorossa, si scambia un cenno di intesa con l’ufficio stampa. Polo bianca, jeans, scarpe della Nike, tatuaggi in vista su entrambe le braccia, fa un ampio respiro e dice: «Sì, è una possibilità.Ci sono stati contatti la scorsa settimana, è un’ipotesi che mi affascina. Ma come io non sono l’unica idea per loro, loro non lo sono per me. Diciamo che al termine della stagione (il Barça B chiuderà a Madrid il 5 giugno contro il Rayo Vallecano, ndr) la questione si chiuderà».
Del progetto che gli è stato prospettato, non parla: «Ho promesso che non sarei sceso nei dettagli», così come non fa i nomi dei giocatori che gli piacerebbe allenare: «Anche di questo preferirei non parlare. Ho visto qualche partita della Roma quest’anno, ma non saprei analizzare molto ». La sensazione è che, invece, potrebbe farlo eccome, considerando quanto sembra preparato. Forse, solo la giovane età, e quindi la poca esperienza, potrebbe essere un problema: «Non credo – confessa ancora – quando un allenatore ha passione e sa fare bene il suo lavoro, può farlo dovunque, in patria come all’estero. Qualsiasi sfida affronterò in futuro, lo farò con la massima ambizione». Proprio quella che gli manca per continuare ad allenare il Barcellona B: «Sono stati tre anni bellissimi questi per me. Ma adesso, visto che non possiamo raggiungere i play off, penso di aver terminato il mio ciclo qui. Sono e resterò sempre un tifoso del Barcellona, ma ho bisogno di potermi misurare con altre situazioni».
Con Guardiola, almeno ufficialmente, non ha parlato di Roma: «In questa settimana lui aveva altri pensieri (ride, ndr) però Pep conosce bene il club, quindi basta questo». E basta, almeno per il momento, parlare di Roma. Luis Enrique si sofferma su quella che è la sua filosofia calcistica: «4-3-3, 4-4-2 o 3-5- 2, cambia poco. Mi piace un calcio in cui tutti possano partecipare alla manovra. Il gioco del Barcellona è il migliore al mondo ma io credo che, allenandosi, c’è la possibilità di riprodurre un modello del genere. L’importante è che i giocatori lavorino molto non solo durante la partita, ma anche prima e dopo. Questo è fondamentale ». Così come è fondamentale avere in squadra gente che metta il collettivo sempre al primo posto. Meravigliose le parole che spende per Puyol: «Lui è passione du-ra e pura, sempre al servizio del suo club».
Che questa sia la sua priorità, si capisce da come mette in campo il suo Barcellona per l’ultima partita casalinga contro il Salamanca. Un 4-3-3 molto corto e ben affiatato, in cui i due attaccanti esterni pressano come ossessi, col resto del gruppo a partecipare a ogni azione di gioco. Il portiere rinvia raramente, appoggia sempre per un difensore, perché l’azione va sempre calcolata. Quando il Barça B entra in campo per il riscaldamento, sulle note della colonna sonora di Dirty Dancing (scelta piuttosto singolare), Luis Enrique non si vede. La squadra sa perfettamente quali movimenti fare e come prepararsi alla partita. L’allenatore si vede a ridosso del fischio d’inizio, si sistema in panchina circondato da fotografi e telecamere, che sono più degli spettatori presenti, circa un centinaio. Sono le 19 meno cinque, la partita inizia senza grossi sussulti. I tifosi del Barça, o almeno quelli che ci sono, visto che il lontananza si scorgono le tribune gremite del Camp Nou, dove di lì a poco avrà inizio la festa di Messi, Xavi e gli altri, espongono uno striscione: “Luis Enrique sempre nei nostri cuori”.
La firma è quella dei Boixos Nois, lo storico gruppo di ultras del Barcellona che l’ex presidente Laporta allontanò dallo stadio perché ritenuti troppo violenti. Luis lo vede, saluta, ringrazia. Poi si siede in panchina e inizia a mordersi le unghie osservando i suoi ragazzi. Sono tutti piuttosto giovani, il più grande è Soriano, 25 anni. C’è anche Dos Santos, il fratello di Giovanni del Racing Santander. Al 14’ il Barça B attacca e Batra, dopo un calcio d’angolo, si divora un gol solo davanti la porta. A quel punto si alza pure Luis Enrique, che però non dà indicazioni, ma segue la partita da bordo campo a braccia conserte. La squadra fa pochissimi lanci lunghi, cercando sempre di manovrare l’azione. Al 20’ il Salamanca, sempre su calcio d’angolo, sfiora il gol con Moraton, ma è un sussulto fine a se stesso. Al 25’Luis Enrique si rialza: beve un po’ d’acqua, poi dice ai suoi giocatori, soprattutto gli esterni a sinistra, di essere propositivi. Benja lo ascolta, si invola sulla fascia, si libera di un avversario, serve a Dos Santos che tira ma il portiere del Salamanca manda in angolo. Sul successivo calcio d’angolo c’è uno schema con Soriano che, dal limite dell’area, tira al volo. Luis Enrique applaude, poi si risiede in panchina e si morde di nuovo le unghie. Al 30’ il Barcellona sfiora il gol con Saul (tra i migliori), bravo a liberarsi di Goikoextea, che lo trattiene anche per la maglia, e a tirare un destro dal limite dell’area che sfiora il palo. Al 38’il Barça passa in vantaggio: cross di Abraham, su cui Benja in tuffo di testa si avventa e porta in vantaggio i suoi.
Luis Enrique è impassibile. Da quel momento è solo Barcellona, Soriano si libera in area un paio di volte in area ma non arriva alla conclusione vincente. All’intervallo dagli altoparlanti comunicano che pure il Barcellona di palla a mano è campione d’Europa. Della serie, non ci facciamo mancare niente. Ad inizio ripresa Marquez del Salamanca di testa solo davanti al portiere si divora un gol grande come una casa e manda alto. Al 10’ il Barça raddoppia con Soriano, ancora una volta ben servito da Saul. Solo davanti al portiere, il numero 11 blaugrana la mette dentro di potenza e sigla il gol numero 29 in campionato. Poco dopo, quando la sua squadra protesta per un fallo, Luis Enrique lui prima si sincera che sia tutto ok, poi invita i giocatori a riprendere il gioco senza perdere tempo a protestare. Il Salamanca accorcia al 18’ con un gran gol di Edu Bedia, su cui nulla può il portiere. Il Barça ci riprova, ancora Benja, da ottima posizione, spara alto proprio mentre lo stadio si riempie, probabilmente perché molti tifosi non sono stati fatti entrare al Camp Nou. Al 30’ trentesimo gol stagionale per Soriano che, ancora una volta solo davanti al portiere, si smarca e lo mette a sedere. Il Barça fa poker con il neo entrato Nolito, in sospetto fuorigioco. Per Soriano arriva addirittura la tripletta che chiude i giochi. L’attaccante, dopo il gol, corre ad abbracciare il suo allenatore, così come tutta la squadra. Si attende solo il fischio finale e, quando arriva, tutti i giocatori lanciano in aria il loro tecnico. «Ci ha trattati come figli», racconterà poi dopo Nolito, sinceramente emozionato. Lui come tutto l’ambiente Barça, pronto a scommettere che, alla fine, Luis Enrique sceglierà la Roma. «E noi – le parole di un cronista locale – gli auguriamo tutto il meglio».
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