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Luis Enrique come Pep: stesso gioco e filosofia

(Gazzetta dello Sport – F.Ricci) – Tre anni fantastici. E un addio per crescere ancora. Per provare a fare il definitivo salto di qualità e uscire dall’ombrello protettivo del Barça e di Guardiola. Luis Enrique è un ragazzo serio,...

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(Gazzetta dello Sport - F.Ricci) - Tre anni fantastici. E un addio per crescere ancora. Per provare a fare il definitivo salto di qualità e uscire dall’ombrello protettivo del Barça e di Guardiola. Luis Enrique è un ragazzo serio, diretto, sincero, pratico.

È asturiano, come Quini, il centravanti del Barcellona rapito e raccontato da Montalban, come David Villa, che è cresciuto nel suo mito, come Fernando Alonso. Qui in Spagna lo ricordano per il suo oro olimpico, a Barcellona nel 1992, per la gomitata sul naso ricevuta al Mondiale americano da Tassotti, nel 1994, per il suo passaggio dal Real Madrid al Barça, nel ’ 96, per la sua polivalenza tattica. Percorso Dopo aver smesso di giocare ed essere stato un anno a surfare in Australia e un paio di stagioni pensando a cosa poter fare nel futuro, nel giugno del 2008 «Lucho» fu chiamato a sostituire Pep Guardiola alla guida del Barça B. La seconda squadra blaugrana che l’attuale allenatore di Pedro, Messi, Xavi ed Iniesta aveva appena promosso dalla quarta alla terza serie. Un anno di adattamento e nel 2010 la promozione in Segunda, la B spagnola che il Barça minore Il surf in Australia, i tre anni alla guida della seconda squadra e tanti talenti lanciati: il suo marchio è blaugrana non raggiungeva da 14 anni. Successo notevole «oscurato» da quanto fatto quest’anno.

A due giornate dalla fine il Barça B (zeppo di ragazzini) è quarto in classifica, in piena zona playoff ai quali non può partecipare: la Liga impedisce che un club abbia due squadre nella massima serie. Altra regola: il Barça di Guardiola può usare tutti i giocatori che vuole del Barça di Luis Enrique. Quindi quest’anno tante volte i pezzi migliori del Barça B andavano con Messi e soci. Nessun problema: «Lucho» a sua volta prendeva ragazzi dalle categorie inferiori della piramide blaugrana e li gettava nella mischia della Segunda. Protetti da quel sistema di gioco che a Barcellona è il marchio della casa: il 4-3-3 con pressing, possesso e atteggiamento offensivo. Marchio Il Barça B, ha cominciato la stagione con 14 giocatori che non avevano compiuto ancora 20 anni, tutti al debutto nella Liga Adelante. Il più vecchio della rosa aveva appena 26 anni e solo gli attaccanti avevano qualche esperienza in più. Ma nessuno mai più di 25 anni. La squadra di Luis Enrique ha rimediato numeri «zemaniani» : secondo miglior attacco, 77 gol in 40 partite (solo tre in meno del Betis primatista), tredicesima difesa, 59 gol subiti contro i 38 dell’Eche, che ha gli stessi punti dei blaugrana. Perché al Mini Estadi, l’impianto accanto al Camp Nou dove gioca il Barça B, la gente vuole veder giocare. Non fa nulla se invece di Messi e Villa hai Nolito e Soriano, se Xavi e Iniesta si chiamano Thiago e Jonathan. L’importante è l’idea, il modello, la filosofia. E quelle Luis Enrique le aveva chiarissime. Come Pep, dal quale ha preso anche un’altra abitudine: non concedere interviste.