rassegna stampa roma

Luis Enrique alla squadra: «Dobbiamo stare uniti»

(Il Romanista – C.Zucchelli) – Luis Enrique prova a tranquillizzare la Roma. Prova a tenerla unita, in questo fine agosto che più caldo di così era difficile da immaginare. Raduna la squadra nello spogliatoio, ci parla, ringrazia i...

Redazione

(Il Romanista - C.Zucchelli) - Luis Enrique prova a tranquillizzare la Roma. Prova a tenerla unita, in questo fine agosto che più caldo di così era difficile da immaginare. Raduna la squadra nello spogliatoio, ci parla, ringrazia i giocatori per l’impegno messo in campo contro lo Slovan e chiede unità e compattezza.

Se c’è un modo di far andare avanti questo progetto, tanto difficile quanto affascinante, è proprio questo. E non può non partire da Trigoria, dove la squadra è scesa in campo dopo la batosta di giovedì sera. C’erano praticamente tutti, nuovi acquisti compresi. E c’era soprattutto Francesco Totti. Non ha parlato a quattr’occhi con l’allenatore, potrebbe farlo nei prossimi giorni ma non è così scontato che avvenga. Il Capitano chiede rispetto e chiarezza. E non solo dall’allenatore. Il quale, in fin dei conti, con le sue decisioni è stato già abbastanza chiaro: considera Totti un giocatore forte (e ci mancherebbe altro) e importante, ma in questo momento pensa di privilegiare il gruppo. La squadra. E quindi, se Totti a suo avviso in campo non rende al massimo e non è più funzionale al gruppo, esce. E pazienza, almeno per lui, se l’Olimpico gli riserva una delle contestazioni più pesanti almeno degli ultimi anni: boato assordante di fischi e quel coro "Buffone, buffone" a mandare di traverso una serata cominciata sotto ben altri auspici. Luis Enrique ha capito perfettamente, e a sue spese, che il rapporto che c’è tra Roma e il suo simbolo non è quello che, tanto per fare un esempio, c’è a Torino con Del Piero o a Milano con Zanetti. Lì i capitani sono capitani e basta. Qui c’è qualcosa di più. È qualcosa che non ci capire se non ci sei dentro, tanto per citare un libro che ha raccontato, più di tutti, l’amore viscerale che ci può essere per una squadra di calcio. Un amore che ti porta ad essere arrabbiato e dispiaciuto per la sostituzione (e basta vedere l’immagine di Totti che esce dal campo per capire quanto lo fosse) ma anche, e soprattutto, deluso per l’eliminazione. Il tifoso accanto al calciatore. Totti è anche questo. E la speranza è che venga capito presto. Da tutti. Luis Enrique, dopo la contestazione di giovedì sera, ieri ha lavorato con più serenità. Fuori Trigoria, appena una ventina di tifosi scarsi gli hanno dedicato qualche coro non proprio piacevole. Dentro, oltre a DiBenedetto, con cui ha parlato per qualche minuto (mister Tom ha pranzato con la moglie dalle parti di Trigoria, oggi sarà a Reggio Emilia per la partita del figlio per poi volare negli States da cui ritornerà la prossima settimana), c’era Walter Sabatini, con cui si è confrontato a lungo, come peraltro già aveva fatto dopo la partita. L’allenatore ha avuto una lunga telefonata anche con Franco Baldini: il futuro dg non si può muovere da Londra, e quando, il 17 giugno scorso, ha voluto fare una riunione con tutti i dirigenti, aveva spiegato chiaramente ruoli e funzioni di tutti. Eppure, adesso, un suo intervento più deciso è invocato da più parti, che vorrebbero maggiore chiarezza. Baldini ha ascoltato Luis Enrique, gli ha spiegato - ancora una volta - come funzionano le cose in Italia (rapporto con la stampa compreso) e ha cercato di infondergli serenità. Per affrontare due settimane, quelle che mancano alla sfida col Cagliari, che si annunciano complicate. L’allenatore dovrà per certi versi ricostruire il suo rapporto con i giocatori: iniziato sotto i migliori auspici, è proseguito bene ma alcune scelte del tecnico hanno lasciato perplesso più di qualche giocatore. Bastava, peraltro, vedere le facce di alcuni senatori della squadra al momento del cambio di Totti con Okaka. C’è però una cosa da cui si può e si deve ripartire: le idee di Luis Enrique piacciono alla squadra. E, paradossalmente, la disastrosa eliminazione in Europa League, con impegni a scadenza settimanale, potrebbero aiutare l’allenatore a far comprendere sempre meglio il suo gioco al gruppo. Un gruppo che cerca di restare compatto nelle difficoltà, che nessuno si aspettava così evidenti: quando Sabatini ha parlato con la squadra subito dopo il fischio finale, nello spogliatoio c’erano tutti i giocatori. Con, ovviamente, Luis Enrique e il suo staff. C’era anche Francesco Totti, che pure sarebbe potuto andare via. Si era già cambiato, è rimasto lì con i compagni. Un Capitano fa così. Un Capitano, anzi il Capitano, sta pure in silenzio. Dal 12 luglio ad oggi non ha mai parlato, nonostante la voglia di replicare, spesso e volentieri, a chi attacca lui e le persone che gli sono accanto. In questo momento pensa ad allenarsi (e se ieri è andato via dal campo qualche minuto prima dei compagni è perché così prevedeva il suo programma) e pensa anche a prendere per mano la squadra. Se e quando gliene verrà data la possibilità. Perché è vero che Luis Enrique è al centro del progetto della Roma - e la società gli è accanto unita, dandogli anche la possibilità di sbagliare vista la poca esperienza - ma è vero anche, e soprattutto, che questo progetto non può non comprendere Francesco Totti. Non per quello che ha dato in questi 20 anni - e sarebbe già tantissimo - ma per quello che può ancora dare. Non in futuro. Adesso. Già dall’11 settembre contro il Cagliari, debutto della Roma in campionato. Ancora all’Olimpico. Ancora in casa. Una casa che Luis Enrique vuole iniziare a sentire sua. Chi l’ha incontrato dopo la partita lo ha descritto deluso per l’eliminazione, ma anche convinto di essere sulla strada giusta. Lo ha detto ai dirigenti, lo ha spiegato anche alla squadra. Che continuerà a seguirlo. Visto che, considerando anche i giocatori schierati fino a questo momento, solo da giovedì in poi, quando terminerà il mercato, si potrà iniziare a vedere veramente la nuova Roma. Una Roma rivoluzionata, per usare un termine tanto in voga quest’estate. Le rivoluzioni, quelle vere almeno, si sa partono sempre dal popolo. E il popolo, a chiare lettere (e fischi) ha già scelto il suo simbolo. È pronto ad abbracciare però anche Luis Enrique. C’è ancora tempo per ritrovare tutto. E Totti.