(Il Romanista - C.Zucchelli) -Per la Roma Luis Enrique era e resta l’allenatore. Non si può non partire da questo presupposto fondamentale nel raccontare la giornata di ieri a Trigoria e nel cercare di capire quello che succederà oggi.
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Luis Enrique al centro del progetto
(Il Romanista – C.Zucchelli) – Per la Roma Luis Enrique era e resta l’allenatore. Non si può non partire da questo presupposto fondamentale nel raccontare la giornata di ieri a Trigoria e nel cercare di capire quello che succederà...
Quarantotto ore fondamentali, le più importanti da quando la società è passata di mano. Quarantotto ore, quelle trascorse dal fischio finale di Damato in Fiorentina-Roma, che diranno e se quanto questa squadra, questi giocatori, saranno ancora allenati e diretti da Luis Enrique.
LA DECISIONE Il punto è proprio questo. Quando De Rossi, tre giorni fa, diceva “Il progetto è basato su di lui” non mentiva. Ecco perché qualsiasi decisione verrà presa dal tecnico. La società intende confermare Luis Enrique. Lo ha fatto subito dopo la batosta di Firenze, lo ha fatto anche ieri quando i dirigenti lo hanno chiamato al telefono invitandolo pure ad andare a Trigoria, e lo farà oggi, se necessario anche davanti alla squadra. Per tutti “Luis Enrique non è in discussione”. Questo non significa che il tecnico sia considerato perfetto e esente da responsabilità (in questo senso qualche dirigente è più duro rispetto ad altri) ma significa che, dopo appena quattro mesi e mezzo di lavoro, la Roma non intende fare marcia indietro. Adesso però sta a lui: è Luis Enrique che deve decidere se si sente ancora completamente dentro al progetto della Roma, è lui che deve decidere se rivedere anche alcune sue posizioni per crescere, è lui che deve capire che, nel bene e nel male, Roma non è Barcellona. Roma e la Roma sono un’altra cosa. E alcuni spigoli caratteriali possono – devono – essere smussati.
LA TRISTEZZA E’ per questo che ieri il tecnico si è preso una giornata di riflessione. E’ rimasto all’Olgiata con la famiglia, ha parlato con i dirigenti e col suo staff – per cui si sente responsabile – e il suo stato d’animo non era dei migliori. Dopo la sconfitta di Genova, tanto per fare un esempio, era piuttosto combattivo e spiegava a tutti che la Roma lo aveva soddisfatto e che era stata punita “da episodi”. Dopo il ko di Udine idem. Ieri no. Ieri Luis Enrique, per la prima volta in questi mesi, era giù di morale. Già a Firenze si era capito. Un esempio: ormai il tecnico si esprime quasi correttamente in italiano e ricorre pochissimo all’aiuto dell’interprete. Nella sala stampa del Franchi invece, con l’emotività a farla da padrone, spesso e volentieri nel rispondere chiedeva suggerimenti. Non gli venivano le parole. Il suo sguardo era meno orgoglioso del solito. Quello dei suoi collaboratori: uguale. Tonin Llorente, il mental coach di solito molto attivo sui social network, ieri ha scelto la strada del silenzio. Ma una sua risposta a un ragazzo che gli chiedeva spiegazioni lasciava intendere come, almeno da parte sua, non ci sia alcuna intenzione di farsi da parte: «A Genova abbiamo fatto una grande partita e abbiamo perso per due errori. Il calcio è così. A Roma è tutto più difficile, ma le cose cambieranno. Tranquillo».
LA SQUADRA Di sicuro, qualcosa dovrà essere modificato. A partire da oggi. L’allenamento è fissato per il pomeriggio, ma già in tarda mattinata, o al massimo subito dopo pranzo, Luis Enrique parlerà alla squadra. Lo farà dopo un confronto con i dirigenti e non è escluso che, prima di rivolgersi a tutto il gruppo nello spogliatoio, non parli con i senatori. Chi? Totti, De Rossi, Perrotta, Pizarro, Borriello, Heinze e, magari, persino Nicolas Burdisso. A loro potrebbe – dovrebbe – chiedere aiuto, a loro dovrebbe spiegare meglio alcune decisioni, con loro, e con il loro appoggio, potrebbe decidere di andare avanti. Perché se Luis Enrique resterà alla guida della Roma lo farà soltanto sapendo di avere l’appoggio dei giocatori. Non è solo una questione tecnica: l’allenatore, sul campo, piace praticamente a tutti. Anche se alcune scelte lasciano perplesso qualcuno, non si può dire che il suo modo di lavorare dispiaccia ai calciatori che, di certo, lo preferiscono a un tipo alla Ranieri tutto “gladiatori” e “armiamoci e partiamo alla garibaldina”. Ci sono però alcune scelte – vedi giocatori che passano dalla tribuna a essere titolari tipo Cicinho, multato in settimana per un ritardo, oppure continui cambi di ruolo – che la squadra non comprende. E che, soprattutto, non vengono spiegate a dovere. Quando poi i risultati non arrivano tutto viene amplificato. E magari anche una sostituzione a dieci minuti dalla fine può diventare oggetto di discussione. Così come l’esclusione a priori di Borriello, comunicata prima in conferenza stampa e poi al diretto interessato, o quella di Osvaldo, ritenuta troppo severa.
TOTTI «Luis Enrique è chiaro e diretto con tutti», hanno ripetuto più volte i giocatori. Vero, verissimo. Però non si può negare come la squadra fatichi a digerire una certa superficialità nel comunicare alcune decisioni e che, inevitabilmente, non possa non notare come Totti sia trattato nello stesso modo di Caprari. Senza insulti né complimenti pernessuno dei due, non può essere così. Firenze: Luis Enrique comunica la formazione. Difesa, centrocampo. Attacco: «Gioca Pjanic e davanti Bojan e Lamela». Punto. Fine. «In panchina vanno Totti e Caprari». I giocatori si guardano perplessi. Non tanto perché Totti non possa andare in panchina (e anche su questo ci sarebbe da discutere…) quanto sulla modalità di comunicazione. Non si poteva spiegare in maniera diversa la decisione? Magari parlando prima a quattr’occhi col Capitano? Il quale sarà pure al 50% ma oltre a essere il giocatore più forte della rosa è anche quello che, in 20 anni di carriera, ha giocatoanche quando faticava non solo a correre, ma persino a camminare. Nessuno a Trigoria vuole più chiedergli sacrifici del genere? Perfetto. Giusto. Potrebbe essere anche un modo per allungargli la carriera. Ma gli venga spiegato. Gli venga dato, anche davanti ai compagni e non solo davanti alle telecamere, il rispetto che merita. Lui, dal canto suo, non ha detto niente e non lo farà. Anzi, se necessario sarà il primo ad appoggiare l’allenatore. Per smentire, ancora una volta, uno dei tanti luoghi comuni di questa città: “Totti caccia gli allenatori”. No. Mai successo. Non solo: Totti, pur rimanendoci male per l’esclusione, ha apprezzato che Luis Enrique non lo abbia messo in campo a risultato già compromesso come, ad esempio, successe a Genova con Ranieri.
DIBENEDETTO Il presidente, che pure quando è negli Stati Uniti è costantemente informato su quello che succede a Trigoria, non si aspettava un ko così pesante a Firenze. E non si aspettava neanche che, una volta sceso dal treno a Termini, gli venisse chiesto di mandare via l’allenatore. Ieri ha lavorato al Bernardini dove c’erano Baldini, partito di primamattina da Reggello, l’avvocato Baldissoni, Sabatini (per poco) e l’ad Fenucci: con loro ha parlato del difficile momento e a loro ha ribadito la massima fiducia nelle scelte dirigenziali. DiBenedetto è convinto di avere a disposizione i migliori dirigenti su piazza e si fida della loro capacità di giudizio. Ecco perché ha delegato loro i colloqui con l’allenatore anche se non è escluso che oggi non decida di parlarci personalmente. A quattr’occhi. Anche lui per ribadirgli la fiducia. Ma, anche lui, per chiedere un’inversione di marcia. Subito.
SCENARI Se Luis Enrique, oggi, dovesse rendersi conto di non avere più l’appoggio della squadra o dovesse ritenere esaurito il suo lavoro a Trigoria, cosa succederà? E’ un’ipotesi questa che la dirigenza della Roma non vuole prendere in considerazione. Almeno per ora. Anche se le voci durante tutta la giornata di ieri sono state incontrollate e incontrollabili: nel pomeriggio si raccontava addirittura di un Baldini a colloquio con Lippi (Lippi? L’uomo Juve?) per la panchina della Roma; in serata, invece, era il turno di Ancelotti, che però arriverebbe solo a giugno con la panchina tenuta in caldo da Andreazzoli o da Alberto De Rossi. Chiacchiere, almeno per ora. I fatti dicono altro. I fatti dicono che oggi Luis Enrique sarà a Trigoria. Senza se e senza ma, sarà il suo giorno della verità. A lui, e alla squadra, il compito di dare risposte.
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