(Leggo - F.Balzani) Il tempo dei sorrisi a Trigoria è finito. Tra Luis Enrique e la squadra è arrivato il momento dei confronti, anche a brutto muso.
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Luis e loro
(Leggo – F.Balzani) Il tempo dei sorrisi a Trigoria è finito. Tra Luis Enrique e la squadra è arrivato il momento dei confronti, anche a brutto muso.
Il primo è andato in scena sabato sera all’Olimpico dopo la sconfitta interna con il Milan che certifica il peggior rendimento della Roma (dopo nove gare) negli ultimi dieci anni e condanna i giallorossi al 13° posto in classifica. «Dobbiamo svegliarci, non possiamo perdere l’uomo su ogni palla inattiva (la Roma ha subito 5 gol su 13 complessivi da calcio d’angolo), non succede neanche nei campionati giovanili. Così non andiamo da nessuna parte. Ma mi capite o no?», ha urlato un Luis Enrique rosso di rabbia appena entrato negli spogliatoi dell’Olimpico. E le sue urla sono arrivate anche ai piani alti della dirigenza. DiBenedetto non ha voluto interferire nel confronto tra tecnico e squadra, ma tramite Baldini ha manifestato tutta la sua preoccupazione per un progetto che stenta a decollare.
Oggi, a Trigoria, Luis Enrique replicherà lo sfogo, ma troverà di fronte a sé un muro di dubbi, incertezze e domande. La squadra è scoraggiata dalla crisi di risultati e comincia a nutrire parecchie perplessità sulle scelte del tecnico. In primis quelle legate alla formazione. Luis Enrique, infatti, ha mandato in campo 11 schieramenti diversi in 11 partite facendo ruotare 28 giocatori (record in serie A), escludendo chi aveva ben figurato nella partita precedente (vedi Simplicio), snaturando il ruolo di alcuni elementi (vedi Perrotta e Totti) e tenendo con il fiato sospeso la squadra fino a un’ora prima della partita (quando il tecnico comunica le sue scelte). A preoccupare poi è la mancanza di alternative al consueto tic-toc. Secondo la squadra, in alcuni momenti della partita e contro certi avversari (come Ibra) servirebbe meno rigidità tattica e più capacità di adattamento. Lo ha fatto capire anche Pjanic (con Lamela l’unico risparmiato dalla sfuriata di Lucho): «E’ l’allenatore che decide, ma servono soluzioni alternative. Poi dobbiamo migliorare la fase difensiva». Che a Trigoria è quasi sconosciuta. In questi primi 3 mesi, infatti, Luis Enrique si è concentrato sul possesso palla e sulle strategie offensive, tralasciando gli schemi difensivi e alternando spesso la coppia di centrali (che più di altri necessitano di affiatamento).
Infine ci sono le lamentele degli esclusi: Taddei (chiederà la cessione a gennaio) Cicinho e Simplicio, ma anche i giovani Primavera, inizialmente designati come protagonisti di un progetto e oggi rimandati di corsa in cantiere.
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