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Luis convince la Roma

(Il Messaggero – U.Trani) Anche se il punto in due partite di campionato è niente per la nuova Roma, il raccolto personale di Luis Enrique è abbondante.

Redazione

(Il Messaggero - U.Trani) Anche se il punto in due partite di campionato è niente per la nuova Roma, il raccolto personale di Luis Enrique è abbondante.

Il tecnico di Gijon, nel test delicato di sabato sera a San Siro, ha convinto tutti. La piazza, la platea, gli opinionisti (anche i conservatori) e soprattutto, cosa fondamentale per il suo calcio, i giocatori. Sono loro che devono seguirlo in settimana e in partita. La missione di Lucho è per forza di cose complicata, dovendo trasmettere al gruppo idee e concetti che non appartengono al dna delle squadre italiane. La sintesi, spesso ricordata dal cittì azzurro Cesare Prandelli, è di arrivare al risultato attraverso il gioco. Divertire e divertirsi, ovviamente con l’obiettivo della vittoria.

Luis Enrique è ancora senza successi dopo quattro gare ufficiali. I suoi attaccanti, otto se si conta anche Caprari che è tornato con la Primavera di papà De Rossi, non hanno segnato nemmeno un gol in questi quattro match e il reparto offensivo della Roma, dopo due partite del torneo, è penultimo in classifica, 1 gol, solo quelli del Bologna e del Siena, ancora a zero, hanno fatto peggio. Ma questi dati non allarmano l’allenatore. Che sembra ampiamente soddisfatto, invece, per le risposte avute dagli interpreti: in due mesi, avendo ricominciato dal biberon (come scherzò Lucho in ritiro), già riescono a entrare in campo e in partita con personalità e concentrazione, seguendo alla lettera il nuovo spartito. Il coinvolgimento dei giocatori è la base del suo lavoro. Dando spazio a tutti (26 uomini utilizzati in 4 gare), senza guardare in faccia nessuno e cambiando in ogni partita i protagonisti, ha in cambio rispetto e stima. I singoli si stanno sforzando a seguirlo. Lucho è disponibile al colloquio con chi ha dubbi e, come si è visto a San Siro, anche durante la gara parla con i giocatori. Nelle pause di gioco e addirittura in corsa. È successo più volte, in lingua spagnola, con Osvaldo e soprattutto con Pizarro. Senza urlare, magari gesticolando, sotto la pioggia, per spiegare allineamenti e posizioni. Partecipa dalla panchina, chiedendo partecipazione.

C’è chi scopre improvvisamente questo allenatore seguendo Inter-Roma. Forse perché i riflettori illuminano sempre e comunque la vetrina milanese. Luis Enrique, invece, è lo stesso dalla prima partita, l’amichevole a Riscone contro una formazione locale di dilettanti. Era il 17 luglio, due mesi prima dell’esibizione di San Siro. In ritiro cominciò schierando il suo 4-3-3 nel modo più spregiudicato possibile. Sistemando i giocatori, nella fase offensiva, così: 2-1-4-1-2, cioè utilizzando due difensori davanti al portiere, un mediano a proteggerli, due centrocampisti e due ali che poi si abbassano a fare i terzini, un trequartista e due punte. La Roma di sabato sera, senza guardare all’atteggiamento dell’avversario, si è presentata con lo stesso sistema di gioco.

In due mesi gli interpreti dimostrano di aver metabolizzato il nuovo progetto tecnico. A parte i due centrali difensivi, molti hanno un ruolo diverso rispetto al passato. Perrotta e Taddei adesso partono da terzini, De Rossi fa il playmaker e al tempo stesso il terzo difensore, Pizarro non è più il regista ma l’intermedio o semplicemente la mezzala, Totti sta dietro i due attaccanti perché lì spende meno energie e secondo Luis Enrique è nella posizione ottimale, da lì può segnare e fare assist. Cinque senatori hanno cambiato posizione in campo (sei con Cassetti che nelle due gare contro lo Slovan ha utilizzato da centrale). Solo Burdisso ha salvato la sua zona. I nuovi stanno studiando, Kjaer alla prima partita sembra già preparato. Il possesso palla e il pressing sono gli ingredienti della svolta. I due attaccanti sono i primi ad aggredire, quando gli avversari cominciano l’azione. Dietro alle due punte, tutta la squadra va a occupare la metà campo avversaria per togliere spazio a chi deve costruire.

L’impronta offensiva è evidente. Per come Lucho sistema la squadra e per le scelte che fa nel corso della gara. La Roma, a San Siro, ha mostrato stanchezza nel finale. Ma, per non far crollare le certezze del gruppo, Luis Enrique ha evitato di chiedere un atteggiamento più prudente. L’ultima sostituzione, Borriello per Borini, è la dimostrazione che l’allenatore asturiano non si accontentava del pareggio.

Il 13 settembre 2009 a Siena, Claudio Ranieri, al debutto sulla panchina giallorossa, scelse il 4-4-1-1 con questa formazione: Julio Sergio; Cassetti, Mexes, Juan, Burdisso; Perrotta, De Rossi, Brighi, Taddei; Pizarro; Totti. Sono passati due anni, ma vista la Roma a Milano sembra davvero passata una vita.