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«Totti poteva fare di più? Sì Questo sistema non lo cambio»

(Gazzetta dello Sport-A.Catapano) Si faccia una domanda e si dia una risposta. Non è una puntata di Marzullo, è il post-partita di Sky dove Luis Enrique appare piuttosto dimesso, improvvisamente ingrigito.

Redazione

(Gazzetta dello Sport-A.Catapano) Si faccia una domanda e si dia una risposta. Non è una puntata di Marzullo, è il post-partita di Sky dove Luis Enrique appare piuttosto dimesso, improvvisamente ingrigito.

Ma basta nominargli Totti che il viso riacquista colore e gli occhi si accendono, solo che... «Francesco è rimasto in campo 90'. E come ha giocato, eh? Come ha giocato?». Dall'altra parte è evidente l'imbarazzo, non sanno se dirgli bene o male, qualcuno azzarda «forse poteva dare di più». Lui coglie la palla al balzo. «Dite che poteva fare meglio? Lo so, lo conosco perfettamente anch'io...».

Inesperto ma determinato Certo, poi aggiunge che «se tutti gli attaccanti non sono andati bene la colpa è mia», ma intanto la bottarella gliel'ha data. E a chi gli ricorda che Totti gradirebbe agire più vicino alla porta, risponde così: «Non gioca come centrocampista, noi ci schieriamo con tre punte e Francesco ha la libertà di fare il calcio che preferisce». E Luis Enrique, giustamente, si prende la libertà di ricordarglielo. Come il diritto di andare avanti per la sua strada, costi quel che costi. «La società non mi ha chiesto un obiettivo preciso, c'è un progetto nuovo e lo hanno affidato ad un allenatore inesperto. Potremo fare un buon lavoro o andare incontro ad una brutta figura. Io — dice — credo fermamente in questo sistema e non cambio le mie convinzioni per due sconfitte. Del resto, se sono qui lo devo proprio a queste convinzioni». Luis Enrique ha pure il diritto di prendersi tutto il tempo che ci vorrà: «Due, tre settimane, uno o due mesi, non so quanto tempo passerà. Al Barcellona B, il primo anno, ero penultimo dopo cinque giornate. Io sono ottimista — giura —. Certo, non posso nascondere la preoccupazione per essere partiti così male».

È Daniele il leader «Il momento è delicato — non si nasconde nemmeno Daniele De Rossi —, una vittoria ci avrebbe dato morale, volevamo riscattarci. La consolazione del possesso palla e del bel gioco lascia il tempo che trova. L'identità ce l'abbiamo, ma ci mancano concretezza e cinismo.Ora dobbiamo rimanere sereni, continuare a lavorare. Cancellare tutti i piccoli problemi personali — aggiunge da capitano — e ragionare solo in funzione del gruppo. Il contratto? Ci saranno degli appuntamenti ma ora è l'ultimo dei miei pensieri».

Avanti tutta Più urgente, per tutti, cominciare a fare risultati. Il pubblico, che ieri ha incitato e applaudito anche al fischio finale, è ancora fiducioso. La società ha fatto quadrato intorno alla squadra. Baldini ha inviato un sms di sostegno a Luis Enrique, Sabatini e Fenucci sono scesi nello spogliatoio: hanno apprezzato l'impegno di tutti fino in fondo, ma ora — hanno chiesto — serve vincere. Ha visto progressi anche il patron Thomas DiBenedetto, dagli Stati Uniti. «Speriamo che gli sforzi di tutti presto diano frutti anche in termini di risultati». E il presidente Roberto Cappelli, che era allo stadio: «Non sono preoccupato, non possiamo rimproverare nulla alla squadra, andiamo avanti su questa strada, con fiducia». Prossima fermata, Milano. Più che fiducia, serve tanta fede.