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«Totti mi fa vincere Reja mi fa ridere»

(Il Romanista – M.Macedonio) – «Come sto vivendo questo derby? In nessun modo. Sto solo aspettando che inizi. Niente di scaramantico, quindi. Non lo sono per natura».

Redazione

(Il Romanista - M.Macedonio) - «Come sto vivendo questo derby? In nessun modo. Sto solo aspettando che inizi. Niente di scaramantico, quindi. Non lo sono per natura».

Alla vigilia della sfida di domani sera, è assolutamente tranquillo, Paolo Liguori, direttore di TGcom (il giornale online targato Mediaset), non appartenendo alla schiera di coloro che si macerano nell’attesa. Una passione nata da ragazzino («Avevo dieci anni – racconta. - E in cinquantadue anni di stadio ne ho viste di tutti i colori. Anche quando le cose andavano meno bene, perché la Roma – come sappiamo noi tifosi - non c’ha mai fatto mancare nulla. Ma, credo, sempre divertendoci»).

Che partita si aspetta, domani?

Bella. In altre occasioni ho pensato che non potesse esserlo, ma stavolta credo invece che sarà proprio una bella partita. Anche perché non possono sbagliarla, né da un parte né dall’altra.

E’ quindi una Roma che le piace, questa, e che la sta convincendo?

Ancora no, ma penso comunque che potrebbe piacermi. Qualche segnale si è visto, soprattutto nelle ultime partite, ma c’è ancora da lavorare molto.

Come giudica il lavoro del tecnico, almeno fin qui?

A mio parere, Luis Enrique è stato sia sottovalutato che sopravvalutato. Nel primo caso, perché si è detto che non avendo esperienza se non nella serie B spagnola, non sarebbe stato in grado di reggere l’impatto con il nostro campionato, così diverso. Nel secondo, perché, al contrario, venendo dal Barcellona, non poteva che essere un fenomeno, come se fosse uno già affermato. In realtà, è un ragazzo, ancora molto “giocatore”. E ha i pregi e i difetti di quelli che vengono dal campo. Come li aveva Roberto Mancini, o Mihajlovic, o lo stesso Montella. E quindi, sottovalutato dal punto di vista delle potenzialità tecniche che è in grado di esprimere, ma anche sopravvalutato riguardo al livello di esperienza realmente acquisita. Va però detto che lui è comunque cambiato rispetto ai primi tempi. Quando si è presentato un po’ come un bulletto, ripetendo a più non posso “qui decido io” o “non devo render conto delle mie scelte”. Che è tipico invece di chi non sa che pesci pigliare ed è insicuro rispetto alle decisioni da prendere. Allora ho pensato: questo qui va rassicurato. E, in questo senso, una grande mano, fraterna - meglio, da fratello minore - gliel’ha data proprio Francesco Totti. Che forse è anche più maturo di lui. Dicendo pubblicamente che è a Luis Enrique che sarebbero spettate le decisioni, in modo che tutti pensassero questo, e che soprattutto lui, il tecnico, si sentisse gratificato nel proprio ruolo.

Una mossa felice, quella del Capitano.

Oggi sappiamo che, nel calcio, non c’è mai uno che decide da solo. E Luis Enrique dovrebbe saperlo. Perché decide il mercato, decidono i soldi, decidono i presidenti, e le campagne acquisti. Ma anche il buon senso, la gente, e alla fine, gli stessi giocatori in campo. Penso a tanti grandi allenatori che ho conosciuto, a loro modo “filosofi” straordinari, da Scopigno a Liedholm. Nessuno dei quali è mai stato “quello che batte i pugni sul tavolo e decide”. Neanche Helenio Herrera, che pure era uno che trascinava i giocatori a casa o li prendeva per le orecchie. Cosa che Luis Enrique non si sognerebbe di fare nemmeno lontanamente. Detto questo, se lui saprà smussare qualche lato del suo carattere, e riuscirà anche a far verticalizzare un po’ di più la squadra, le cose non potranno che migliorare. Enrique viene da Barcellona, e quindi ha certamente visto grandissimo calcio, però, anche qui da noi si sono avuti modelli pregevoli. Penso a Zeman o a Spalletti: nessuno dei due perfetto, ed entrambi con un organico incompleto, ma ugualmente in grado di esprimere buon calcio. Luis Enrique mi sembra che stia capendo tutto questo e, allora, sono fiducioso.

E’ anche un segno di intelligenza, saper rinunciare a un atteggiamento un po’ “integralista”, come era sembrato il suo inizialmente?

A dir la verità, tanta intelligenza non l’ha dimostrata, altrimenti avrebbe capito da subito cosa andava cambiato. E invece, gli ci è voluta l’uscita dalla Coppa e, soprattutto, che il presidente americano tornasse dall’incontro con il Sindaco di Roma e gli dicesse “ma lo vuoi capire o no che devi lasciar stare Totti?”. Comunque, non sarà Schopenhauer, ma è ugualmente bravo. Simpatico. E gli vogliamo bene. Perché è uno che ha carattere, piace – mi sembra - ai giocatori, come tutti quelli che vengono dallo spogliatoio, di cui dicevo prima, da Mancini a Mihajlovic e Montella. Anche per un fatto anagrafico… E perché non sono santoni che si mettono su un piedistallo.

A proposito di Totti, le sono piaciute le sue dichiarazioni dell’altro ieri?

C’è ancora chi lo discute come calciatore, mentre per me, da anni, è assolutamente indiscutibile. Mi piace invece parlare del Totti persona, e della sua grandezza come uomo. Me ne sono reso conto soprattutto negli ultimi tre-quattro anni. Totti è una grande persona. E’ uno che ha imparato tantissime cose dalla vita e sa leggerle, quando serve, anche in chiave ironica. Prima era solo uno che sapeva giocare bene a pallone, ora è uno che sa riconoscere le sfumature, e usa i sorrisi, gli ammiccamenti. Dimostrando di saper stare al mondo molto bene. E poi, è una persona buona e con valori sostanzialmente positivi. Nessuno vorrebbe un figlio diverso da Totti. Già da quando aveva vent’anni. E oggi, credo che a tutti piacerebbe che fosse sposato con la propria figlia.

Quanto peserà la sua assenza in questo derby?

Basti dire che, per me, lui vale già metà del prezzo del biglietto. E la sua assenza, quindi, pesa sempre. Anche se non è detto che questo sia sempre negativo. Ci sono state partite in cui la sua assenza è stato uno stimolo per tutti gli altri. Penso al derby in cui era infortunato, e per tutti valse come una frustata, con Perrotta che fece il “Totti” della situazione. Certo, è più difficile che ciò avvenga con giocatori del tutto nuovi…

Stavolta potrebbe toccare a Pjanic di “fare” il Totti.

In campo, comunque, l’uomo che lo sostituisce è De Rossi. E’ lui che per i compagni diventa il punto di riferimento. Ricordo partite in cui, senza Francesco, Daniele si è trasformato sia in trascinatore che in finalizzatore. Poi, bisogna anche pensare che stavolta c’è di fronte una Lazio forte e forse anche più “squadra”, perché più quadrata e non più da rodare. Il rischio è quello di cui parlano in tanti, ovvero che giocatori giovani e al loro primo derby, come ce ne sono nella Roma, possano non calarsi appieno nel clima della partita e pagarne lo scotto. Molto dipenderà quindi dall’allenatore. E da chi lo consiglia. A volte penso con qualche brivido a quel terzino, José Angel, così bravo ad attaccare ma così in difficoltà nelle diagonali difensive, messo di fronte a Cissé o Klose. E se penso che abbiamo visto anche Perrotta utilizzato come terzino destro, ho altrettanta paura. Allora mi chiedo: ci sarà qualcuno che suggerirà a Luis Enrique che la soluzione ideale in quel ruolo è Cassetti? Perché quando ci sono i derby, è giusto andare a guardare anche gli annali e le partite già giocate, per individuare gli uomini migliori da utilizzare… E Cassetti è stato anche un uomoderby.

Cos’altro servirà per vincere la sfida?

E’ importante soprattutto l’equilibrio. Anche quello intermo alla squadra. L’anno scorso fu un prodigio quel 2-0 nell’ultimo derby. Con la Roma in un periodo negativo e capace di invece di far girare dalla sua parte la gara, proprio con due gol di Totti. Così come fu nel derby in cui Floccari, sull’1-0 per loro, sbagliò il rigore e ribaltammo la situazione. Perché quelle sono vere “ciliegine sulla torta”, che non devono mancare nei derby. In questi casi, mi stupisce Reja, che fa ridere, perché continua a recriminare su presunti rigori, non capendo che in questo modo non fa che aumentare la soddisfazione degli avversari. Frustrando oltretutto la propria squadra. Lo dimostra l’ultimo derby, con i giocatori laziali che hanno perso completamente la testa, dietro a Totti, facendosi espellere uno dietro l’altro (Radu e Ledesma, ndr). Sembrava la lotta dei nani contro il ciclope. Una prova meravigliosa del Capitano…

I cinque derby vinti sembrano costituire un elemento negativo dal punto di vista cabalistico.

In effetti lo sono. Ma, come dice Totti, il nervosismo di Reja è un’arma in più a nostro favore, che bilancia la situazione.

C’è qualche derby che ricorda con particolare piacere?

Quello finito 3-3, con la Roma che perdeva 3-1 e poi segnò anche il quarto gol, regolare, che non fu però convalidato, è certamente tra quelli più belli e spettacolari. Ma in generale, ricordo tutti quelli vinti. Perché quelli persi, come sa qualsiasi tifoso, mezz’ora dopo l’uscita dallo stadio, sono già dimenticati. Cancellati. Punto e a capo. Soltanto Reja continua a ricordarseli…