(Il Romanista - R.Fidenzi) -Giacomo, cinquanta anni fa vincevate la Coppa delle Fiere... Fu l’unica soddisfazione che abbiamo avuto a livello europeo. Una grande soddisfazione. La prima cosa che balza agli occhi sono i risultati bizzarri di quella competizione.
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Losi: “La gioia più grande”
(Il Romanista – R.Fidenzi) – Giacomo, cinquanta anni fa vincevate la Coppa delle Fiere… Fu l’unica soddisfazione che abbiamo avuto a livello europeo. Una grande soddisfazione. La prima cosa che balza agli occhi sono i risultati...
Come possono essere spiegati? Il fatto è che non conoscevi gli avversari, non è come oggi, che ti puoi guardare i filmati e studiare il gioco altrui. Eri costretto ad arrangiarti e solo affrontandoli potevi capire come comportarti. Quindi capitava di prendere le misure gradualmente, e magari dare il meglio nel corso della sfida di ritorno. Ecco perché potevi pareggiare e poi, nella partita successiva, fare 6 gol.
Che ricordi ha della fase conclusiva del torneo? Ricordo che contro il Colonia, nei quarti di finale, siamo venuti fuori nella terza partita, quella dello spareggio, giorno in cui riuscimmo a vincere con un sonoro 4-1. Contro l’Hibernian in semifinale, invece, abbiamo chiuso in vantaggio il primo tempo con due gol di scarto. Poi però ci pareggiarono, sapete perché? Il campo aveva un dislivello, chi attaccava dalla parte giusta era nettamente favorito. Pensate in quali condizioni si giocava all’epoca! La partita di ritorno invece fu davvero particolare per me.
Come mai? Avevo giocato in Nazionale, a Bologna contro l’Irlanda del Nord, e il giorno successivo c’era questa semifinale di ritorno. Tornai all’Eur, dove la Roma era in ritiro, e chiaramente pensavo di non giocare. Il nostro allenatore, invece, chiese: «Ragazzi, che ne dite se chiediamo a Giacomo se se la sente di giocare?». Risposero di sì. In coro. Giocai la partita e i tifosi mi dedicarono una targa per questa piccola impresa. Una partita che inoltre finì 3-3 per merito mio. Infatti salvai la squadra dalla sconfitta per 4-3, scongiurando un gol sulla linea. Cudicini fu saltato da un avversario lanciato a rete, ma il tiro di quest’ultimo fu piuttosto debole e riuscii a ribatterlo in spaccata. Poi, a pericolo scampato, fu la monetina a decidere dove si doveva giocare lo spareggio. Vinsi il sorteggio e giocammo a Roma, dove vincemmo con un esagerato 6-0. Questo risultato fu possibile perché riuscimmo a capire come colpirli, ma soprattutto perché eravamo una squadra forte. Si trattava solo di ingranare. Pensate che contro il Salonicco, in un’altra occasione, vincemmo 10-1 dopo aver pareggiato in casa loro. Ne succedevano di cose strane. Tornando però alla coppa, direi che fu vinta soprattutto da noi giocatori. La società, a differenza di quanto accade oggi, non era determinatissima. Perché poi doveva darti anche il premio (ride, ndr). E poi c’è stata la finale... In casa del Birmingham finì 2-2, fu una bellissima partita. Gli inglesi erano rognosi e, soprattutto quando giocavano contro le squadre italiane, davano il massimo. A Roma poi vincemmo per 2- 0, ma il risultato non deve illudere: loro attaccavano molto e meritavano almeno il pareggio. Noi però siamo stati bravi, li colpimmo all’italiana, oserei dire. Con due ripartenze. Eravamo molto fiduciosi di vincere, specie dopo la gara di andata. Il Birmingham pure: pensavano di venire a Roma e portarsi a casa il trofeo. Ma quel giorno dalla parte nostra avevamo anche uno stadio pieno. E alla fine alzare la coppa e fare il giro di campo è stato fantastico. Fu una soffisfazione che ci voleva. Poi, più dopo tre stagioni, vincemmo anche la coppa Italia.
Al di là del salvataggio a porta vuota contro l’Hibernian, si sente soddisfatto, in generale, del contributo che ha dato?Moltissimo. Ho giocato bene l’intero torneo e per me è stata una gioia immensa vincere. E se non avessi scampato quel gol saremmo stati eliminati. Possiamo dire che vinse la squadra con più qualità? Sì. Gli avversari in quella competizione ci mettevano in difficoltà, ma più che altro perché mettevano in campo agonismo. Come valori eravamo superiori a tutti. Avevamo Manfredini, che faceva tantissimi gol, e calciatori davvero bravi ad agire da ali. Il centrocampo, inoltre, era molto generoso, aveva grossi polmoni e sosteneva noi difensori.
Insomma, fu la vittoria del collettivo. In che modo giocavate?Ci disponevamo con due terzini e un centrale in linea, poi due mediani sulla nostra trequarti e le ali un pizzico più avanti. E poi c’erano le punte.
Come furono i festeggiamenti?Andammo a mangiare tutti insieme, con la coppa sul tavolo. La società ci premiò con delle medaglie. Non ci furono eccessi e con i tifosi condividemmo la gioia solo all’interno dello stadio. Oggi si festeggia molto di più quando si vince qualcosa. La cosa che può sembrare curiosa è che alla nostra cena parteciparono anche gli avversari. C’era grande correttezza. Conservo una copia della coppa in miniatura, ogni tanto mi fermo a guardarla...
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