(Il Romanista ) - EUSEBIO DI FRANCESCO È stata la dimostrazione più evidente che quel successo, al di là delle indubbie qualità dei singoli, arrivò grazie ad una grande intesa e coesione del gruppo. In ogni squadra ci possono essere tanti campioni ma se manca l’intesa i risultati non arrivano.
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«Non lo dimenticheremo mai»
(Il Romanista ) – EUSEBIO DI FRANCESCO È stata la dimostrazione più evidente che quel successo, al di là delle indubbie qualità dei singoli, arrivò grazie ad una grande intesa e coesione del gruppo. In ogni squadra ci possono essere...
Il momento più intenso? Partirei dall’inizio, dalla contestazione dei tifosi dopo l’eliminazione in coppa Italia con l’Atalanta. Lì siamo stati bravissimi a reagire e a raggiungere il tricolore.
DAMIANO TOMMASI Ogni giorno di quell’annata è un’emozione. Mi passano per la mente tanti fotogrammi: dall’eleminazione in coppa Uefa (Liverpool, ndc) per colpa di un rigore non fischiato dall’arbitro, alla successiva vittoria con l’Udinese in campo neutro. Dal pareggio a Reggio Calabria che ci permise di guadagnare un punto sulla seconda in classifica fino all’emozione vissuta in Roma-Parma. Il momento più intenso? Direi quello più teso: il dopo gara col Napoli, quando il Campionato sembrava sfuggirci dalle mani.
VINCENT CANDELA Un’emozione unica sia professionalmente, sia umanamente e che ricorderò per tutta la mia vita. La trasferta a Bari, l’incontro col Parma, il Circo Massimo sono istanti scolpiti nel cuore che difficilmente si possono spiegare. Il momento più intenso? Il 17 giugno, il giorno dello scudetto: la partenza da Trigoria e l’arrivo all’Olimpico. La sfida che dovevamo affrontare e che non era così facile come poteva sembrare: il Parma aveva giocatori fortissimi, da Buffon a Cannavaro passando per Thuram. Che giornata fantastica!
CRISTIANO LUPATELLI A primo impatto mi vengono in mente i festeggiamenti nello spogliatoio dopo la vittoria col Parma: ancora ho i brividi. Eravamo un gruppo di ragazzi molto affiatati e ci aiutavamo gli uni con gli altri. Il momento più intenso? Ce ne sono stati moltissimi, dall’inizio alla fine della stagione. Quel campionato fu combattutissimo, la Juventus non voleva mollare e poi, l’anno precedente aveva vinto la Lazio. Per noi, quindi, era un obbligo conquistare lo scudetto.
AMEDEO MANGONE È impossibile non emozionarsi. Eravamo un buon gruppo, ragazzi fantastici con i quali, anche dopo tanto tempo, ho conservato un rapporto d’amicizia. Ognuno era importante, anche coloro che giocavano di meno perché c’era una fortissima consapevolezza nei nostri mezzi.Il momento più intenso? Essenzialmente due: la sfida con la Juventus a Torino, dal 2-0 al 2-2, che ci permise di mantenerli a distanza e poi, senza dubbio, la vittoria per 3-1 sul Parma in un Olimpico stracolmo.
FABRIZIO LUCCHESI Una gioia e un entusiasmo indescrivibili. Anche a distanza di dieci anni alcune emozioni sono ancora vive: è stata un’impresa unica in un contesto cittadino irripetibile. Il momento più intenso? Ce ne sarebbero migliaia ma ne dico soltanto tre. Il fischio finale dell’arbitro Braschi nella sfida col Parma e l’invasione di campo da parte dei tifosi; il rientro negli spogliatoi quando ci siamo guardati negli occhi e abbiamo scaricato tutta la tensione accumulata nelle ultime gare; infine, il 24 giugno, il giorno dei festeggiamenti al Circo Massimo: quando siamo saliti sul palco davanti ad oltre un milione di persone. Un’esperienza da brividi.
ANTONIO TEMPESTILLI Un ricordo fantastico perché erano tanti anni che non si riusciva a vincere qualcosa. Al di là di questo, è impossibile non far emergere lo straordinario feeling che si era creato fra la squadra e il pubblico. Il momento più intenso? La partita col Napoli, al San Paolo. Avevamo qualche difficoltà e, grazie a giocatori straordinari, siamo riusciti a venirne fuori. Indimenticabile, poi, l’invasione di campo prima del fischio finale di Roma-Parma: un momento drammatico dove pensavo potesse accadere qualcosa che ci avrebbe tolto il tricolore.
MARIO BROZZI I ricordi? Sono tanti e bellissimi: la fine del primo tempo della gara col Brescia, quando, rientrando negli spogliatoi, perdevamo 1-0. Fabio (Capello, ndc) si arrabbiò molto, invitò tutti i giocatori ad un maggior senso di responsabilità nei confronti della maglia e dei tifosi. Oppure quando recuperammo Montella per la delicata sfida di Torino con la Juventus. La settimana precedente al match, Vincenzo si era procurato una piccola lesione al flessore della coscia destra e, il sabato mattina, nella consueta rifinitura, provammo a verificare le sue condizioni. Dico la verità: ero molto scettico e avevo paura che l’infortunio potesse peggiorare. Nonostante questo fu lui a dirmi: “dottore, mi sento bene”. Ricordo, poi, che il giorno successivo, durante la gara, al gol del pareggio di Montella, tale era la gioia che rimasi bloccato come ‘Paperino’ in mezzo ai seggiolini della panchina del Delle Alpi e fu grazie a Giorgio Rossi che riuscii a venirne fuori. Di immagini emozionanti e particolari ce ne sono a centinaia. Ad esempio, quando arrivammo al San Paolo per la partita col Napoli: lungo il viale che introduceva allo stadio, il poliziotto che ci faceva da scorta rallentò e accese le sirene: da quel momento ci riempirono di sassi e bilie di ferro, tanto da infrangere molti finestrini del pullman. Ricordo il caldo afoso di quel giorno (10 giugno 2001, ndc) e la decisione (scaramantica) del mister di farci fare l’intero viaggio con le divise invernali. E poi, la settimana successiva, il giorno di Roma-Parma. Le lacrime trattenute a stento da Capello, i pianti di gioia di Francesco Totti e Vito Scala mentre ci abbracciavamo. Quell’anno c’era una squadra che viveva in una stanza con figure di un’affettuosità unica. C’era un profondo livello d’amicizia fra i calciatori e, alla guida, un uomo forte. Dopo il matrimonio e la nascita delle mie mie figlie, come emozione c’è sicuramente lo Scudetto della Roma.
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