(Il Romanista - M.Macedonio) - Di battaglie, nel nome della legalità e della giustizia, ne conduce ogni giorno, Antonio Padellaro. Lo fa dalle colonne del Fatto Quotidiano, che dirige dal primo numero e che, insieme a Marco Travaglio e a un bel gruppo, agguerrito, di giornalisti/e, ha contribuito a far crescere esponenzialmente in questo primo anno e mezzo di vita.
rassegna stampa roma
«No alla tessera del tifoso»
(Il Romanista – M.Macedonio) – Di battaglie, nel nome della legalità e della giustizia, ne conduce ogni giorno, Antonio Padellaro. Lo fa dalle colonne del Fatto Quotidiano, che dirige dal primo numero e che, insieme a Marco Travaglio...
Chi lo conosce sa però che è anche un grande tifoso giallorosso. E allora, nel momento in cui il discorso cade sulla Roma, dà subito le proprie “generalità”, come le chiama lui stesso: «Sono, da quando avevo 15 anni, un sostenitore senza se e senza ma, come capita a chi ha questa specie di “malattia”. Oggi ne ho 65, e ne ho quindi viste di cotte e di crude. A partire dalla Rometta degli anni ’60, quella di Oronzo Pugliese, o dei ’70, che rischiava talvolta la retrocessione. Passando per i ricordi drammatici di partite come Roma-Slavia Praga, con quel gol, stupido, subìto negli ultimi minuti e che vanificò una rimonta. Fino ai momenti più divertenti, con la Roma di Zeman, o quelli esaltanti dell’ultimo scudetto, con la forza, l’energia e la personalità di un giocatore come Gabriel Batistuta, o quella di Francesco Totti, per il quale tutti ancora oggi continuiamo a stravedere».
Un assiduo frequentatore, quindi, dell’Olimpico…
Da trent’anni sono un abbonato ai Distinti Sud: dapprima con la tessera familiare, e adesso, con i figli ormai cresciuti e che vanno chi in Curva e chi in altri settori, con quella che io e mia moglie – che ho contagiato a suo tempo e oggi è quasi più romanista di me – rinnoviamo puntualmente ad ogni stagione: ingresso 23, fila 60, posti 9 e 10. Tanto perché si deve esser precisi… E devo anche dire che raramente ho perso una domenica. Forse solo per motivi di lavoro. Altrimenti, non ne salto una. Anche se i maligni dicono che il Fatto non esce il lunedì, perché così posso andare allo stadio. E un po’ è vero…
Questo vuol dire che anche lei e sua moglie vi siete dovuti arrendere alla tessera del tifoso…
Siamo effettivamente tra quelli che sono stati “costretti” a farla, perché è evidente che chi ha questa passione si è trovato a dover sottostare a questa regola. Ricordo che quando fu introdotta, lo scorso anno, ne parlai anche con il capo della polizia, Manganelli. Davanti alle obiezioni che gli muovevo, e che sono un po’ quelle di tutti, cercò di spiegarmi come la tessera fosse necessaria per motivi di ordine pubblico. Ciò che gli contestavo, però, partiva innanzitutto da una constatazione: se dosto veva trattarsi di un provvedimento in favore dei tifosi, era stato comunicato malissimo. Perché il messaggio che è arrivato non è stato quello di favorire la serenità domenicale delle famiglie, con i bambini al seguito, quanto piuttosto quello di una schedatura. Ed è un atteggiamento, questo, che hanno avuto tutti i ministri dell’Interno che si sono succeduti, sia con i governi di centrosinistra, penso ad Amato, che di centrodestra, come Maroni. Punitivo quasi per principio, nei confronti di chi va allo stadio. Con la scusa dei violenti, insomma, si è colpito invece chi violento non è, e non può certo sottostare a procedure, richieste e quant’altro. Perché la tessera del tifoso, oggi, non è il solo ostacolo che si incontra quando si va allo stadio. Ve ne sono di ogni tipo, anche fisici. Bisogna superare barriere, filtri, controlli, file. L’auto da lasciare a tre chilometri. Un vero “percorso di guerra”. Che naturalmente finisce per scoraggiare molti. Magari si tratta di scelte operate anche in buona fede, ma che nei fatti si sono rivelate capaci solo di allontanare quelle persone che volevano andare tranquillamente a vedere una partita. Basta guardare gli stadi, oggi, come sono ridotti. E la domanda è: era quedosto l’obiettivo? Fare in modo che il pubblico si trasformi sempre più in televisivo e non sia più “reale”? Spero di no, perché sarebbe davvero delittuoso. Ma, anche se non lo volevano, questo purtroppo hanno ottenuto…
Lo tocchiamo con mano tutte le settimane.
Al di là delle condizioni in cui versa la nostra amata squadra, l’ultimo Roma-Chievo ne è stato un esempio. Di sabato, e con quell’orario alle 12,30: desolante! In questa situazione, si possono solo fare stadi da venti, massimo trentamila posti. Ministadi, insomma, dimenticandoci di rivedere l’affluenza di un tempo. Quella che tutti ricordiamo, quando la squadra frequentava pure la parte mediobassa della classifica, ma lo stadio era sempre pieno. Se pensiamo poi che, in questi ultimi anni, la Roma ha ottenuto anche buoni risultati, fa sgomento vedere gli spalti vuoti. Le responsabilità? Qualche domandina se la dovrebbero fare sia i presidenti delle società che i dirigenti di Lega e Federcalcio. Si parla tanto di business negli stadi, ma non mi sembra che – al di là del ripartirsi gli introiti dei diritti televisivi, spesso con il pesce grande che mangia quello piccolo – le società abbiano date grandi prove di managerialità in questo campo. E la stessa tessera, non doveva servire anche a fornire più servizi ai tifosi? Penso alla cura che all’estero, dalle grandi società, viene dedicata ai propri sostenitori. Anche in una logica di mercato - che si può condividere o meno, perché capisco anche quella parte di tifoseria che respinge la mercificazione del calcio - ma che dovrebbe far sì che il tifoso costituisca un piccolo “capitale”, e non qualcuno da bastonare dalla mattina alla sera. Torniamo al tema della sicurezza. Le violenze? Sono avvenute quasi sempre al di fuori degli stadi, e mai – o quasi mai – al loro interno. Siamo in presenza di tensioni sociali che possono avere come luogo d’esplosione il calcio, ma che nel 90% dei casi danno luogo ad incidenti all’esterno degli impianti. L’assalto alle caserme, dopo ciò che avvenne a Gabriele Sandri, è stato un episodio di enorme gravità. Ma cosa c’entra la gente che va allo stadio? Per tornare alla tessera del tifoso e alla sua inutilità, viene da pensare che non l’abbia fatta proprio chi ha qualcosa da temere o nascondere. E forse, non aveva neanche interesse alle partite ma solo a fare casino, fine a se stesso. Urge insomma una riflessione intelligente, che ci porti a rivedere tutta la gestione della tessera. Senza attendere che qualcuno ci dica che non vi sono più scontri, solo perché non c’è più nessuno che va allo stadio. Troppo facile: zero tifosi, zero incidenti.
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