(Il Messaggero - M.Ferretti) - Da Londra a Roma in sei mesi passando prima per Swansea, Galles, e poi per Parma.
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«Mi manda Drogba»
(Il Messaggero – M.Ferretti) – Da Londra a Roma in sei mesi passando prima per Swansea, Galles, e poi per Parma.
È il viaggio verso il successo che Fabio Borini, attaccante, 20 anni, ha intrapreso dallo scorso 16 marzo, il giorno del suo addio al Chelsea, a domenica scorsa, 11 settembre, quando ha esordito all’Olimpico nel campionato italiano con la maglia della Roma. È abituato a viaggiare «e per ambientarmi il più in fretta possibile, ho studiato un metodo: mi porto sempre dietro una cosa personalissima, tipo il sapone, e così mi sembra di essere sempre a casa», confessa. All’età di sedici anni fuggì da Bologna e dal Bologna, club nel quale era arrivato fino alla Primavera, per volare a Londra, sponda Chelsea, coccolato in fretta da Carlo Ancelotti, «è stato lui a portarmi in prima squadra e mi ha insegnato tanto. In un periodo di difficoltà, in un nuovo Paese, in una nuova città e in una nuova squadra è più facile parlare in italiano: lui mi ha cresciuto, mi dava sempre consigli, è un grandissimo allenatore e sa come trattare i giovani», le parole di Borini, ventidue presenze e sei reti (tutte con lo Swansea, trascinato nel maggio scorso in Premier League) nella sua carriera da professionista del pallone. Non solo Ancelotti, però, a Londra: anche, anzi soprattutto Drogba, «a chi mi domanda cosa abbia imparato da Didier, rispondo sicuramente come battere le punizioni. Per circa un anno dopo gli allenamenti mi insegnava la tecnica e anche piccoli trucchi, poi io ci ho messo anche del mio. Da Drogba ho imparato molte cose anche su come muovermi dentro l’area e su come difendere. Lui ha giocato tante partite importanti segnando gol pesanti, parla con tutti e se un giovane vuole imparare, lui è disposto a insegnare». Da Drogba a Totti, in meno di otto mesi. Non senza un filo di emozione, confessa Borini, al momento della prima stretta di mano con il capitano nello spogliatoio di Trigoria. «Beh, lo avevo visto solo in tv, sapevo tutto della sua storia e quando mi sono presentato mi sentivo quasi fuori luogo a conoscerlo, mi sembrava impossibile. È stato così anche con De Rossi e Burdisso, i capi della squadra, i capitani dentro e fuori lo spogliatoio. Loro fanno in modo di farti sentire a casa e io mi sento sempre più parte del gruppo. Totti, poi, è un campione e rimarrà sempre un fuoriclasse, a Roma e nel mondo». Contro il Cagliari ha giocato poco, al posto di Bojan, ma l’ha fatto talmente bene che Luis Enrique sta pensando di proporlo anche domani sera a San Siro contro l’Inter. «Sono entrato in campo e dopo sei secondi avevo fatto gol, peccato che mi è stato annullato... Non so se giocherò a Milano: da quello che ho potuto vedere, con Luis Enrique non ci sono titolari fissi, non si sa mai chi giocherà. Tutti ci alleniamo al massimo senza sapere chi scenderà in campo. Bisogna giocarsi le proprie opportunità al meglio. La Roma da scudetto? Sognare non costa niente. Di certo, già a Milano cercheremo di fare il nostro gioco. Le idee ci sono e sono ben chiare anche se i risultati non sono arrivati subito. Ci vuole tempo. È una grande sfida, in Italia è una partita molto sentita che io fino a poco tempo fa potevo solo vedere dalla tv. Adesso potrei anche viverla...», racconta Borini da più parti avvicinato, come caratteristiche, a Pippo Inzaghi. «Il paragone con Inzaghi mi affascina, lui ha vinto tutto e segnato tanto. Nasco come punta centrale ma adattandomi posso ricoprire tutti i ruoli dell’attacco».
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