(Il Romanista) - ORE 14.28, venerdì 25 marzo, Sala Tre Fontane dell’hotel Sheraton, Franco Baldini prende la parola. Ecco gli stralci più significativi di quella che a oggi resta l’ultima conferenza romana del direttore dello scudetto:
rassegna stampa roma
«La Roma non si discute, si ama. E per questo adesso dimenticatemi»
(Il Romanista) – ORE 14.28, venerdì 25 marzo, Sala Tre Fontane dell’hotel Sheraton, Franco Baldini prende la parola. Ecco gli stralci più significativi di quella che a oggi resta l’ultima conferenza romana del direttore dello scudetto:
«Rivolgere questo ultimo saluto mi sembra un atto doveroso per tutti questi anni di collaborazione. Anche per non correre i rischi di passare per uno che scappa di notte con qualche macchina strana.(...). La prima conoscenza con la famiglia Sensi risale al 1997, ma è nel 1999 che comincia il rapporto vero e proprio da direttore sportivo, anche se nel comunicato ho letto una definizione diversa. Nel 2001 ho vissuto la più grande emozione della mia vita vincendo lo scudetto e per un attimo ho pensato che questo mestiere in fondo fosse facile. Mi sbagliavo. Ma al di là di tutti i momenti belli e brutti che poi ho vissuto, posso dire che non sono stati anni ordinari. E’ quello che ho sostenuto anche nel comunicato in cui annunciavo le dimissioni: e volutamente ho evitato di usare la parola straordinario, ormai troppo abusata. In ogni caso, volevo dire che sono stati anni in cui non mi sono mai annoiato. E posso confermare che ci sono sempre stati stima e rispetto con la famiglia e in particolare con il presidente Franco Sensi. Non sono rimasto male dalle sue parole, ritengo anzi che possa permettersi di dire anche cento volte peggio di me e non avrei comunque niente da rimproverargli, tutt’altro. Mi ha creato lui in questo ruolo anche se purtroppo la mia attività sembra destinata a finire...».
«Ho cercato di vederlo, ma non ci sono riuscito. Non sono riuscito a parlargli neanche al telefono. L’unico luogo in cui sono riuscito a vederlo è stato lo stadio che notoriamente non può essere luogo per approfondire discorsi. In ogni caso lo ringrazio. Sono stati anche i suoi principi saldi a formarmi (...) La condivisione di ogni progetto è arrivata fino alla scorsa estate e infatti della squadra di quest’anno non ho mai rifiutato la responsabilità anche se poi qualche giocatore non ha reso secondo le attese. Quanto invece al piano industriale fatico di più perché effettivamente non lo capisco ed ecco perché ritengo di essere inadeguato nel mio ruolo. E mi sono dimesso. E’ vero, la scorsa estate ho dichiarato che se non mi avessero cacciato loro io non mi sarei mai dimesso, ma dissi una stupidaggine. Io vorrei fare calcio anche se qualcosa mi spinge a credere che per quattro anni difficilmente avrò questa possibilità . E quindi se qualcuno vorrà farmi l’onore di rivolgersi a me spero che mi offra un ruolo tecnico, come capo degli osservatori o consulente di mercato... Quanto alle mie esternazioni, vorrei dire a Galliani che ha obiettato sostenendo che queste cose potevo dirle quando la Roma lottava col Milan per lo scudetto che dirle allora non aveva senso politico perché di certo non volevo solo far polemica sterile. (...) Piuttosto riconosco la mia slealtà perché avrei dovuto confermare le dimissioni del 2 novembre, sarei stato più coerente visto che la svolta politica della Roma era già netta e invece ho rinunciato per i motivi noti e con me stesso non mi sono sentito benissimo, anzi ne sono rimasto piuttosto turbato». «Comunque, adesso la mia esigenza è salutare tutti i tifosi e far capire loro che le storie nascono, si consumano e poi finiscono e niente deve succedere. Ora vorrei solo che calasse il sipario perché parlare ancora a lungo di questa storia significa creare problemi alla Roma. Quindi le dimissioni devono porre la parola “fine” a un qualcosa che comunque non avrei mai voluto. Ho imparato in questi anni uno slogan molto caro ai tifosi, "La Roma non si discute, si ama". Ecco, non discutete la Roma ma amatela. Io sono convinto che il tempo sia galantuomo e questo non è tempo di processi, non ci sono vinti e vincitori. All’inizio in un qualsiasi rapporto si vedono solo i pregi, poi cominciano a vedersi i difetti ma vengono apprezzati anche quelli, finché poi non sono i difetti a prevalere. E naturalmente credo che questo sia accaduto a me nei loro confronti e a loro nei miei. Restano sempre la stima e il rispetto. Sono davvero convinto che la società sia animata dalle migliori convinzioni nelle scelte che sta facendo. Io da dipendente non ero d’accordo e questo non era giusto. Sono stato più fedele a me stesso che alla causa. Ora vi prego: dimenticatevi di me. (...)».
«Non mi fa male aver visto sul comunicato che ero un semplice consulente di mercato. Do più importanza alle cose fatte. Quella specificazione può avere mille significati, anche di timore per una eventuale controversia legale che, stiano tranquilli, non mi passerebbe mai nella testa fare. Di certo, non avrei potuto rimanere alla Roma anche solo per ruoli tecnici e specifici perché per lavorare insieme si dovrebbe avere comunque feeling e fiducia e forse qui non ce n’era più. Poi, sia chiaro: io non penso che la Roma debba fare battaglie perse in partenza, so che fine ha fatto Don Chisciotte. Ma ognuno dovrebbe avere la sua strategia politica. (...) I russi? Per me erano un interlocutore credibile anche se poi per com’è andata a finire qualcuno può pensare che non lo fossero (...) Il mio futuro? Sono contento che non mi abbia chiamato nessuno. Probabilmente, se fosse stato diversamente, non avrei avuto la libertà che ho avuto per portare fino in fondo queste dimissioni. Se penso di lasciare il calcio? Più che la volontà, ora rischio di averne necessità. Di Moggi non vorrei dire niente, quando citai Bulgakov lui rispose con “Vieni avanti cretino”, si vede che era appena uscito dal cinema. Totti? Sulle cose che ha detto forse potrei chiedergli il diritto d’autore, ma ritengo che il suo modo migliore di parlare sia ancora far vedere quelle cose straordinarie che sa fare sul campo. Lui resisterà, vedrete. La mia conferenza-stampa comunque non ho mai pensato di farla a Trigoria, non l’avrei mai chiesto. Piuttosto ne avrei voluta fare una con i tifosi. Ma non avevo uno spazio così grande. E poi, vista la disoccupazione a cui sto andando incontro, non avrei potuto spendere tanto...»
© RIPRODUZIONE RISERVATA