(Corriere dello Sport - R.Maida) - Aveva lasciato la Roma dalla poltrona di un hotel dell’Eur chiedendo di essere dimenticato. E’ tornato nella sala chic di Trigoria dopo sei anni e mezzo, atteso come un taumaturgo, all’indomani dell’uccisione di Gheddafi e di un nubifragio modello Noè, con l’ «utopia» di cambiare il mondo che ama.
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«La priorità è De Rossi»
(Corriere dello Sport – R.Maida) – Aveva lasciato la Roma dalla poltrona di un hotel dell’Eur chiedendo di essere dimenticato. E’ tornato nella sala chic di Trigoria dopo sei anni e mezzo, atteso come un taumaturgo, all’indomani...
In novanta minuti, una partita giocata davanti a cento giornalisti, Franco Baldini ha spiegato origini e strategie della nuova Roma. Tra momenti divertenti ( «La nostra triade: Fenucci è Giraudo, io Bettega perché ho i capelli bianchi e Sabatini per esclusione è Moggi...» ) e altri un po’ crepuscolari ( «Roma non mi è mancata perché ci sono sempre stato: viverla da turista o da passante è più bella che da professionista» ), il nuovo direttore generale ha affrontato con toni distesi e ottimismo da sognatore i temi più scottanti dell’attualità romanista, da Totti a De Rossi, fino a Luis Enrique e il bizzarro caso dei biglietti omaggio. Ha delineato i ruoli nelle prime riunioni con gli altri dirigenti, dando l’impressione di essere già padrone di pensieri e azioni della sua nuova (?) casa. Non ha promesso nulla se non una ricerca costante e ossessiva del bene della Roma: «In passato ho avuto la tentazione di anteporre il tornaconto personale all’interesse della società. Non devo farlo più» . Per questo se ne era andato, per questo è di nuovo qui.
«Devo subito risolvere la questione di Daniele Firmiamo!»
Gli ha parlato, diverse volte. E ritiene di essere stato convincente. Nel giro di saluti del suo primo giorno a Trigoria, mercoledì prima del diluvio romano, Baldini ha promesso a De Rossi che gli farà firmare il contratto. Daniele ha annuito, soddisfatto. Non solo. I due hanno continuato a parlarsi anche dopo, trovandosi in sintonia di principio. Il resto è una storia di soldi. E sai che novità. «Il rinnovo di De Rossi ha nella mia agenda una posizione molto importante - ammette Baldini - Si può dire che sia una priorità per me, anche se sono appena arrivato. A Daniele l’ho detto in dieci minuti di colloquio: se ha voglia di restare, il contratto si farà. Basterebbe che avesse la metà della nostra determinazione per continuare insieme. E lui sembrava piuttosto orientato a firmare. La parte economica sarà discussa con il suo procuratore, Sergio Berti. Non importa se ci vorrà una settimana o un mese. Sono contento di averlo rivisto dopo molto tempo più maturo e sereno: più bello, in una parola sola che riassume tutto». De Rossi in Nazionale non sembrava così sicuro. Anzi ha detto di non drammatizzare la vicenda contrattuale, perché la Roma senza la sua firma avrebbe «risparmiato bei soldi e comprato un altro giocatore forte». Baldini sorride e spiega: «Non riuscirei a trovare un calciatore più forte di De Rossi in quel ruolo, quindi preferisco tenermi De Rossi». I contatti a distanza con il manager sono periodici. E’ possibile che la settimana dell’appuntamento decisivo sia già la prossima, in coincidenza con l’assemblea dei soci fissata per giovedì 27, il giorno dopo Genoa-Roma. Baldini si è esposto molto sulla questione, quindi cercherà di andare incontro alle richieste di De Rossi. Ma si aspetta che il giocatore faccia altrettanto. In questo momento la forbice tra domanda e offerta è superiore al milione di euro, mentre l’accordo sulla durata è stato trovato: sarà (sarebbe?) un prolungamento fino al 2016.
«Anche io ho usato Totti Non deve succedere più per il suo bene»
Il concetto di pigrizia e di sfruttamento sono relativi. E superabili. Baldini ha finalmente chiarito le parole dette su Totti nell’intervista estiva a Repubblica: «Totti è il miglior calciatore italiano degli ultimi 30 anni. Sono sempre stato attratto dal talento di Francesco. Non c’era granché da chiarire tra noi. Gli ho chiesto se avesse letto bene la famosa intervista, nella quale mettevo più amore che critiche. Se non si fa usare da chi gli sta intorno, se pensa solo al calcio può durare altri quattro-cinque anni. Io per primo l’ho sfruttato nel 2004 per la ricapitalizzazione. Lui accettò spendendo anche dei soldi. Adesso invece cercherò di chiedere a lui quello che viene chiesto agli altri: Totti deve essere messo in condizione di essere normale. E so che è un concetto rivoluzionario». Rivoluzionario contro un dogma: Totti a Roma non si discute. «Ho scelto di non chiarire subito quelle frasi - spiega Baldini - perché volevo stimolare il dibattito. E ci sono riuscito, beccandomi insulti dappertutto. Ma non ho mai temuto di perderlo. I confronti e le critiche possono fare male ma sono utili per migliorare. E’ importante che Francesco non sia indiscutibile. Gli ho mandato un messaggio quando vedevo che Luis Enrique non lo faceva giocare, perché lì qualcuno ha pensato a un complotto. Ma credetemi, è facile avere un rapporto con Totti. E Totti stesso vuole essere liberato dalla sua sovrastruttura, per essere più leggero». Le parole sono state apprezzate dal giocatore. Intanto nei giorni scorsi Baldini ha avuto un chiarimento anche con Vito Scala, l’assistente personale di Totti. I due si conoscono da tanti anni e si sono parlati con schiettezza, ridisegnando i ruoli. Nessuna rottura, comunque. Nella nuova Roma, Vito Scala continuerà a occuparsi dell’immagine, della preparazione atletica e della comunicazione di Totti. Ma non avrà compiti istituzionali all’interno della società. Nella vecchia gestione, a Scala veniva chiesto di occuparsi anche di questioni non direttamente legate a Totti. Non accadrà più.
«A Guardiola ho chiesto di venire, ora però mi godo Luis Enrique»
Un mondo migliore, vuole. «Il calcio italiano - nota Baldini - mi pare diverso da quello che ho lasciato. E no, Moggi non mi manca anche perché l’ho visto spesso in tribunale... Non credo che da noi ci sia ancora una casta, altrimenti lo direi. Il ribaltone a cui alludevo nell’intercettazione con Mazzini? Un cazzeggio. Non immaginavo che il ribaltone potesse esserci davvero, tant’è che per un po’ sono andato in Sudafrica a vendere caffè». Lo stesso Baldini si sente cresciuto: «Viaggiando anche io mi sono sprovincializzato, spero di essere diventato una persona migliore. Ho visto che in Spagna il calcio è più bello che in Italia. E ho notato che in Inghilterra è più bello che in Spagna. Ma non ho soluzioni in tasca per rendere più godibile il nostro calcio. Adesso voglio lavorare giorno per giorno sperando: l’uomo ha bisogno dell’utopia. E poi, come dice Luis Enrique che legge Coelho, conta più il cammino della meta (dal libro Il cammino di Santiago, ndr) . E come canta Fiorella Mannoia, quando uno ha imparato a sognare non smette più». Non riconosce la paternità dell’ingaggio di Luis Enrique: «Io ho scelto Sabatini e Fenucci. Luis Enrique invece mi è stato segnalato da Walter. Prima di assumerlo, ho voluto conoscerlo come persona. Senza occuparmi dell’aspetto tecnico o tattico. Mi è piaciuto per mentalità: considera gli arbitri un fattore accessorio, non determinante, come me. Poi ho consultato Guardiola, a cui ho garantito che poteva venire da noi se aveva voglia di rimettersi in discussione: mi ha risposto che magari tra qualche anno lascerà il Barcellona... Abbiamo pensato ad altri allenatori (soprattutto Villas Boas, Garcia del Lilla e Bielsa, ndr) , però Luis incarnava l’idea di calcio che vogliamo introdurre. Sapevamo che avrebbe incontrato delle difficoltà e così è stato. Però sono molto soddisfatto dei suoi primi mesi italiani: ha già conquistato la stima dei giocatori, che non regalano mai nulla. Capello? No, non è mai stato in corsa. Fabio è il migliore quando ha una squadra pronta per vincere subito. Per costruire serviva un allenatore diverso».
«Gli americani investono non speculano Il nostro obiettivo resta vincere»
Baldini è tornato alla Roma senza firmare un contratto. Subito, di getto: «Ancora non so perché abbia detto di sì. La prima volta che ho parlato a DiBenedetto gli ho detto: non ho motivi per lasciare la qualità della vita di Londra, dove ho tempo libero per dedicarmi a cose diverse dal calcio; non ho motivi per rientrare nel “tutti contro tutti” che c’è a Roma. A quel punto ho accettato senza pensare, sapendo che non avrei trovato le ragioni. Ora ho paura, non so come nascondermi, perché ho delle responsabilità e tutto da perdere. Sicuramente non sono tornato per prendermi rivincite. Me ne andai dalla Roma nel 2005 perché era cambiata, legittimamente, la politica societaria. E non mi riconoscevo in quelle novità: tra l’altro, poco dopo mi avrebbero cacciato loro (la famiglia Sensi, ndr) . Ora andrei a prendere un caffè con Rosella Sensi, che lavora in Campidoglio: i rapporti istituzionali sono una cosa, quelli personali un’altra». Con i padroni statunitensi il feeling è stato progressivo, non immediato: «Ho visto Jim Pallotta a colazione in un hotel di Londra. Ancora prima di sedermi gli ho chiesto: “State speculando sulla Roma?”. Mi ha convinto spiegandomi che lui guadagna attraverso i fondi di investimento. Se ha deciso di entrare nella Roma, è stato per un business sentimentale. I proprietari hanno origini italiane e vogliono farsi un nome da noi. E costruiranno lo stadio, vedrete». Per vincere quando? «Non posso dare scadenze. Abbiamo un’idea, più che un progetto, e vogliamo applicarla. E’ ovvio che l’obiettivo finale sia vincere ma l’orizzonte della società è a lungo termine. Quest’anno sarà importante per farsi un’idea. Ma la Roma è abituata ad aspettare. Se per lo scudetto servissero due-tre anni, non sarebbe un problema. Anzi ho trovato già molta pazienza nei tifosi, più di quanto potessi immaginare. Il sogno e l’illusione è quello che dobbiamo coltivare in una piazza “cruenta” come Roma. Chi porterei dall’Inghilterra? Rooney: mi fa impazzire, in tutti i sensi». Lo rivedrà a novembre, per le ultime due amichevoli da consulente della nazionale inglese
«Basta biglietti omaggio, i vip dimostrino di essere tali pagando»
Baldini è sempre stato abituato a sorprendere ma alla seconda domanda della conferenza stampa ha lasciato la platea a bocca aperta. Quale può essere il primo problema della Roma? Totti, De Rossi, Luis Enrique... No. Qualcosa che non funziona allo stadio Olimpico: «Vorrei cambiare in fretta un’abitudine: quella dei biglietti omaggio. E’ difficile spiegare agli americani che i vip vanno allo stadio gratis. All’estero lo status symbol è poter acquistare un posto nei migliori settori. Non si merita il posto perché sei qualcuno. Sei qualcuno se puoi permetterti di pagare il posto. So che per questo mi farò nuovi amici...». Poi l’annuncio, che poi è una promessa: «Lo dico subito, così nessuno me ne chiederà: io non avrò nemmeno un biglietto omaggio. Se vorrò invitare qualcuno allo stadio, comprerò i biglietti. Fino a un massimo di tre, altrimenti diventano troppi...». Intanto la gente mugugna perché per Roma-Milan i prezzi delle curve sono saliti da 13 a 22 euro, con un aumento di quasi il 70 per cento. Baldini allarga le braccia, giustificando le strategie estive: «Mi dicono che in sede di campagna abbonamenti sia stata annunciata la maggiorazione dei biglietti in vista di alcune partite clou». Sull’argomento però si era preparato bene, tanto è vero che aggiunge: «Domenica c’è Lecce-Milan. E il prezzo della curva del Lecce è di 30 euro. Molto più che da noi». Nonostante il rincaro, la Roma punta a richiamare all’Olimpico il suo pubblico: «I romanisti vivono per la Roma molto più di noi che lavoriamo nella Roma. Il tifoso in questa città paga tantissimo, in termini economici ed emotivi. Mi aspetto possa partecipare alla nostra idea di calcio, condividendone i valori, e che voglia venire allo stadio contento dell’idea di calcio che stiamo cercando di attuare»
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