(Il Messaggero - S.Carina) Un feeling mai nato. E’ quello fra il presidente del Palermo, Maurizio Zamparini, e la Roma.
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Liti, veleni e affari negati con il Palermo sfida infinita
(Il Messaggero – S.Carina) Un feeling mai nato. E’ quello fra il presidente del Palermo, Maurizio Zamparini, e la Roma.
Divisi semplicemente su tutto: questioni di Lega, diritti tv, mercato, arbitri. Una simpatia espressa solo a parole ma che poi nei fatti non ha mai trovato seguito.
Nemmeno arrivato, ad esempio, Thomas DiBenedetto si è visto bacchettare, non sapendo probabilmente nemmeno chi fosse a farlo: «Vuole Pastore? - ha ironizzato nei giorni scorsi l’imprenditore friulano - Prima dimostri di avere qualche soldo». Figuriamoci cosa potrebbe accadere se Walter Sabatini, suo ex ds, dovesse cercare, oltre all’argentino, anche Hernandez e Bovo. Le motivazioni di questa antipatia con il mondo Roma, vanno probabilmente ricercate in un rapporto difficile con la famiglia Sensi.
Tutto nacque nel 2002, quando Zamparini rilevò la società rosanero proprio dal presidente Franco. La prima accusa che venne mossa ai Sensi fu quella di aver lasciato un club pieno di debiti: «Ho trovato da pagare anche i conti del bar. Sappino che la mia società non è un’immobiliare. Non voglio i terreni che mi offrono, ci interessano solo i soldi». Rapporto iniziato male e proseguito peggio. Qualche anno dopo, Zamparini venne inibito per sei mesi per plusvalenze fittizie. Pronta la nuova accusa: «È una cosa che rientra nella gestione precedente: io ho solo ereditato il bilancio. La gente deve sapere che a Roma odiano Palermo e i palermitani». Un’acredine mitigata dalla scomparsa di Franco Sensi - «Aveva un modo di pensare diverso dal mio, una mentalità troppo romana anche se indubbiamente è stato un grande uomo di calcio» - ma poi rinfocolata da nuove polemiche: «La Roma continua ad essere uno dei club maggiormente protetti». Senza dimenticare le stilettate ad personam. Rosella Sensi, ad esempio, nei primi anni di presidenza venne definita «un’apprendista alla guida di una Ferrari».
Peggio andò a Luciano Spalletti, etichettato come «un rappresentante delle pompe funebri per quanto era triste». La querelle si è poi trasferita sul campo. Nel 2006 la sconfitta nella semifinale di Coppa Italia non viene digerita da Zamparini che approfittando del nuovo confronto fra le due squadre la domenica seguente in campionato, tuona: «Al Barbera troveranno l’inferno».
La risposta di Rosella Sensi non si fa attendere: «Mi dispiace che proprio lui, che spesso mi vuole spiegare come si gestisce una società, non sappia accettare le sconfitte».
Nuovo dissidio nel 2008: la Roma vince con un gol di Mancini. Zamparini a fine gara chiede lo 0-3 a tavolino perché la rete «è stata propiziata da una furbata di un raccattapalle (Caprari, ndc) che ha velocizzato la ripresa del gioco». Sabato la Roma (con Montella che sta meditando di concedere una nuova chance a Menez) e il Palermo si incontrano nuovamente. Totti e compagni sono in corsa per un posto in Champions, l’undici di Rossi per nulla.
Zamparini, però, si è fatto già sentire rassicurando l’amico Lotito: «Stia tranquillo, vinciamo 2-0». Stavolta la replica è meglio lasciarla al campo.
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