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«Io non cambio»

(Il Messaggero – U.Trani) – «Non mi dimetto. Nemmeno se perdo contro il Parma. Anche se so che il destino di un allenatore è sempre legato ai risultati».

Redazione

(Il Messaggero - U.Trani) - «Non mi dimetto. Nemmeno se perdo contro il Parma. Anche se so che il destino di un allenatore è sempre legato ai risultati».

Luis Enrique si autoconferma a priori, forte dell’appoggio della proprietà e dei giocatori: è l’unica certezza della Roma che stasera scenderà in campo al Tardini per provare a uscire dalla crisi. Lucho ha vicino il suo fedele interprete Claudio. Lo utilizza solo per avere il consenso su alcune parole appena pronunciate. La chiacchierata con i media è tutta in italiano. Non era mai successo. Ma il tecnico di Gijon, anche se un po’ rauco, vuole essere chiaro e per riuscirci usa la nostra lingua. Non ammette equivoci sul suo pensiero, simile a quello di Tom DiBenedetto che difende il progetto e non ha in testa l’esonero. «Io non cambio» dice l’asturiano, proprio come aveva avvertito venerdì il futuro presidente. Aggiunge anche che «ognuno può pensarla come vuole, ma io vado dritto per la mia strada e con la mia idea di calcio che considero la migliore». Definisce «orribile» la prestazione contro il Siena, ma poi ricorda che «quello non è il mio gioco».

Fortunatamente ne vuole proporre uno diverso e su questo nessuno a dubbi. «Io, però, sono l’unico responsabile per le cose che vanno male. Cercherò di dare di più io per far crescere il rendimento della squadra». La Roma è ancora a digiuno, senza successi dopo cinque gare ufficiali. Luis Enrique è provato. A tratti nervoso. Soprattutto quando riceve la domanda che più chiama in causa il suo ruolo. Da Barcellona, l’amico Guardiola aveva garantito: «Diventerà un grande allenatore». Lucho non si sente nè apprendista nè tecnico in fieri. E si scalda perché non viene citato chi ha pronunciato la frase. «Vorrei più rigore, fatemi sapere chi lo ha detto». La replica è esauriente: «Sono un buon allenatore. Buono, perché sono modesto. Non vendo fumo, so che devo migliorare». Ma torna sempre lì. «Anche mia nonna, prima di morire, diceva che ero il migliore giocatore del mondo. Non era vero. Una bugia». La Roma sbanda sempre nel finale di partita, spesso prende gol o, come a Milano contro l’Inter, rischia tanto. Ma per Luis Enrique non è una questione fisica: «Non ho visto nessuno in difficoltà. Non cambierò formazione per questo, ma per una mia decisione e perché tre partite in una settimana sono uno sforzo pesante».

Il suo credo avrebbe dovuto portare gol. Che invece mancano. Solo 2 in campionato, in 3 gare (e 1 in 2 di Europa League). Lucho ne prende atto, ma è certo del risveglio degli attaccanti: «I numeri sono negativi, ma non mi ci soffermo: possiamo ribaltare la situazione. Il mio calcio è offensivo, perché dovrei giocare in un altro modo? Diverso è adattare il modulo alle caratteristiche dei propri giocatori: così fa un bravo allenatore. Ho grandi punte e segneranno». In classifica 2 punti in 3 partite, come Capello dieci anni fa, appena vinto lo scudetto. Lucho soffre le performance scadenti e le cifre inquietanti. «Mi dispiace per i nostri tifosi che fischiano solo a fine gara e per i giocatori che hanno bisogno di fiducia». E per se stesso: «Uno si aspetta sempre di partire benissimo e che tutti parlino bene di lui e che tutto sia facile. Non posso decidere come iniziare la stagione e non posso cambiare come è nata. Devo trovare la migliore strada per tornare al trionfo». Non rinnega i ruoli assegnati ai singoli e soprattutto a Totti, trequartista, e a De Rossi, mediano centrale. «Francesco ha qualità e immaginazione, è il calciatore più libero. Il caso di Daniele è diverso: parte basso per organizzare il gioco. So che può giocare come interno, come in Nazionale. Ma io non farò mai niente che possa danneggiare la squadra. Io cerco la migliore versione possibile, il miglior De Rossi e il miglior Totti. Lo stesso vale per tutti. In Daniele e Francesco vedo atteggiamento e rendimento ottimi, non sono preoccupato dal loro ruolo, ma dalla situazione generale che non è favorevole».

Spiega che cosa bisogna fare «per invertire la rotta» già contro il Parma. «Non lasciare troppi contropiede, non tenere palla tanto per farlo ma per superare le linee, entrare in area e concludere. Chiedo più velocità e pressing davanti. Contro le squadre che si difendono so che cosa fare. In Spagna è peggio che qui. I giocatori, in due mesi, hanno capito tanto. Se a Milano erano stati bravissimi, con il Siena non possono essere diventati tutti di basso profilo. Io non ho ancora avuto il cento per cento da loro, ma lavoro per quello». L’obiettivo è stasera: «Per battere il Parma. Guardo al presente, mai al futuro». Scuote la testa: «Ma che cosa c’entra il mio stipendio in un momento di crisi? Se avessimo vinto cinque partite nessuno ne parlerebbe. Sono, però, contento pensavo di essere tra i meno pagati».