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«Io cambio faccia alle partite»

(Il Romanista – C.Zucchelli) L’ultima volta che aveva realizzato una doppietta era stata la partita prima di quel Roma-Sampdoria.

Redazione

(Il Romanista - C.Zucchelli) L’ultima volta che aveva realizzato una doppietta era stata la partita prima di quel Roma-Sampdoria.

Era il 18 aprile, a sette giorni dalla notte maledetta Mirko Vucinic, in 45 minuti, aveva rimesso la Lazio a posto, continuando a far sognare i tifosi giallorossi. D’altronde, è una sua peculiarità, non fosse altro per quella frase, «voglio far sognare la gente » ripetuta quando era ancora solo un bambino, che tornava a casa tardi la sera perché passava troppo tempo a giocare a pallone. Oggi, in un certo senso, la storia pare ripetersi.

Non è trascorsa una settimana, ma solo un paio di giorni, non si gioca più all’Olimpico ma a Marassi e la sfida contro i cilisti di Genova vale molto ma molto meno di qualche mese fa. Qualcosa però non è cambiato: lui. Mirko Vucinic. Oggi come allora, vuole prendersi la Roma. Anzi, ri-prendersi.

Perché in questa stagione, tra infortuni e scelte tecniche, non è stato ancora l’uomo dei sogni. Non sempre almeno, perché pur giocando poco ha segnato. Eccome se lo ha fatto. In campionato ha iniziato contro l’Inter, per poi ripetersi contro Lecce, Lazio e Catania. Cinque reti, tutte decisive. Eccola, la parola magica. Che racchiude anche il segreto dell’esultanza di giovedì pomeriggio: dopo il primo gol, Vucinic corre verso la Sud. Urla, esplode. Poi si ferma. E si passa la mano aperta davanti al volto, come è solito fare il lottatore John Cena. Un festeggiamento simile a quello spesso ripetuto da Fabrizio Miccoli, altro grande appassionato di wrestling e, in particolare del lottatore di West Newbury. Il suo significato? You can’t see me, non puoi vedermi perché io sono in grado di cambiare la storia. È il suo obiettivo, parallelo a quello della Roma.

Claudio Ranieri ha ufficializzato, subito dopo Roma-Catania, che oggi una delle maglie da titolare in attacco sarà sua. E lui è pronto, carico. Arrabbiato, anche. Perché il ruolo da comprimario non gli va giù. Vuole giocare, Mirko. E anche quando entra in campo dalla panchina vuole dire «ci sono». E dimostrarlo. Vuole che la rimonta (anche quest’anno, sì, anche quest’anno) passi ancora una volta dai suoi piedi, così come da quelli di Borriello, che applaude quasi sempre dopo un gol, di Menez, il destinatario preferito delle sue pizze in testa, di Totti. Già Totti. Quello dell’assist per la doppietta, quello dell’abbraccio e di una frase sussurrata all’orecchio su cui in tanti si sono interrogati. Nessuno però ha voluto rivelarne il contenuto. Tantomeno Mirko. E questo vale come un gol. Uno solo però. Per la doppietta aspettiamo Marassi. Perché vanno bene i sogni, va bene la storia da cambiare, ma oggi più che mai c’è bisogno di cinismo, concretezza e realismo. Tre punti e tutti a casa. Lo dice sempre anche John Cena: «Vincere è l’unica cosa che conta».