(Corriere dello Sport – A. Vocalelli) E così il Milan, a meno di clamorosi colpi di scena, ha virtualmente conquistato il suo diciottesimo scudetto, l’ottavo dell’era Berlusconi, spezzando l’egemonia dell’Inter.
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L'esempio di Totti
(Corriere dello Sport – A. Vocalelli) E così il Milan, a meno di clamorosi colpi di scena, ha virtualmente conquistato il suo diciottesimo scudetto, l’ottavo dell’era Berlusconi, spezzando l’egemonia dell’Inter.
Il verdetto è quasi ufficiale, manca solo l’aritmetica che potrebbe arrivare già nel prossimo week end: se l’Inter a Cesena non dovesse vincere, Allegri potrebbe mettere il sigillo domenica con tre turni di anticipo. E’ insomma già il tempo dei festeggiamenti: otto punti di vantaggio, che sono in pratica nove considerando i due derby vinti, permettono al Milan di preparare lo champagne.
Un successo, va detto, fin qui assolutamente meritato, per la regolarità con cui i rossoneri hanno scandito il loro cammino. Pensate che dei 74 punti conquistati finora, il Milan ne ha presi 37 in casa e 37 in trasferta! Il perfetto equilibrio con 11 vittorie, 4 pareggi e 2 sconfitte sia dentro che fuori - è lì a testimoniare la bontà di un lavoro che non ha lasciato nulla all’improvvisazione. Quello stesso equilibrio che Allegri ha cercato e trovato in campo, integrando la vecchia guardia e i nuovi arrivi, pilotando una situazione che non era affatto così semplice. Un applauso speciale va naturalmente anche alla società e a Galliani in particolare, che negli ultimi giorni di mercato ha piazzato un colpo decisivo. Normale che tutti pensino a Ibrahimovic che, è verissimo, ha dato il suo contributo di forza e personalità. Ma forse il vero acquisto decisivo dell’ultima ora è stato quello di Robinho, e non solo per il gol decisivo di Brescia. Basta un dato per testimoniare questo: Robinho ha segnato 12 gol su azione, uno addirittura in più di Ibra, che nella classifica dei marcatori è davanti solo per aver trasformato anche tre rigori. Insomma, è giusto dirlo, nel Milan ha funzionato tutto e soprattutto hanno funzionato le scelte. Compresa, naturalmente, quella che ha portato Allegri in panchina. Una specialità d’altronde, visto che il livornese sta per aggiungersi alla lunga lista di tecnici che in rossonero hanno centrato l’impresa al primo colpo. L’Inter si è intanto ripresa il secondo posto e, fino al gol di Robinho, ha addirittura cullato la dichiarata speranza di poter riaprire la corsa scudetto, battendo la Lazio e ribaltando il risultato in dieci contro undici. Una prova di forza, anche psicologica, dei nerazzurri, che sono stati però facilitati dall’atteggiamento degli avversari. Intendiamoci: la Lazio, complessivamente, ha giocato una partita più che apprezzabile, su un terreno giustamente definito «vergognoso ». La scivolata di Biava, sul secondo gol, è stata soltanto la manifestazione più eclatante in una partita in cui tutti hanno faticato a restare in piedi. Però è anche vero che la Lazio è mancata nel momento in cui avrebbe potuto, ma per davvero, chiudere i conti. In vantaggio di un gol, e di un uomo per l’espulsione di Julio Cesar, la Lazio non ha avuto la personalità per crederci fino in fondo. Un limite sul quale sarà bene interrogarsi, perché il processo di crescita non passa solo attraverso nuovi acquisti (che pure sono indispensabili: alla Lazio ne servono almeno 4 di grande qualità per districarsi tra campionato e impegni europei) ma anche attraverso una presa di coscienza e una maggiore autostima. Al terzo posto, dietro all’Inter, c’è ora il Napoli, che è uscito battuto da Palermo. Giustamente Mazzarri ha tenuto a sottolineare i meriti della squadra, per una stagione che resta comunque di primissimo livello. Anche se non matematicamente, il Napoli ha già da domenica la possibilità di centrare la Champions League: un traguardo di grande, grandissimo, prestigio. Il Napoli ha incontrato sulla sua strada il ritrovato Palermo di Delio Rossi, che ha subìto qualche settimana fa Bil grande dispiacere dell’esonero, eppure ha ancora una squadra viva ed è con un piede nella finale di Coppa Italia. Non male, insomma, per uno che era finito sotto processo. attuta anche l’Udinese in casa dal Parma, si è riaperta la corsa alla Champions per la Roma. Non c’è dubbio che sarà interessante scoprire l’epilogo di queste quattro giornate, con Lazio e Udinese che mantengono un vantaggio sulle inseguitrici, ma dovranno anche affrontarsi tra due settimane nel testa a testa.
Alla finestra c’è appunto la Roma, che ha battuto il Chievo tra gol sbagliati ed eccessive sofferenze. La Roma, parliamoci chiaro, non è una squadra in salute: chissà che dopo aver gettato alle ortiche un’infinità di occasioni non trovi però proprio adesso la capacità di compattarsi. Per ora a crederci, come sempre, appare soltanto Totti, che continua ad essere largamente il migliore tra i giallorossi. Ha perso la scia della Roma, e anche la speranza di poter clamorosamente rientrare nella corsa al quarto posto, la Juve. La Juve che sembrava avercela fatta con Del Piero, un altro campione intramontabile. Era stato lui, con un rigore generoso e poi con un tocco sotto porta, a spianare la strada contro il Catania. Poi però i bianconeri si sono fatti raggiungere da uno strepitoso Catania, che non si è arreso e ha giocato una partita di grandissima sostanza. Il gol, su una punizione anche in questo caso molto generosa, è arrivato allo scadere con Lodi, ma i siciliani hanno meritato il pareggio per la determinazione con cui hanno interpretato la partita. Significativa la vittoria della Fiorentina, che ha pagato durante la stagione la catena impressionante di infortuni; preziosissimi i successi della Samp e del Cesena. Farebbero bene ad interrogarsi a Bologna su quanti gravi errori sono stati commessi nell’ultimo mese. Invece di parlare, discutere, cercare la vetrina, tutti dovrebbero capire che i risultati arrivano solo con l’impegno e il sacrificio. Eppure la lezione, per chi ha sperimentato tutto ciò, doveva essere estremamente chiara.
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