(Il Romanista - B.Devecchi) Lecce potrebbe essere un elisir di lunga vita. Un insegnamento buono anche per Donetsk. La Roma non ha dimenticato come si fa a rimontare, anche se tecnicamente quella in Salento non è una vera e propria rimonta.
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Lecce dopo Catania e Bayern
(Il Romanista – B.Devecchi) Lecce potrebbe essere un elisir di lunga vita. Un insegnamento buono anche per Donetsk. La Roma non ha dimenticato come si fa a rimontare, anche se tecnicamente quella in Salento non è una vera e propria rimonta.
Al Via del Mare, ha saputo ricacciare nelle tenebre fantasmi tristemente noti. Dopo quel colpo di testa garibaldino di Giacomazzi a un quarto d’ora dalla fine, alzi la mano chi non ha pensato subito: ecco, è fatta, adesso il Lecce ci fa il 2-1. E’ accaduto l’opposto. Non ci eravamo abituati in questa stagione. Tra Supercoppa, Champions e campionato, finora la Roma era stata rimontata nove volte. A Lecce, dopo l’ennesimo gol preso a difesa schierata, s’avvertiva già la puzza della decima delusione. Ringraziando Munari, che ci ha dato una mano (anzi, un braccio), la Roma è invece riuscita in quello che a molti è sembrato un mezzo miracolo: il controsorpasso. Andiamo in vantaggio noi, pareggiano loro, ripassiamo in vantaggio noi. Un evento raro, quasi mistico e sicuramente sconosciuto in questa stagione che fino all’altra sera pareva velata di malinconia. Il gol su rigore di Pizarro è un Gronchi rosa nel campionato giallorosso. Altre due volte, sempre in casa, col Catania in campionato e in Champions il Bayern Monaco, alla Roma era riuscita un’autentica "controrimonta". Contro i siciliani pare un film già visto. Dopo la rete di Borriello, il Catania pareggia con Silvestre e mette la freccia con Maxi Lopez. Ancora Borriello e una doppietta di Vucinic fanno riemergere la Roma dall’abisso in cui era sprofondata. La madre di tutte le imprese risale però a oltre un mese prima, quando all’Olimpico arriva il Bayern. Due gol di Gomez lasciano ammutolito l’Olimpico, che però riprende fiato quando nella ripresa Borriello accorcia le distanze. Il 2-2 di De Rossi trasforma lo stadio in una bolgia. Il 3-2 di Totti su rigore è qualcosa di epocale. Entra nella Leggenda, come il suo marcatore. Non eravamo abituati a tanta grazia, dicevamo. Perché in ben nove occasioni, invece, una volta passata in vantaggio la Roma si era fatta riprendere. E qualche volta superare. Il primo campanello d’allarme suona nel momento meno appropriato. In Supercoppa sblocca il risultato Riise. Ma tra il 41’ del primo tempo e il 35’ della ripresa, l’Inter si scatena e firma la rimonta. La prima completata a spese dei nostri colori. Il brutto però deve ancora venire. Con il Bologna, per di più all’Olimpico, la Roma si porta addirittura sul 2-0 (Borriello e autorete di Rubin). E’ fatta? Macché. Tra il 32’ e il 44’ del secondo tempo, Di Vaio realizza una doppietta. La Roma sembra avere imparato la lezione. Fino al 4 dicembre, giorno della trasferta al Bentegodi, le coronarie dei tifosi romanisti non subiscono altri traumi. Verona si rivela fatal. La doppietta di Simplicio sembra spianare la strada a un facile successo. Ma il Chievo non si arrende e nella ripresa accorcia con il romano e romanista (un classico) Moscardelli e poi pareggia con Granoche. Il male oscuro si impadronisce anche della Roma di Coppa. A Cluj, quattro giorni dopo il Chievo, Borriello segna il gol del vantaggio. A tre minuti dalla fine ci pensa Traoré a resuscitare i romeni. La Roma si consola con la qualificazione agli ottavi. Ma la crepa della tenuta della squadra – psicologica o atletica, vallo a sapere - sta sempre lì. Crepa che si allarga dopo altre due scellerate prove. A Genova, sponda Samp, la Roma va in vantaggio con Vucinic ma poi si fa raggiungere da Pozzi e dall’ex (altro classico) Guberti. Al peggio non c’è mai fine. Il 2 febbraio all’Olimpico arriva il Brescia. Un agnello sacrificale, uno sparring partner, una squadra da prendere a sberle per far vedere al mondo – americani in primis – che la Roma è guarita. E invece la Roma si smarrisce di nuovo. Gol di Borriello, pareggio di Eder. Ormai la crepa è troppo grande, il castello sta per crollare. La frana ha una data precisa: 20 febbraio 2011, contro la Genova rossoblù. La Roma riesce a entrare nella Storia, ma dalla porta sbagliata. Colpo di testa di Mexes: gol. Colpo di testa di Burdisso: gol. Sinistro di Totti: gol. E’ 3-0, tutti a casa alè? Ma proprio no. In trentatré minuti il Genoa segna quattro volte. Il resto è cosa nota. Ranieri lascia per dare una scossa, Montella atterra e decolla subito. Due vittorie, un pareggio, ma soprattutto una rimonta impensabile fino a poco tempo fa. Non poteva esserci medicina migliore per tentare l’impresa in Ucraina.
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