(Il Messaggero - A.Angeloni) - Napoli-Roma e pensi a Ottavio Bianchi.
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«È una Roma senza identità»
(Il Messaggero – A.Angeloni) – Napoli-Roma e pensi a Ottavio Bianchi.
Perché ha giocato nel Napoli e lo ha allenato, perché con la Roma, da tecnico, ha disputato due finali, Coppa Uefa (persa con l’Inter) e coppa Italia (vinta contro la Sampdoria) e da queste parti è tanta roba. Certo, Roma non gli sarà entrata nel cuore come Napoli - «me la sono goduta poco», ricorda Ottavio - però da queste parti ha lasciato a tanti buone sensazioni, se non altro per la sua signorilità.[...]
Lei, mister Bianchi, con Giannini ha vissuto la stessa situazione, giusto?
«Mah, non tanto con lui, quanto con Bruno Conti».
Ha preso parecchi insulti.
«E più ne ricevevo, più sostenevo la mia scelta. Ma non per partito preso, semplicemente perché pensavo fosse la cosa migliore da fare. Avevo rispetto per Bruno Conti e mandarlo in campo solo dieci minuti significava denigrare il suo passato, gloriosissimo tra l’altro. Ma a me serviva un certo Conti e in quel periodo non era come lo volevo io».
A Roma è difficile gestire le bandiere, specialmente se avanti con l’età.
«Lo è in ogni parte d’Italia e del mondo. La gente si affeziona, ma ripeto, un allenatore deve poter decidere liberamente».
E Luis è in grado di farlo?
«Mi dispiacerebbe se così non fosse. Ma è un ragazzo intelligente e non si fa condizionare. Totti è stato fondamentale per la Roma e penso lo sarà ancora. Capitano periodi di delusione, in cui le cose non vanno bene, ma poi passano. Di Francesco sentivo parlare quando ero a Roma, lui era piccolissimo, ma già prometteva bene. Figuriamoci ora quanto possa pesare uno come lui».
Tornando a Luis Enrique. Le piace come fa giocare la squadra?
«Mi piace l’idea, ma fin ora non ho visto moltissimo».
Si prova a emulare il calcio e la mentalità del Barcellona.
«Il mio vecchio maestro Bruno Pesaola diceva sempre: «Mi hanno rubato la idea». Bene, tu rubi un’idea, ma non è detto che riesca a realizzarla. Voi pensate che Guardiola se cambiasse squadra riuscirebbe a riproporre lo stesso calcio? Sì, forse, se compra tutto il Barcellona. Scimmiottare non ha senso o comunque non sempre porta lontano. La Roma è un bel progetto di squadra, ma ancora in divenire. Fa molto possesso palla, che spesso è fine a se stesso. Il progetto di gioco lo capisco, serve per ottenere i risultati. Ma a volte è necessario vincere anche quando non giochi bene».
E il Napoli?
«Il suo percorso di ricostruzione lo ha cominciato qualche anno fa, è avanti rispetto alla Roma. Mazzarri ha dato un’identità alla squadra, Luis Enrique ancora no».
Quindi per lei tra le due non c’è partita?
«Questo non è detto. Mi limito a dire quello che vedo, in campo poi può succedere qualsiasi cosa. Comunque vedo favorito il Napoli, che ora non ha la Champions e ha la possibilità di preparare bene la gara. In questo campionato dove le grandi vanno a rilento, la squadra di Mazzarri poteva giocarsi una buona chance. Il Milan tentenna, l’Inter si è chiamata fuori da sola, la Juve mi sembra un’ottima squadra».
Lei ha goduto del Napoli di Maradona, e mille altri spogliatoi: come si gestiscono le liti tra due compagni di squadra?
«Quello che è successo a Lamela e Osvaldo non dico che fa parte dell’ordine del giorno, ma quasi. Ne ho viste di peggio. Non sono quelli i problemi».
Maradona che giocatore straordinario era?
«Un fenomeno, uno che è fuori da ogni classifica in quanto fuori-classe».
Meglio di Messi?
«È come dire se è meglio Beethoven o Mozart. Io ho giocato con Sivori, ho visto tanti altri grandi calciatori. A questa domanda è impossibile rispondere».
Dei calciatori della Roma chi ricorda con piacere?
«Ce n’erano tanti: penso a Voeller, Rizzitelli, Nela».
Anche Aldair, se non ricordiamo male.
«Non solo ha giocato con me, ma io lo sono andato a prendere al Benfica. Un ragazzo d’oro, un calciatore straordinario. Sottovalutato. Uno dei più grandi difensori che il nostro calcio abbia mai visto».
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