(Corriere dello Sport-S.Agresti) I calciatori non sono tutti uguali, perché non tutti hanno lo stesso valore. Anzi: si va dai fuoriclasse ai semibrocchi. E conta tantissimo il rapporto che si crea tra un campione e un club.
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Le lezioni del capitano
(Corriere dello Sport-S.Agresti) I calciatori non sono tutti uguali, perché non tutti hanno lo stesso valore. Anzi: si va dai fuoriclasse ai semibrocchi. E conta tantissimo il rapporto che si crea tra un campione e un club.
Per capirsi: Ibrahimovic per il Milan non sarà mai come Van Basten, nemmeno se dovesse segnare più di lui e nonostante entrambi arrivino dall’Ajax, perché se chiudiamo gli occhi vediamo Marco sempre e solo in rossonero, mentre se pensiamo a Zlatan ci gira la testa per tutte le maglie che ha cambiato, nemmeno fossero paia di calze. Totti, in questo senso, è un caso estremo: il valore del calciatore è assoluto e il legame con la Roma è totale.
Non ci viene in mente, non solo in Italia ma nel mondo, un calciatore così grande che abbia un rapporto così esclusivo con una società. Poteva esserlo Raul, ma ha lasciato il Real per lo Schalke, oppure Xavi e Iniesta, ma non sono i simboli unici del Barcellona. Potrebbe esserlo Del Piero con la Juventus o Giggs con il Manchester United, ma Totti ha qualcosa di diverso, qualcosa in più rispetto a loro: oltre a essere il simbolo della Roma, è romano da capo a piedi. Alex, invece, è veneto trapiantato a Torino; il mitico Ryan è gallese. Tutto questo per dire che l’ingresso in campo di Totti al 91’ di Sampdoria-Roma non può essere archiviato come normale. Ha detto bene, ieri, Carletto Mazzone: Ranieri ha fatto una... ha commesso un errore. Un bell’errore, sì, che è pesato meno sullo stesso allenatore anche perché Francesco s’è comportato con serietà esemplare: una battuta e via in campo. Come abbiamo sottolineato subito, e come ribadiamo ora perché decisamente importante, tanti giocatori nemmeno paragonabili a Totti per storia e qualità si sono rifiutati di subentrare, anche per un periodo di tempo più lungo di quattro minuti di recupero. La giornata di ieri è stata frenetica, tra incontri, dichiarazioni e comunicati. Alla fine, questo martedì ci lascia la sensazione che Totti abbia dato l’esempio, proprio come domenica all’ora di pranzo a Marassi. Prima ha confermato di avere qualche dubbio sul proprio futuro («vedremo...»), poi ha utilizzato il web per ricompattare la Roma attorno a sé: «Adesso vinciamo insieme», il messaggio affidato alla rete. Un’indicazione chiara, ancora una volta costruttiva e propositiva. In effetti l’occasione è straordinaria: il gruppo è più competitivo della scorsa stagione, come ha ribadito Rosella Sensi nel suo comunicato serale, e le rivali sbuffano. Francesco Totti, dunque, per ora pensa solo a vincere con la Roma. Ma il suo malumore per quanto accaduto a Genova non è una bizza destabilizzante. Ha giocato 592 partite in giallorosso, ha segnato complessivamente 249 gol, 194 dei quali in serie A e 25 nella scorsa stagione. Niente ci toglie dalla testa che, se negli ultimi mesi fatica a segnare (peraltro in un momento di condizione fisico- atletica buonissima, paradossalmente migliore rispetto a tutti gli ultimi anni), ciò accade anche e soprattutto perché gioca molto più lontano dalla porta, non da centravanti - o da fantasista d’area - ma da regista offensivo. Niente ci toglie dalla testa che, questo Totti, avrebbe fatto faville nel vecchio ruolo, con la vecchia scintillante Roma. A fronte di tutto questo, Totti ha ogni diritto di essere rispettato, tutelato, difeso, aiutato, tranquillizzato in questo momento nero. Perché i calciatori non sono tutti uguali, e lui lo è meno degli altri.
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