rassegna stampa roma

«DiBenedetto sa già cosa vuole»

(Il Messaggero – A.Angeloni) – Walter Sabatini, l’uomo delle rivoluzioni. La prima, non in ordine di importanza: fumare in sala stampa. Non si può, non si deve. Lo fa, lo impone.

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(Il Messaggero - A.Angeloni) - Walter Sabatini, l’uomo delle rivoluzioni. La prima, non in ordine di importanza: fumare in sala stampa. Non si può, non si deve. Lo fa, lo impone.

«Concedetemi almeno quattro cinque sigarette, altrimenti perdo la concentrazione». Si rilassa così, e parla, avvolto da quella nuvola bianca e continua, un po’ alla Zeman. «Ascoltatemi ora, poi abbandonerò il chiacchiericcio. E in futuro non rompetemi le scatole», l’avviso ai naviganti, che non l’hanno presa benissimo. Pace. Ma riscuote parecchi consensi la sua seconda rivoluzione, sicuramente più seria. «Non tecnica, perché giocatori buoni già ci sono, ma culturale», specifica Sabatini. «Senza dover scomodare Mao, inseguo un modo diverso di essere, vorrei giocatori pieni di voglie, calciatori leali e competitivi. A volte ci si impigrisce, ci si accontenta, non ci si carica a vicenda e non ci si stima. In campo non si vede più la generosità che serve per difendere l’errore di un compagno. Rivoluzione culturale significa introdurre comportamenti e pensieri alternativi». Progetto affascinante, forse lungo. «Ai tifosi non chiedo pazienza, ma complicità, che significa condividere, pensare insieme». Un uomo appassionato, brillante, non banale. «Sono leale e riconoscente e qui, oggi, voglio ricordare Luciano Gaucci, che mi avrà licenziato dodici volte, ma mi ha fatto lavorare in un momento difficile della mia vita. E gli vorrò sempre bene». Eccola la sensibilità umana del Sabatini capace di lasciarsi rapire dalle citazioni letterarie di Luis Enrique e amante della letteratura latina e di tutto quel mondo, giocatori compresi. Non vuole essere l’Eduardo Galeano o il Gabriel García Márquez dei ds, però vola alto, se non altro con il pensiero. E questo piace. Non banale, dicevamo. Eccolo: «La Roma non era un sogno nel cassetto, non ho attaccato in camera il poster di Giacomino Losi. In genere tutti dicono così per accattivarsi le simpatie, io no. La Roma è una grande occasione, unica, eccezionale, irripetibile. La mia terza vita. Il mio lavoro è vedere calcio e magari capirlo, qualche volta ci riesco pure. Qui possiamo costruire una grande squadra, che possa vincere lo scudetto». Per costruire ci vogliono tanti soldi. «Non parliamo di budget, che nel calcio non esiste. Le spese si fanno giorno dopo giorno. L’unica cosa che so è che la nuova proprietà mi ha detto che ho libertà di azione sul mercato, mi ha detto di fare calcio liberamente. DiBenedetto mi sembra un uomo sereno, informato e determinato. E penso che abbia capito o stia cominciando a capire dentro quale avventura incredibile si sia messo. Luis Enrique? Vale Villas Boas».