(Il Romanista - M.Macedonio) Si dice entusiasta, Antonello Venditti, della “nuova” Roma. A cominciare dalla campagna acquisti, che definisce straordinaria per qualità tecnica.
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Venditti:«Con Francesco e Luis sarà una grande Roma»
(Il Romanista – M.Macedonio) Si dice entusiasta, Antonello Venditti, della “nuova” Roma. A cominciare dalla campagna acquisti, che definisce straordinaria per qualità tecnica.
Così come si dice convinto della bontà dell’intero progetto («pur con tutta la riconoscenza che si deve alla famiglia Sensi», puntualizza) intorno al quale sta “rinascendo” la società giallorossa. Da Tom DiBenedetto a Franco Baldini, da Walter Sabatini a Luis Enrique.
E, naturalmente, a Francesco Totti, che è colui che può fare letteralmente da traino all’intera nuova avventura. «Per me - dice il cantautore - quello della Roma è davvero un grande mercato, sia per il presente che per il futuro. Un mercato di grandi talenti. Io li conoscevo già tutti perché, da amante del calcio, mi piace seguire gli altri campionati. Compreso Borini, che per molti era solo uno sconosciuto. E di tutti loro conosco la grande qualità, che fa di questa Roma una delle squadre più dotate tecnicamente. Vedo in giro, soprattutto, una grande curiosità. Sia in positivo che in negativo. Ci sono, certo, quelli che vorrebbero farla fallire. Penso a quei vecchi tromboni, che pensano di sapere tutto del calcio, e invece… Dall’altra parte, ci sono i ragazzi, i giovani e tutti quelli che pensano che il mondo possa cambiare. Che è poi ciò che va sostenendo lo stesso Sabatini, quando parla di “rivoluzione culturale”. E’ questo che mi fa pensare che si possa guardare al futuro investendo sui giovani. Un cambiamento epocale, che meriterebbe un discorso anche più vasto. Perché presupporrebbe anche l’elaborazione di leggi che guardino in questa direzione. Partendo proprio dal fatto che tanti giovani italiani non trovano spazio nelle nostre squadre. Mi piacerebbe che le istituzioni competenti, a cominciare dalla Lega di Serie A, possano prevedere, ad esempio, che in Coppa Italia, due giovani della Primavera trovino posto a rotazione ad ogni turno».
Luis Enrique sembra molto attento a tutto ciò. Pensiamo alla scelta di occuparsi in prima persona delle squadre giovanili. «Proprio così. Dove vi sono tanti campioncini che però, a differenza di quanto avviene in Spagna, non vanno a giocare in serie B con continuità. E’ una questione che andrà affrontata seriamente, altrimenti rischiamo che i ragazzi che non trovano posto qua andranno all’estero ad arricchire altre società. Un problema che, in generale, riguarda tutto il nostro Paese. Pensiamo alla mancanza di fiducia verso tanti giovani “cervelli” che porta molti di loro ad emigrare, facendo fortuna altrove. Una “rivoluzione”, questa, che avrà bisogno di più timoni: le istituzioni del calcio, dalla Federazione alla Lega, ma anche le singole società, che dovranno investire in quest’idea, e naturalmente le televisioni ».
In questo senso, la società giallorossa ha probabilmente indicato, prima di altre, una strada nuova. «La conferma viene dal grande interesse che c’è oggi verso questa Roma, soprattutto da parte dei giovani. Lo vedo anche da come procede la vendita dei biglietti per questa gara con il Cagliari. Io stesso, che sabato sera sarò a Genova per un concerto, ho già messo in conto di rientrare in tempo, domenica, per la partita. Sarà il mio ritorno allo stadio dopo qualche anno di assenza. E questo ti dice tutto».
Cos’è che ti sta piacendo di più di questa “rivoluzione”? «Vedo curiosità e amore. Ed è per questo che ci tengo che questa squadra possa essere vincente. Per la prima volta, è come se in questa Roma vi fossero diverse anime. C’è innanzitutto una nuova proprietà, nella quale credo molto, pur amando e rispettando i Sensi. Conosco la sportività del nuovo presidente, ma soprattutto la competenza di Sabatini e Baldini. E quella di Luis Enrique. E penso che se ognuno capirà che in questa Roma può avere un suo ruolo, le cose non potranno non funzionare. E funzioneranno, anzi, sempre di più. Vedo insomma tutto questo come “nuove opportunità”, con la consapevolezza che si torna finalmente a giocare al calcio. Confido molto in quella che sarà la nuova “cantera” giallorossa. Anche se oggi sembra formata per lo più da argentini o spagnoli. Ma lo è anche grazie ai Viviani, ai Verre o ai Caprari. Io, ad esempio, credo molto in Crescenzi, che avrei tenuto perché a mio parere è già un giocatore pronto».
E del tecnico, Luis Enrique, cosa pensi? «Credo che servirà che qualcuno gli traduca in spagnolo quanto c’è della nostra storia in ogni partita. Perché entri anche lui nei meccanismi che fanno sì che una gara con il Catania o con il Brescia abbiano un determinato significato. Così come non c’è nella storia che si possa togliere Totti per Okaka. Non è infatti un problema di “potere”, ma di “sapere”, capire, conoscere».
La querelle nata intorno al Capitano sembra fortunatamente rientrare nella giusta dimensione. Come l’hai vissuta? «Torno a dire che non è una questione legata al potere, quanto invece al sapere. Totti “sa”, perché lui “è” la storia di questa Roma. Il suo talento, la sua esperienza, e la sua “contemporaneità”, visto che continua ad essere il giocatore migliore e più importante di questa squadra, fanno sì che – ne sono certo – Totti si innamorerà di Luis Enrique e del suo progetto. Le sue parole lo dimostrano. Farà tutto meno che tirarsi da parte. Perché capirà, da ragazzo intelligente qual è, di poter essere lui il primo “costruttore” di questo progetto. Perché questa è una squadra piena di talenti. E se Francesco ci crede e si mette a capo di quest’impresa, credo che ci divertiremo veramente ». Un mercato che ha visto anche alcune cessioni. «Non facciamo le vedove di Vucinic e Menez, perché obiettivamente hanno deluso. E lo dice uno che è stato un grande fan del francese. E che addirittura ne caldeggiò l’acquisto, visto che mi trovavo a Montecarlo quando fu preso dal Monaco. Come dire un colpo al cuore, la sua cessione. Ma è pur vero, e il popolo romanista lo sa bene, che sono loro due ad aver voluto lasciare la Roma. E non il contrario. Nessun rimpianto, quindi. Anche perché, quando vedremo Pjanic o Lamela, sono certo che ce ne innamoreremo. Sempre ricordando, però, che la cosa più importante è la Roma ».
Un mercato, insomma, che come mi dicevi ti ha convinto pienamente. «Perché Sabatini ha capito da subito che il livello della Roma non poteva che essere quello. A cominciare da un portiere come Stekelenburg, una prima scelta in assoluto, per finire a tutti gli altri, che sono del suo stesso valore». In questo senso, le prime uscite, comprese le gare con lo Slovan, non dovrebbero far testo, vista l’assenza di quasi tutti gli ultimi arrivati e dello stesso De Rossi. «E’ così. Anche perché i giovani, intendo quelli del vivaio, non possono essere messi in campo tutti insieme. Lo faceva in passato Capello quando non aveva interesse per una competizione e preferiva uscirne. O magari perché voleva far vedere che la panchina della Roma non c’era. E comunque, lasciamelo dire: concordo pienamente con il presidente (DiBenedetto, ndr) quando dice che è stato un bene uscire dall’Europa League. Penso a quegli impegni al giovedì, su campi improbabili! Per carità! Ricordiamoci che fummo eliminati dall’Atalanta in Coppa Italia nell’anno in cui poi vincemmo l’ultimo scudetto. E allora, prendo quest’ultima eliminazione come portafortuna. Hai visto mai…»
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