rassegna stampa roma

L’atto di fede di Sandro è un libro

(Il Romanista) – “Atto di fede, 10 anni di fabbrica dei sogni”. E’ stato presentato al Teatro Orologio il secondo libro di Alessandro Nini, «noto conduttore radiofonico; non un giornalista, non uno scrittore ma un semplice...

Redazione

(Il Romanista) - "Atto di fede, 10 anni di fabbrica dei sogni". E’ stato presentato al Teatro Orologio il secondo libro di Alessandro Nini, «noto conduttore radiofonico; non un giornalista, non uno scrittore ma un semplice tifoso» come tiene a precisare più volte.

Una rivendicazione, una continua e disperata dichiarazione d’amore verso due colori e verso una storia che, seppur priva di chissà quali trofei, è lucente. Non per caso un capitolo è intitolato "La Rometta non è mai esistita". Queste le parole con le quali l’autore spiega il concetto: «La Rometta è un’invenzione mediatica, un diminutivo sciocco che sminuisce una storia resa grande dalla gente e dall’estrema consapevolezza dell’essere e mai dell’apparire. Esiste la gente, esiste il sogno, esiste la grandezza». Presente ovviamente il suo amico e collega Mauro, che ha condiviso con Sandro l’ormai decennio de Il Canto libero, trasmissione in onda su Radio Erre Due e che, come dichiarato dai due, «parla al cuore dei tifosi, racconta un calcio genuino».

Unici nel loro genere insomma. Una carrellata di ricordi, di memoria romanista, di nostalgia per un calcio che non c’è più. La trasferta di Como nel lontano 27 aprile 1986, a pochi giorni dalla nefasta e ancora inspiegabile sconfitta contro il Lecce, che vide 15.000 romanisti al seguito, viene ricordata con commozione. I sogni se ne erano andati. L’ennesimo duro colpo. Ma loro ci furono, come sempre: «Chi c’era capì ancora una volta cosa significhi essere e tifare per la Roma. Perdemmo 1 a 0, segnò Corneliusson. Noi non vincemmo, ma quella gente...». Presente Antonio Bongi, uno dei fondatori dei CUCS. E poi Antonio Tempestilli, simbolico filo conduttore fra il calcio degli anni 90 e il calcio di oggi. In prima fila ci sono anche Felice Centofanti (ex giocatore di serie A), Paolo Consorti (fondatore della Fase 4, gruppo di volontariato e solidarismo romano), Flavio Di Stefano giornalista in erba e grande tifoso della Roma. C’era Alessandro Cochi, Consigliere Delegato alle Politiche Sportive di Roma Capitale, di fede laziale ma da sempre vicino alle problematiche delle tifoserie, ha confermato il suo impegno nei prossimi mesi per la costruzione dello stadio e interpreta lo spazio della curva come uno dei pochi luoghi dove l’ideale prova a resistere. Poche file indietro è possibile notare Fabrizio Grassetti, presidente dell’UTR. Alessandro Nini è orgoglioso di essere stato uno dei primi a denunciare il pericolo dell’imminente avvento del cosiddetto "calcio moderno". Denuncia le «coercizioni concettuali e fisiche» che il tifoso deve ormai subire per andare allo stadio. La Tessera del Tifoso, secondo l’autore di questo Atto di fede, è solo l’ultimo tassello di un progetto partito anni fa. E’ evidentemente amareggiato quando commenta quei tifosi che «sperano la Roma perda a Firenze, solo per difendere il proprio orticello».

Il libro viene idealmente dedicato al figlio di 4 anni, un piccolo romanista che probabilmente non potrà mai vivere ciò che ha vissuto il papà. Niente più fumogeni, niente più trasferte. Si intristisce quando pensa che l’appuntamento domenica mattina, con i compagni di stadio di una vita, non ci sarà. Niente Artemio Franchi. Nessuna "punta" per prendere il pullman e partire. Si ritroveranno probabilmente in un ristorante davanti alla televisione, con la speranza che un giorno tutto torni come prima. Vengono ricordati Lino Cascioli, Francesco Campanella e Fabrizio Carroccia, «bei romanisti». Subito dopo il pensiero va alla storica coreografia "Ti amo", al "che sarà sarà" di RomaBayern e infine ai 20.000 di Verona, ultima trasferta "libera". Insomma, "Atto di fede" è un tuffo al cuore per qualsiasi romanista, un viaggio completo all’interno della storia della Roma, senza che venga saltata nessuna fermata. E nonostante tutto, conclude Alessandro Nini, «ne è valsa la pena»