(Il Romanista - D.Giannini) - Una serata normale di una giornata straordinaria. Quella del suo debutto con gol con la maglia della Roma.
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Lamela, El Coco di tutta Roma
(Il Romanista – D.Giannini) – Una serata normale di una giornata straordinaria. Quella del suo debutto con gol con la maglia della Roma.
Che straordinario lo è stato sicuramente, anche se Erik Lamela è uno che a cominciare un’avventura andando a segno ci è abituato. Lo ha fatto nel recente Mondiale under 20 con un gran gol al Messico, magari non bello come quello al Palermo, ma certamente notevole. Da lì erano cominciati i problemi fisici che gli avevano impedito di vestire il giallorosso fino a domenica pomeriggio. Quell’attesa, lunga e snervante, è stata ripagata con quel sinistro a giro che ha permesso alla Roma di ripartire di slancio dopo il derby. Ce ne sarebbe abbastanza per esaltarsi, per montarsi la testa. Ma Erik non sembra correre questo rischio. Almeno stando al modo “normale” con cui ha festeggiato l’impresa. Una cena in centro con la famiglia, i fratelli, la fidanzata e poi subito a casa. Certo gli sono arrivati tanti messaggi di complimenti, tra cui quelli dei suoi vecchi amici del River, ma anche quello di Sabatini che gli diceva di stare tranquillo. Insomma la Roma sta attenta, non vuole correre il rischio di sciupare il suo talento. Quello che tutti gli riconoscono, praticamente da sempre. Da quando ha cominciato a stregare il popolo del Monumental con le sue giocate, con la classe unita ad un fisico da giocatore moderno.
Perché domenica i romanisti hanno scoperto che questo ragazzo di 19 anni, che dalle foto e dai filmati sembrava forte ma un po’ fragilino, è già in grado di reggere botta con il nostro campionato. Emblematica quell’azione nel secondo tempo, con Della Rocca che gli si è attaccato senza freni alla maglia. Altri al suo posto si sarebbero fermati, avrebbero preso il fallo. Lui no, lui ha proseguito, si è portato via il giocatore del Palermo fino a quando poteva. Perché, oltre alla classe, ha quella “tigna” di cui ha parlato De Rossi a fine partita. Due qualità che ben mescolate possono essere devastanti. Come quel gol che ha fatto applaudire tutti. E per tutti si intende veramente tutti. I romanisti all’Olimpico, Totti in tribuna e pure Gago in campo. L’ex Real Madrid, che era proprio accanto al palo dove quella delizia ha arrestato la sua corsa, non è corso come tutti gli altri ad abbracciarlo. No, è rimasto lì, folgorato da quella traiettoria e poi ha alzato le braccia e ha applaudito con convinzione. E il suo volto sembrava dire: «Questo è proprio forte». Certe cose non si vedono spesso a quella età. Come un lancio addomesticato nell’unico modo che può mettere in difficoltà gli avversari, con uno stop a seguire con la pianta del piede. Roba che non si insegna, roba che si ha. E che ha già scaldato i cuori della gente. I giornali argentini gli hanno dedicato i titoli di giornata.
E in tanti gli hanno scritto su Twitter, in spagnolo («Felicidades! Que Grandee Coco... Toda la Suertee para vos! Idoloo») e in romano («Daje»). Lui, a parte un commento subito dopo la partita in cui si diceva felice, ha preferito non parlare, stare tranquillo e allenarsi in vista di Genova, dove potrebbe giocare nuovamente. Senza montarsi la testa, con la sua straordinaria normalità. In compenso ha parlato il padre José: «Forse ha preso qualcosa da me, anche se io sono destro mentre lui è mancino». Il papà spiega l’origine di quel soprannome che ai romanisti appare così originale: "Coco". «Quando era piccolino - dice - mia moglie lo vestì tutto di jeans ed un nostro domestico gli disse che sembrava un "cocorito". Da allora è stato per tutti el Coco». Da allora, Erik è cresciuto fisicamente («30 cm tra i 12 e i 16 anni»), ma pure di testa. «Lo trovo più concentrato e maturo», commenta José. Cuore di mamma, parola di papà.
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