rassegna stampa roma

La tessera del tifoso e le colpe dei club

(repubblica.it – F.Bianchi) Tessera del tifoso, è arrivato il momento di fare chiarezza: presto l’Osservatorio del Viminale terrà una riunione con tutti i rappresentanti delle varie Leghe calcistiche per fare il punto della situazione...

Redazione

(repubblica.it – F.Bianchi) Tessera del tifoso, è arrivato il momento di fare chiarezza: presto l'Osservatorio del Viminale terrà una riunione con tutti i rappresentanti delle varie Leghe calcistiche per fare il punto della situazione dopo il girone d'andata.

E per raccogliere critiche e suggerimenti. Intendiamoci bene: lo scopo del ministro Roberto Maroni e del capo della polizia, Antonio Manganelli, era più che lodevole. La volontà cioè di riportare le famiglie negli stadi, isolare i (pochi) violenti, riaprire le trasferte, abbattere (in tre anni) le barriere. Insomma, portare i nostri stadi a livello europeo: legalità e rispetto. Lo scopo è fallito: la tessera del tifoso non serve. Ha creato più svantaggi che vantaggi: è stata vista, sbagliando, solo come uno strumento di polizia, di repressione, oppure come un  business per le banche. E questa è colpa non tanto del Viminale, che si è fatto carico dell'iniziativa, ma dei club che si sono sempre defilati, che l'hanno subita e mai assecondata. Dove sono i vantaggi per i tifosi che si tesserano? Sconti sui biglietti? Facilitazioni per la trasferte? Tessere premio per supermercati, negozi di abbigliamento sportivo, eccetera? Niente: pochissimo è stato fatto. Della tessera del tifoso ormai parla solo Maroni: silenzio da parte di Abete, Beretta e Abodi. La Federazione e le Leghe fanno finta di nulla, come se non li riguardasse e fosse solo un problema del Viminale. Sbagliatissimo. Così si dà un'immagine distorta della tessera: altro che fidelizzazione dei tifosi.

Lo stesso garante della privacy è intervenuto. Bisogna fare chiarezza. Al Viminale fanno la loro parte, accollandosi l'intero progetto: il nuovo direttore dell'ufficio ordine pubblico, dottor Armando Forgione, il capo dell'Osservatorio, il questore Pietro Ieva, e il vicequestore aggiunto Roberto Massucci, cercano di gestire nel migliore dei modi il "pianeta stadi". Ma la collaborazione dei club, salvo lodevoli eccezioni, è ancora troppo scarsa. Come se i tifosi non fossero loro. All'estero ogni club ha un dipartimento che si occupa della tifoseria, che gestisce biglietti, trasferte (anche internazionali), merchandising, eccetera. Da noi niente. I tifosi vengono "spremuti" solo in occasione  degli abbonamenti, poi addio. Così non va. Hanno ragione quando parlano di calcio-business. Si sta perdendo lo spirito di un tempo, e gli stadi, basta guardare, sono desolatamente vuoti. Non mi riferisco solo alla serie A ma anche e soprattutto alle categorie minori. E' stato ucciso il calcio dei derby, dei campanili.

Nella Lega Pro c'è il deserto eppure Mario Macalli è stato il primo ad aderire al progetto tessera del tifoso. Nei dilettanti vediamo prefetti che hanno paura di gestire i derby, e così che fanno? Chiudono gli stadi, arrivederci e grazie. Nel silenzio delle istituzioni, anche del presidente Carlo Tavecchio che pure è combattivo e sempre presente. Ma così, muore lo spirito di un tempo, scompaiono le stracittadine. Altro che stadi senza barriere (lodevole iniziativa della Lega Dilettanti): soprattutto al Sud ci sono ancora troppi impianti chiusi, troppe trasferte vietate. La situazione negli stadi, almeno in serie A, comunque è migliorata: secondo Maroni, il merito principale è della tessera del tifoso. Non credo sia così: restano problemi con le trasferte, con il doppio "binario" (tifosi tesserati in tribuna e gli altri, i presunti "cattivi" nella gabbia dedicata alla tifoseria ospite). Ma a Torino, Milano, Palermo gli incidenti sono rarissimi. A Roma non è stato sparato un lacrimogeno, ma sono aumentati i Daspo del 400 per cento. A  Palermo non chiedono più rinforzi ai reparti mobili delle altre città (a volte, in passato, anche 200 poliziotti per partita) ed è stato gestito con buon senso il derby col Catania (merito anche dei presidenti Zamparini e Pulvirenti, va detto). A Torino non ci sono più episodi di razzismo e violenza. A Milano lo stadio di San Siro è fra quelli più frequentati, ma il clima che si respira è (abbastanza) buono, tranne qualche striscione e fumogeno di troppo. Ancora da risolvere la situazione di Napoli, dove stanno ritornando in passa i tifosi quasi come ai tempi di Maradona: ma come ha dichiarato il pm Giovanni Melillo a Repubblica, "interi settori dello stadio sono sottratti all'autorità dello Stato e  controllati da gruppi violenti...".

Una critica pesante alla questura di Napoli: abbiamo visto anche filmati con gente che scavalca al San Paolo, altri tifosi (magari padri di famiglia) che entrano in due ma con un solo biglietto aggirando i tornelli. Non si può pretendere che facciano tutto gli steward, magari sottopagati. Basterebbe qualche poliziotto in borghese. Basterebbe la stessa volontà di Roma dove chi prima entrava senza biglietto adesso - se viene scoperto - è punito con due anni di Daspo. Basta volerlo fare. A Napoli, come ha spiegato il pm, siamo ancora lontani.