rassegna stampa roma

La terza volta non si scorda mai

(Il Romanista – F.Bovaio) – Altro che Lady Gaga, la Roma ha mister Gago e se lo tiene stretto, specie ora che ha pure segnato! E già, perché non vi crediate che il gol sia un’abitudine per l’argentino, che contro il Lecce lo ha...

Redazione

(Il Romanista - F.Bovaio) - Altro che Lady Gaga, la Roma ha mister Gago e se lo tiene stretto, specie ora che ha pure segnato! E già, perché non vi crediate che il gol sia un’abitudine per l’argentino, che contro il Lecce lo ha trovato solo per la terza volta in carriera.

Tre gol in 171 gare tra Prima Divisione argentina (70), Liga spagnola (92) e Serie A (9) che testimoniano di quale razza di rarità calcistica si è potuto beare il pubblico giallorosso domenica sera contro il Lecce. Una rete arrivata a premiare il centrocampista nel suo miglior momento stagionale (anche se ora dovrà stare attento: è alla sua terza ammonizione, alla prossima sarà fermato per un turno). Che poi è anche il migliore della sua carriera recente, visto che dopo aver lasciato il Boca Juniors e l’Argentina per l’Europa gli era capitato raramente di giocare sei gare consecutive da titolare. Anzi, a Madrid era quasi sfiorito, al punto che dalle parti di Buenos Aires, dove l’avevano visto crescere ed affermarsi, in molti si domandavano stupiti che fine avesse fatto quel campioncino emerso nel centrocampo del Boca. La squadra nelle giovanili della quale era cresciuto fino a diventarne uno dei pilastri del centrocampo nella stagione 2005-06. La stessa nella quale segnò il primo dei tre gol. Un destro micidiale che si infilò in diagonale all’incrocio dei pali più lontano della porta del Velez Sarsfield nella mitica "Bombonera", lo stadio del Boca Juniors. A quei tempi Gago aveva i capelli lunghi e giocava con il numero cinque sulle spalle.

Era l’1 ottobre del 2006, una data che Gago ricorderà per sempre, visto che è impossibile dimenticare il giorno in cui si è segnato il primo gol ufficiale della propria carriera, soprattutto se questo è arrivato dopo più di due anni di partite. Passato al Real Madrid per ventuno milioni di euro nel 2007 la storia di ripete. Gioca bene, dimostra di avere senso della posizione, geometrie e una gran classe, rifornisce di assist i compagni, ma niente gol fino al campionato 2008-09, quando ne segna uno di testa su calcio di punizione di un compagno. Poi più nulla fino a alla gara con il Lecce, nella quale realizza la prima rete con la Roma dopo appena 9 partite in giallorosso, ovvero molto prima di quanto aveva fatto nel Boca e nel Real. Merito di una serenità ritrovata insieme al posto da titolare (regista basso davanti alla difesa, che è poi il suo ruolo naturale) e alla maglia della nazionale argentina, che è tornata a convocarlo proprio in virtù delle sue belle prestazioni con la Roma. E pensare che quando Sabatini lo acquistò negli ultimi giorni di mercato sembrava essere solo uno in più, forse neanche necessario, da aggiungere alla rosa giallorossa 2011-12. A distanza di tre mesi, invece, è diventato uno dei pilastri della Roma di Luis Enrique. Anzi, è il pilastro centrale dell’intero sistema di gioco predicato dall’allenatore spagnolo. Alzi la mano chi lo aveva previsto.