rassegna stampa roma

La terza Roma di Garcia e il solito alibi delle radio

La rosa è da scudetto e crearsi l’alibi preventivo delle radio o degli hashtag anti-Garcia non aiuterà a vincerlo

Redazione

Fra i luoghi comuni calcistici uno dei più amati dai media è quello secondo cui alla Roma sarebbe difficile vincere per colpa dell’ambiente. Si vede che è più facile giocare nella Juventus o a Milano, dove il secondo posto è un crimine, o in realtà di provincia dove oltre a non pagarti ti aspettano sotto casa al primo calo di rendimento. È bastato il pareggio di Verona per tirare fuori il vecchio alibi, dando ovviamente la colpa alle onnipresenti radio della capitale: ce li vediamo Dzeko e Salah turbati per le telefonate a Radio Centro Suono Sport o a Radio Incontro…

Sono discorsi che forse valevano quando la Roma era una squadra con giocatori quasi tutti italiani e che soprattutto non erano e non si sentivano di passaggio, ma adesso suonano soltanto come alibi per una realtà che ha puntato tutto sul presente per avvicinarsi alla Juventus, sacrificando il futuro (Romagnoli) e il passato (Totti).

Parzialmente collegato ai media è il problema Garcia, al terzo anno in giallorosso, utile alla causa fino a quando è stato un alieno alla Capello (a proposito, lui potrebbe dire qualcosa anche sulla potenza delle radio di Madrid) ma dannoso quando si è calato troppo nella parte dell’animale da conferenza stampa, una specie di Mourinho minore, senza entrare in un privato che poi è stra-pubblico per opera dei diretti interessati: la sua fidanzata, Francesca Brienza, è conduttrice di Roma Tv (tivù ufficiale del club) e proprio ieri a Tiki Taka (la trasmissione Mediaset condotta da Pierluigi Pardo) non ha trovato di meglio che dare la colpa delle tensioni alle radio romane, con parole soft (“Indirizzano argomenti e problemi”) ma senza possibilità di equivoco. La risposta della Roma al problema è nota: la creazione di una propria radio privata, Roma Radio.

Parlando di calcio, Sabatini con il solito attivismo, su più tavoli, ha messo in mano all’allenatore una squadra da scudetto da centrocampo in su. Scelta chiarissima ma ad alto rischio: se le cose si mettono bene subito si può volare, ma se ogni giorno della settimana diventa un Vietnam di polemiche e rivendicazioni (con i romani sempre in copertina, ognuno con la sua maschera: Florenzi il buono, De Rossi il cattivo, Totti il monumento) allora anche una Juventus indebolita può mantenere le distanze.

In questi ultimi giorni di mercato possono arrivare soltanto pezze come Digne (le riserve dei grandi club sono un ‘pacco’ quasi assicurato anche se dire che si arriva dal PSG o dal Chelsea per le prime settimane funziona) o cessioni dolorose come Liajic e di un attaccante (Sabatini preferirebbe Gervinho, per non sconfessare del tutto l’operazione Iturbe), quindi la squadra è sostanzialmente fatta e deve soltanto essere sfoltita. Non ha bisogno di invenzioni geniali o di condottieri, potrebbero bastare anche banali cross di Maicon per Dzeko. È da scudetto e crearsi l’alibi preventivo delle radio o degli hashtag anti-Garcia non aiuterà a vincerlo.

(S.Olivari - Guerin Sportivo)