(Il Romanista) - Ecco un ampio stralcio dell’intervista esclusiva di Rosella Sensi su “A”, in edicola da oggi. Novecentoventotto giorni. Non uno in più, né uno in meno da quel 28 agosto 2008, quando venne eletta presidente della Roma, fino a oggi, 14 marzo 2011, quando la cessione alla cordata americana guidata da Thomas Di Benedetto è ormai sicura.
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La Sensi: “Tifosi state con la Roma”
(Il Romanista) – Ecco un ampio stralcio dell’intervista esclusiva di Rosella Sensi su “A”, in edicola da oggi. Novecentoventotto giorni. Non uno in più, né uno in meno da quel 28 agosto 2008, quando venne eletta presidente della...
Rosella Sensi lascia la società calcistica lasciata in eredità dal padre, l’imprenditore Franco Sensi, che in quella stessa Roma aveva investito con passione soldi e fatiche, accumulando amori e delusioni, sconfitte e vittorie, tra cui un indimenticato scudetto nel 2001, la prima Supercoppa, la Coppa Italia nel 2007, la Supercoppa Italia e la Coppa Italia nel 2008, tenendola dal 1993 per quasi 15 anni come il fiore all’occhiello di una vita che l’aveva reso insieme marito e padre di tre figlie femmine cresciute a “pane e Roma”, come una volta disse la fedelissima moglie Maria Nanni.
«Romanista si nasce» sorride Rosella «Mio nonno Silvio è stato uno tra i soci fondatori del club. Mio padre era vicepresidente negli anni Sessanta, ha preso la Roma nel ’93. Ce l’abbiamo nel sangue. Probabilmente qualcuno, prima ancora della mia nascita, sapeva che un giorno lo sarei stata anch’io». (...) «Sono diventata presidente in un momento molto triste e cioè con la perdita del mio papà» racconta lei. «Ma non ho mai avuto attimi di esitazione, sia per amore nei confronti della Roma sia per senso di responsabilità nei confronti di mio padre. Per lui ho voluto continuare a fare quello che fino a quel momento aveva seguito lui», spiega senza nascondere la commozione. «Papà avrebbe desiderato tantissimo un figlio maschio. Ma non è arrivato e alla terza femmina si è definitivamente arreso. Aveva un grande senso di protezione nei nostri confronti ma ci ha davvero preparate per affrontare la vita».
Da quasi tre anni, l’unica donna a dirigere una società calcistica di serie A. Mai avuto l’impressione di nuotare in un mare di squali?Ammetto che all’inizio è stata una sorpresa per tutti, a cominciare dalla sottoscritta. Oggi ho con alcuni colleghi dei rapporti ottimi, altri sono buoni. Ma credo che si siano abituati: trapresidenti e addetti ai lavori non c’è più questo stupore.
In che cosa è stato diverso il rapporto dei calciatori con un presidente donna? Sicuramente non sono mai entrata negli spogliatoi senza bussare... (sorride, ndr). Ho verificato che c’è un rapporto diverso, soprattutto quando arrivano nuovi ragazzi nella squadra, disabituati a parlare con un presidente donna. Generalmente ho avuto un rapporto buono, soprattutto con alcuni di loro con cui sono cresciuta. Credo che, se si è capaci di esercitare il proprio ruolo nella giusta misura, non c’è grande differenza tra generi.
Come è invece il rapporto dell’allenatore con un presidente donna?Mio padre mi ha insegnato un grande rispetto delle responsabilità e delle professioni altrui. Lo do e lo ricevo. Anche dagli allenatori.
Ma sei tu che hai fatto i “cazziatoni” alla squadra quando non giocava bene?Diciamo che ci sono dirigenti e allenatori preposti a questo, ma quando è stato necessario sono intervenuta direttamente. E mi hanno ascoltato, alcuni più di altri.
Come ti senti quando devi licenziare qualcuno? È successo e sicuramente non fa piacere. Molto dipende da chi hai di fronte.
C’è un’altra giovane donna che ora lavora per la squadra di famiglia: Barbara Berlusconi con il Milan. Che consigli le daresti? Difficilmente do consigli, preferisco ascoltarli. Credo che quando si è mossi dalla passione, se piace il lavoro che si fa, bisogna andare avanti per la propria strada con determinazione.
Amici fuori o dentro l’ambiente del pallone? Fuori, assolutamente. Ne ho anche di nuovi nell’ambiente in cui lavoro. Tendenzialmente, però, preferisco frequentare i vecchi amici, almeno non si finisce a parlare solo di pallone.
E nemici? Nemici ci sono, sicuramente, magari a volte non me ne accorgo ma non mi interessa. Preferisco tenermi stretti gli amici. Cosa significa essere romana? Premetto che sono orgogliosa di esserlo, ho un grande amore per questa città e la sua storia. Mi dispiace che Roma e i romani vengano spesso dipinti in maniera distorta. Il romano ha tradizioni e comportamenti che vanno rispettati.
Cosa ti piace e che cosa ti dispiace della città oggi?Sarò banale, ma quel che mi piace di questa città è che si può vivere tutto l’anno e in maniera piena perché è bella tutta. Certo, ci sono delle zone critiche. Ma è sufficiente passeggiare sul lungotevere per scorgere meraviglie da una parte e l’altra del fiume. In questi anni la tua famiglia ha investito molti soldi nella Roma.
Ne valeva la pena? Premesso che a volte si può sbagliare, sono convinta che abbiamo fatto tanto e anche molto bene. I successi che abbiamo ottenuto non sono banali. Soprattutto chi vive a Roma sa quanto sia difficile raggiungere quegli obiettivi in una città difficile e tanto passionale. Uno scudetto a Roma ne vale mille da un’altra parte.
Pensi che, in futuro, tu e la tua famiglia potreste sostenere la città in altri modi? Non so sinceramente come e non voglio fare progetti a lunga scadenza. Mi piacerebbe, ma adesso mi consola pensare che l’impegno di mio padre verso la Roma e la sua città, siano andati con successo in questa direzione. Voleva una grande squadra, ha regalato ai romani una società con un crescente numero di tifosi anche fuori dai suoi confini. La Roma è in tutta Italia e nel mondo e il suo valore tv è crescente. Manca solo lo stadio e sarà tra le top ten del calcio internazionale.
Se non avessi ereditato la Roma da tuo padre, cosa avresti fatto?Mi sarebbe piaciuto essere una giornalista e spero ci sia un momento in cui lo potrò fare. Magari non bene come lo fate voi. Ma solo per passione e curiosità vorrei provarci.
Giornalista sportiva? In questo momento la mia risposta sarebbe negativa. Ma perché no? Dopo esser stata dall’altra parte, forse ci proverei.
Faresti il sindaco di Roma?Non è facile fare il sindaco di questa città ma permettetemi la presunzione di dire che è più difficile fare il presidente della Roma a Roma.
Come vivi queste settimane in attesa del passaggio di testimone? Con la speranza che arrivi qualcuno che possa continuare quello che abbiamo fatto noi per tanti anni. Con la stessa passione.
Cosa ti senti di dire ai tifosi in questo momento?Di aiutare la nuova proprietà, di sostenere la squadra, di continuare ad avere la stessa passione di sempre o ancora più di sempre. All’ultimo derby ho visto la tribuna Tevere semivuota. È vero che pioveva, c’era vento, il traffico nella zona dell’Olimpico era inibito alle auto e le restrizioni sull’accesso hanno inciso, ma non basta a spiegare. Il calcio deve meditare sui suoi problemi e sui ritardi
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