rassegna stampa roma

La rivoluzione parte da De Rossi

(Il Romanista – D.Giannini) Chi non ha visto la partita di sabato sera ed ha letto solo il risultato finale rischia di cadere in un infido tranello. Perché potrebbe venire da pensare che è stato il classico 0-0 tra due squadre in...

Redazione

(Il Romanista - D.Giannini) Chi non ha visto la partita di sabato sera ed ha letto solo il risultato finale rischia di cadere in un infido tranello. Perché potrebbe venire da pensare che è stato il classico 0-0 tra due squadre in difficoltà che hanno evitato di farsi male.

Sì, insomma un pareggio di convenienza tra convalescenti. E sarebbe un grave errore, perché la realtà è molto diversa. La cosa più bella della notte di San Siro non è il punto strappato e portato a casa. E nemmeno il semplice conteggio delle occasioni da gol può spiegare quello che si è visto in campo. Quello che ha riempito i cuori (comunque messi duramente alla prova da un gioco inebriante e rischioso) dei romanisti è stata quella sensazione difficilmente descrivibile che al Meazza si siano ritrovati di fronte il passato e il futuro del calcio. Da una parte una squadra, l’Inter, che nel recente passato è stata grande e che è alla ricerca di qualcosa che le permetta di tornare lassù almeno per un po’. Una squadra che sta cercando di metterci la classica toppa. Insomma la tipica sensazione da fine dell’impero. Dall’altra parte c’era invece una ventata di aria fresca, una pianta a primavera pronta a far sbocciare dei fiori meravigliosi. La Roma, chiaramente. Il futuro, la speranza di un calcio più propositivo, spettacolare e, di conseguenza, vincente.

Qualcosa di quello che potrà essere si è già visto: un De Rossi stellare, una difesa che non prende gol pur giocando sulle fasce con un’ala e un trequartista (atipico, ma pur sempre trequartista), un allenatore che non ha paura di rischiare e che concede chance a chiunque ritenga se lo meriti, senza farsi condizionare da nessuno. E quello che ancora non si è visto appare dietro l’angolo, come una cosa ormai imminente: la condizione, il ritmo, i gol. Quando arriveranno quelli, la rivoluzione sarà completata e il futuro sarà diventato il presente. Quello romanista.

DE ROSSI Per certi aspetti deve essere stata angosciante la partita dell’Inter. Angosciante come può esserlo un labirinto dal quale non si riesce ad uscire. Di più, un labirinto degli specchi. Di quelli che ovunque ti giri vedi sempre e solo la tua immagine riflessa. Con una differenza: il volto, le gambe, la maglia che i nerazzurri vedevano all’infinito non era la loro, ma quella con il numero 16 della Roma. Sembravano essercene dieci, cento, mille. Ma non era un’illusione ottica, era sempre lui: Daniele De Rossi.

Una prestazione straripante e non per caso. Perché Daniele nel nuovo ruolo che Luis Enrique ha ritagliato per lui ci si sente alla perfezione. Comodo come in un pigiama. Eppure di fatica De Rossi ne deve fare tanta per fare da collante, per unire centrocampo e difesa, e per ributtarsi in avanti con una foga straordinaria. Una fatica che si sente molto meno quando si crede ciecamente a quello che si fa. Daniele, come tutti i suoi compagni, è rimasto stregato da subito dall’idea di calcio rivoluzionaria, divertente, forse un po’ folle che Luis Enrique ha portato. Un taglio con il passato che non può non entusiasmare, in tutto. Anche negli allenamenti fatti mano nella mano per i quali ci si “scompiscia” dalle risate. E, se si ride, tutto diventa più facile. Daniele ride e corre e trita gli avversari. La prestazione di San Siro non è un caso. Non può esserlo.

DIFESA«Oddio, che succede contro Forlan, Milito e Sneijder dopo che hai preso gol da Psg, Valencia, Slovan e Cagliari?». La domanda che qualcuno si faceva prima della partita con l’Inter ha avuto una risposta: non succede niente. Neanche una rete al passivo. E non per colpa dei nerazzurri che sono giù di corda, e neppure solo per merito di un portentoso Kjaer, che ha preso la strada giusta per far dimenticare presto Mexes. Il fatto è che gli automatismi di difesa stanno cominciando a funzionare e i risultati si stanno già vedendo. PIZARRO Qualcuno forse si era dimenticato quanto fosse forte il Pek. Non Luis Enrique, che lo ha sempre tenuto in grande considerazione. Alla prima occasione buona lo ha gettato nella mischia e il piccolo grande David ha ricordato a tutti cosa si può fare quando un’intelligenza superlativa si abbina a due piedi di velluto. Il Pek aveva voglia di dimostrarlo ancora qui, con la Roma e per la Roma. Ha fatto di tutto per restare e adesso è una straordinaria arma in più.

LUIS ENRIQUE Pizarro dentro e Borini dal primo minuto. Qualora qualcuno avesse ancora dei dubbi, a Milano ha avuto la conferma: Luis Enrique non ha preclusioni, né giocatori intoccabili. Semplicemente mette in campo chi reputa più in forma. Una decisione da prendere? Una scelta da fare? Luis la prende, la fa, senza farsi condizionare dall’esterno. Può succedere che sbagli (vedi Totti con lo Slovan) ma senza secondi fini. Ritiene Perrotta l’uomo giusto per giocare in difesa a destra? Dentro Perrotta. Punto.

GOL Fin qui gli aspetti che sembrano essere già essersi messi a posto. Ma ce ne sono altri che appaiono proprio sul punto di farlo. I gol ad esempio. La Roma vista contro l’Inter ha prodotto più che col Cagliari, e molto più che contro lo Slovan. I progressi sono evidenti. Il potenziale offensivo è enorme e le squadre di Luis Enrique segnano sempre tantissimo. Dunque basta avere ancora un po’ di pazienza. Solo un po’, probabilmente appena tre giorni.

INTERMEDI Per andare in gol serve una manovra più fluida. Quella che passa per i piedi degli intermedi di centrocampo. San Siro ha fatto vedere che si può contare su Pizarro, ma intanto si aspetta che Gago e Pjanic si integrino al meglio. Non lo hanno ancora fatto e sarebbe stato strano il contrario. Perché sono stati gli ultimi arrivati, non hanno fatto il ritiro. Ma hanno talento e a sprazzi lo hanno fatto vedere. Il tempo non può che essere dalla loro parte.

RITMO-POSSESSO PALLA Con la crescita degli intermedi di centrocampo, la conseguenza principale sarà quella di un gioco nel quale il possesso palla aumenterà ancora, diventando esasperante per gli avversari. E dovrà aumentare (in parte già è accaduto) anche il ritmo per far correre a vuoto gli avversari fino a sfinirli per trovare il movimento e il varco giusto.

CONDIZIONE A sprazzi la Roma ha già fatto vedere quella che dovrà diventare una splendida normalità. Ritmo, possesso, movimenti armonici e sincronizzati. A San Siro per 70 minuti buoni l’Inter è rimasta chiusa nella sua metà campo per uscirne solo nel finale. Semplicemente perché la Roma è calata un po’ in intensità, ma lo ha fatto comunque più tardi rispetto alle precedenti uscite. Segno che la condizione cresce, che i progressi ci sono, che la rivoluzione continua. Che questo è solo l’inizio