rassegna stampa roma

La nuova Roma di Zio Tom

(repubblica.it – F.Bianchi) E’ indubbio che – almeno per ora – l’affare l’abbia fatto quello che ormai tutti, confidenzialmente, chiamano lo zio Tom. Mr. DiBenedetto e soci hanno pagato la Roma due lire.

Redazione

(repubblica.it – F.Bianchi) E' indubbio che - almeno per ora - l'affare l'abbia fatto quello che ormai tutti, confidenzialmente, chiamano lo zio Tom. Mr. DiBenedetto e soci hanno pagato la Roma due lire.

Robetta (40 milioni anche se adesso dovranno ricapitalizzare) rispetto a Liverpool, pagato oltre 300, e Arsenal, appena acquistato a 500.

La Roma è stata svenduta rispetto a quanto che offriva Soros anni fa: ma qualcuno (indovinate chi?) fece saltare l'affare. Ora la Banca, l'UniCredit, non aveva alternative: anche perché la situazione del club stava peggiorando, con la sicurezza di chiudere il bilancio a giugno con un rosso di (almeno) quaranta milioni. In più cause di lavoro milionarie, Mexes in fuga, costo del lavoro alle stelle, parco giocatori da rivedere, eccetera. Non certo una società sana.

E' stata una trattativa lunghissima, centinaia di pagine scritte e riscritte. Gli americani si sono appoggiati, per gli aspetti economico-finanziari, ad uno studio ormai conosciuto in Italia, lo studio d'affare Tonucci & Partners. E il piano studiato dagli avvocati di Mario Tonucci (in testa il giovane legale Mauro Baldissoni, tifosissimo della Roma...) ha convinto in pieno la Banca.

Dov'erano d'altronde le alternative? C'erano offerte migliori? Non c'era nulla: questa la realtà. E lo zio Tom ha avuto il merito di non mollare mai: ci credeva nella Roma e anche quando gli è  stato suggerito di puntare altrove, ha risposto di no. "La Roma, voglio solo la Roma".

Sì, perché ultimamente sul mercato si era presentato un altro affare calcistico: il Paris Saint Germain. Il club francese era stato messo in vendita (e lo è ancora) per ben poco: 50-60 milioni (più altrettanti, almeno, per rilanciarlo). Ma DiBenedetto e i suoi partners hanno preferito andare avanti con la trattativa per la Roma. Ora non è escluso che il Paris St. G. possa interessare ad un imprenditore italiano.

Torniamo ai giallorossi: il piano di rilancio è chiaro. Una forte struttura, una squadra competitiva, lo stadio di proprietà, un marchio sempre più conosciuto in tutto il mondo.

La struttura nascerà entro un mese: Baldini-Sabatini al vertice, Fenucci amministratore delegato, Montali con compiti di contatti istituzionali (Coni, Lega, Figc, eccetera) ma lontano dalla rotta di Baldini-Sabatini. Incognita ancora per l'allenatore: Montella, perdendo col Palermo, si è allontanato dalla zona Champions e dalla riconferma.

La squadra andrà rivista ovviamente, partendo da Totti, la garanzia del marchio giallorosso. Ma saranno necessari robusti innesti. A cominciare da un portiere (Buffon?). Per quanto riguarda le altre strategie, lo zio Tom si affiderà allo studio Open Gate Italia: Tullio Camiglieri e Franco Spicciariello hanno seguito anche gli ultimi passi a Boston prima della firma. Ci sono due fronti su cui lavorare. Lo stadio. Il marchio. Lo stadio: già individuata la zona.

Tor di Valle, terreni del costruttore Parnasi che potrebbe rilevare il 10% del 20% che è rimasto a UniCredit. Lo stadio, stile Chelsea, avrebbe 45.000 posti. Quanti bastano. Ma quanti anni ci vorranno per costruirlo? La legge, come si sa, è ferma (quasi morta, ormai) e le previsioni parlano - siamo in Italia, no? - di 4-8 anni per fare un impianto nuovo. Nel frattempo la Roma, resterà all'Olimpico e DiBenedetto, quanto tornerà nella Capitale, andrà da Gianni Petrucci per conoscerlo e scusarsi. Le sue parole sull'Olimpico non era piaciute infatti al Coni ed è meglio non entrare mai in rotta di collisione col n.1 dello sport italiano.

Il marchio, adesso. Gli americani vogliono rilanciare (meglio dire, lanciare...) il merchandising giallorosso, in Italia come all'estero. Ma in Italia, e chissà se zio Tom lo sa, è tutto taroccato.

Ci sono i pirati: e un interessante disegno di legge di Giovanni Lolli (Pd), proprio contro la pirateria, è fermo, chissà dove, dal 2008. Davanti agli stadi vendono magliette finte: e pare che alcune grosse aziende facciano addirittura la doppia produzione. Vale a dire: magliette ufficiali da vendere negli store ufficiali dei club, ad un prezzo molto alto. E magliette (da 20 euro) che vanno nel circuito parallelo ma illegale. In barba alle leggi, e al fisco. Lo sanno i club? Lo sa la Guardia di Finanza? Caro Tom, qui è dura fare business. Siamo in Italia. Mica in America...