(Il Romanista – T.Cagnucci) - Se possibile c’è stato un Roma-Lecce più assurdo di "quel" Roma-Lecce.
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La nostra Curva sopra il cielo
(Il Romanista – T.Cagnucci) – Se possibile c’è stato un Roma-Lecce più assurdo di “quel” Roma-Lecce.
Era il 23 ottobre del 1988 finì 1-1 con gol di Rizzitelli e di Pasculli, niente di assolutamente memorabile se non che quella partita si giocò senza la Curva Sud: non c’era proprio, era demolita, stavano facendo i lavori per lo scempio dei Mondiali del ’90, c’erano solo gli striscioni srotolati in basso del Commando, ma il Commando stava in Nord (una vera e propria tragedia dell’immigrazione calcistica): è stata la prima volta che la Roma giocava senza la sua curva. Un’amputazione storica e fortunatamente parziale, ma chi c’era in Nord quel giorno ha ancora negli occhi il vuoto che guardava davanti. C’era il cielo invece della Sud, e nemmeno il cielo è preferibile alla curva della Roma. Mai.
Quasi sempre con il Lecce è stata una partita particolare anche se sulla carta non avrebbe mai dovuto essere niente più di una partita. Col Lecce un certo Sicignano s’è permesso di parare un rigore tirato a cucchiaio di Totti, col Lecce – là – Gabriele Omar Batistuta ha segnato il suo primo gol romanista, mentre un’altra volta nell’anno dello scudetto lo incontrammo tre giorni dopo aver rincontrato il Liverpool da "quella" volta, come a fare i conti tutti insieme coi nostri fantasmi per poter essere felici e riavere quel sempre caro ci fu l’ermo colle del Circo Massimo (la Roma è anche questo: psicanalisi applicata, catarsi, religione e insieme prassi). Eppure per questo Roma-Lecce c’è un modello laico da seguire, per questo Roma-Lecce di stasera ce ne è uno dal tabellino sobrio, quasi bianco: quello del 30 ottobre del 2010 – praticamente un anno fa – finito 2-0 con reti di Nicolas Burdisso e Mirko Vucinic. Ecco, Burdisso e Vucinic, come essere diversamente umani e quindi calciatori, perché una volta proprio Burdisso proprio a Vucinic disse che «si gioca come si vive». Come essere e non essere romanisti, come e come non giocare Roma-Lecce e qualsiasi altra partita. «Non siamo così incredibili che se giochiamo al 50% riusciamo a vincere, se non diamo il 100% il Lecce non lo battiamo».
Estratto della conferenza stampa di Luis Enrique. Puro inno all’impegno e alla quotidianieità, all’ordinario contro l’eccezionalità. E’ il bivio dove si trova la Roma adesso nella sua stagione. A mezzo servizio e con le mani sui fianchi alla Mister sorriso oppure dando tutto e lasciandoci - anche sì - una gamba per la squadra per la quale giochi, da Bandito. Il modello è lui per stasera e da stasera in poi. "Domenica 1 fisso anche per Burdisso" c’era scritto sullo striscione fuori Trigoria. E’ solo questo il motivo. Più del rientro di Totti, più del centrocampo tutto fico e nazionale di Gago-Pjanic e De Rossi, più del rinnovo di De Rossi, più dell’ennesima sorpresa tattica, più dell’ex Di Francesco (grande uomo e quindi grande romanista), più di tutti gli ex e di qualsiasi scenario di classifica. Giocare da Burdisso più che giocare per Burdisso (lo preferirebbe lui), è solo questo il motivo di RomaLecce, 20 novembre 2011. A parte un altro: la Roma che indosserà nel riscaldamento la maglietta con il logo della Fondazione Sandri proprio sotto la Sud. Che in casi come questi può anche coincidere con il cielo.
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