rassegna stampa roma

LA CINQUINA 1, Il sogno nel Cassetti è realtà

(Il Romanista – D.Giannini) “C’era un volta…”. Le favole, quelle belle, iniziano tutte così. E allora è giusto iniziare in questo modo anche la nostra. Quella dei 5 derby vinti.

Redazione

(Il Romanista - D.Giannini) “C’era un volta...”. Le favole, quelle belle, iniziano tutte così. E allora è giusto iniziare in questo modo anche la nostra. Quella dei 5 derby vinti.

Una favola da rileggere attraverso le date e i personaggi che l’hanno scandita. Il primo protagonista della storia è quello che meno ti aspetti. O meglio, che meno ti aspettavi.

Perché oggi e per sempre, per tutti Marco Cassetti sarà l’uomo derby. Come oggi si raccontano le stracittadine di una volta dicendo “Ti ricordi il derby di Prati?” “E quello di Nela?”, fra 30 anni, fra 40 o anche di più si dirà semplicemente “il derby di Cassetti”. E dire che Marco quella partita non la doveva neppure giocare. Di più, non la stava giocando.

Insomma non doveva essere il suo grande giorno e invece la sorte ha deciso che doveva essere estratto il suo numero. A proposito di numeri, a chi piace potrebbe giocarsi un bel terno secco sulla ruota di Roma. I numeri? 44-77-1. Il motivo? Ci torniamo dopo. Ora facciamo un passo indietro fino ad arrivare alla vigilia di quella partita, tanto per capire da quali basi ha preso il via la favola.

La partita si gioca il 6 dicembre del 2009 e in quei giorni in Italia più che di calcio si parla dell’H1N1, ovvero della “suina”, l’influenza che sta seminando il panico un po’ dappertutto. Che c’entra? C’entra. E non solo perché serve a spiegare il clima di quei giorni nella Capitale, ma anche perché il derby di chi vi scrive sarà fortemente influenzato (è proprio il caso di dirlo) dalla suina. Febbre a 40 per tutta la settimana precedente e tosse cavallina, tanto da mettere a serio rischio la possibilità di raccontare la partita.

Insomma le premesse non sono davvero le migliori, anche perché quella che scenderà in campo è una Roma ancora convalescente (non che la Lazio stia meglio, anzi sta pure peggio e Ballardini rischia seriamente di saltare). Una Roma che si sta riprendendo, ma con tanta fatica, da un inizio di stagione devastante: le sconfitte con Genoa e Juventus, l’addio di Spalletti, l’arrivo di Ranieri che ancora stenta a raddrizzare la situazione. E’ vero, ci sono state le recenti vittorie contro Bari e Atalanta, ma il 2-1 sul Bologna con lo stadio che fischia un gol della Roma è passato da poco più di un mese, è ancora una ferita recente, così come le 3 sconfitte consecutive contro Milan, Livorno e Udinese che hanno fatto ripiombare la Roma in una zona orribile di classifica. Insomma, il calcio in quei giorni non aiuta a cacciare via il clima di paura portato dalla suina. Quella che aveva costretto a letto anche il sottoscritto.

Poi, a poche ore dal fischio, la febbre da derby fa sorprendentemente scendere quella dell’influenza. Coperta di flanella, tè caldo e una chiamata al giornale: «Una mano ve la posso dare». Si torna così alla partita, preceduta dagli incidenti fuori dello stadio, che proseguono poi anche dentro, tanto che dopo 13 minuti di gioco l’arbitro Rizzoli è costretto ad interrompere il match per il lancio ripetuto di bombe carta. Tutti fermi per 6 lunghi minuti, poi si riprendende a giocare anche se non è una partita particolamente bella.

Poco prima del termine del primo tempo i romanisti storcono la bocca perché Philippe Mexes è costretto ad uscire per un problema muscolare. Un bel guaio. Almeno in apparenza, perché invece sarà proprio il momento della svolta. Non per colpa di Phil, che allora è ancora distante anni luce dal Milan e che anzi è un grande uomo spogliatoio nonostante stia giocando poco visto che la coppia centrale titolare è diventata quella composta da Juan e Burdisso. Quella partita per lui è doppiamente importante, perché oltre ad essere il derby è anche un’occasione per dimostrare che merita di essere titolare. E invece, dopo neanche un tempo, ecco l’infortunio e la sostituzione. Ma con chi? Burdisso è già in campo, ma sulla fascia destra. A chi tocca? Ranieri torna all’antico, Nico va nel mezzo e a destra è il turno di Cassetti. E’ il minuto 44, ovvero il primo numero del terno da giocare. Marco non ha neppure il tempo di scaldarsi che si va negli spogliatoi. Di fatto la sua partita non è ancora iniziata. Si riparte e, col senno di poi, si capisce che quella sera Marco era stato il prescelto. Ci prova dopo otto minuti: alto. Ritenta al 13’ e Muslera para.

La partita si scalda, Julio Sergio fa il miracolo su Mauri dopo un palo di Zarate, Perrotta sfiora il vantaggio, ma niente. Non ci si schioda dallo 0- 0. Viene pure il sospetto che le due squadre si possano accontentare. Poi la storia cambia, a scriverla è proprio lui, l’eroe inatteso. Minuto 77, la Lazio spinge sulla fascia sinistra, da quella parte arriva a coprire Cassetti, maglia numero 77 sulle spalle. E’ il suo minuto, è il suo momento, è l’ora di fare la storia: mette la gamba, ferma l’azione e la Roma riparte. Se si fosse fermato lì probabilmente ora non staremmo a raccontare quella partita. E invece Marco non si ferma, dà la palla a Perrotta e va, corre dritto verso il suo destino. Dietro di lui l’azione continua: Perrotta, Brighi, Totti, dall’altra parte per Riise, fallo su Totti, arriva Brighi che la dà verso il vertice dell’area dove c’è proprio Cassetti, sponda al volo per Vucinic, dall’altra parte c’è Riise, solo, che si sgola per avere la palla. Ma no, non è la sua serata. Quella è la notte di Cassetti: cross, tre passi e l’impatto al volo.

Il resto sono gocce di lucidità in oceano di emozioni che offuscano i ricordi: il tabellone pubblicitario abbattutto, l’abbraccio, l’esultanza composta di Ranieri. E poi l’espulsione di Pizarro, l’attesa snervante e i tre fischi. E’ finita! Anzi, no, è appena iniziata. E’ il principio della favola. C’era una volta... e c’è ancora