(Il Romanista - T.Cagnucci) Daniele, resta alla Roma. Non dargliela vinta. Fagli vedere ancora una volta che significa essere romanisti pure se non lo capiranno mai.
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Killeraggio
(Il Romanista – T.Cagnucci) Daniele, resta alla Roma. Non dargliela vinta. Fagli vedere ancora una volta che significa essere romanisti pure se non lo capiranno mai.
C’è sicuramente più coraggio nel restare in un paese che s’inventa notizie, che premia i ricchi e fa passare i servi per responsabili, che nasconde i referendum come l’immondizia, emargina Zeman e ricicla Moggi, che mette le tessere alle passioni, cercando di svuotare ricordi, stadi e piazze convincendoti a restare chiuso a casa quando viene la sera... che andarsene ragionevolmente e melanconicamente o rabbiosamente in un qualsiasi posto appena normale. Chi è un guerriero (della luce, come quello di Coelho che leggevi da ragazzino in ritiro) queste sfide non le abbandona mai. C’è in ballo il bene più grande: la verità.
Un guerriero dell’anima come hai dimostrato di essere soprattutto in questi ultimi anni di calunnie e ingiustizie, non in quelli della gloria e basta, davanti a queste cose deve riuscire addirittura ad aguzzare lo sguardo per vedere il fine ultimo e non gli ostacoli frapposti dalle comari, dai vili, dai mediocri, dai meschini. Nessuno mai ti potrà toccare l’anima, quella è trasparente come quel mare dove sei nato e che devi continuare a guardare. Anche da solo. Anche di notte, quando quasi è mezzanotte.
Li avete mai visti gli occhi di De Rossi quando gioca per la Roma? Sarebbe stato meno sfrontato sostenere che Martin Luther King era un membro del Ku Klux Klan piuttosto che dargli del venduto. Che schifo. Che squallore. Che lungo giorno di dolore. È una piccola notte della Repubblica del pallone questa vicenda che formalmente (formalmente...) comincia quando comincia a fare buio. Erano le 23.59 di giovedì 2 giugno quando l’Ansa ha battuto la (non) notizia del coinvolgimento di De Rossi nell’ultima grande porcheria italiana. Basta un minuto per infangare una persona. Erano le 23.59, proprio un minuto prima della mezzanotte, come a sbrigarsi, come Cenerentola prima del din-don perché altrimenti il giorno dopo la carrozza torna zucca, i cavalli topi, l’abito un cencio, le parole un’infamia. Ma la scarpetta lasciata per strada puzza, e chi l’ha raccolta s’è affrettato a infilarla a qualsiasi mignotta di basso bordo, giusto per metterla in piazza, nel tentativo di dare lustro a qualche baldracca.
Questa è una storia che fa schifo almeno per chi ha le orecchie per sentire e occhi per vedere, e un cuore ancora non troppo compromesso per capire. Sarebbe bastato leggere per capire, per semplicemente capire.Quell’Ansa, dal titolo certo - come tutti quelli di quasi tutti i giornali del Belpaese - era e resta piena di condizionali: "Il nome di De Rossi spunterebbe..." in occasione di Genoa-Roma "nella quale però non giocò".
E poi - soprattutto - "la telefonata si troverebbe..." e comunque - questa la chiosa - "la telefonata è stata ritenuta irrilevante dagli inquirenti" per i quali "si tratterebbe" di "millantato credito". Questo non è ancora niente. I presunti particolari usciti anche a nove colonne ieri erano ancora più raccapriccianti: quella telefonata - che resta al condizionale anche in chi la denuncia - sarebbe stata fatta a mezz’ora da Genoa-Roma per coinvolgere un calciatore squalificato.
Il tutto per architettare- acchittare un over, cioè almeno tre gol nella partita; tradotto: sarebbe bastato il 3-0 per la Roma per far centrare la presuntissima combine, non sarebbe servito alcun coinvolgimento di nessun Daniele De Rossi, tanto più squalificato e a mezz’ora dall’inizio della partita. Sarebbe bastata la verità a confutare la menzogna. Eppure tutto questo in un mondo che ha fatto la guerra all’Iraq perché non esistevano le armi di distruzione di massa potrebbe quasi rientrare - assuefatti come siamo a tutto - nella assurda normalità nella quale (non) viviamo. Invece tutto questo non è semplicemente vero.
Non lo dice uno che è tifoso della Roma, tacciabilissimo di provincialismo, di miopia da raccordo anulare, analfabetismo romanocentrico e vai col tango, ma il procuratore capo di Cremona, Roberto Di Martino: «De Rossi nell’inchiesta sul calcioscommesse è una palla inventata da qualcuno. La polizia giudiziaria mi assicura che in nessuna delle cinquantamila intercettazioni effettuate dalla polizia giudiziaria viene citato il nome di De Rossi».... (...) Gli omissis sono di pudore. In nessuna delle cinquantamila intercettazioni della polizia giudiziaria viene citato il nome di De Rossi. Cioè non solo il nome di De Rossi, né le fantomatiche frasi di Paoloni che parlavano di «aggancio » o del «mio gancio» non sono presenti in nessun rigo delle 612 pagine dell’ordinanza di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere degli arresti domiciliari (artt.272 e ss. c.p.p) ma non è mai stato fatto. Questo lo dice chi sta affrontando lo scandalo del calcioscommesse, non chi lo vorrebbe nascondere. Non era vero niente. Non è vero niente. Hanno mezzo in mezzo De Rossi.
Hanno fatto il suo nome che non era stato mai fatto. Hanno bestemmiato invano la deontologia e l’etica. Primo comandamento del mestiere di essere uomini. Chi? Perché? E’ solo un caso che proprio in questi giorni era attesa la firma del rinnovo? E’ solo un caso che il giorno prima qualcuno da Milano aveva pubblicamente richiesto alla sua mercè il calciatore? De Rossi è un ragazzo che nella categoria dei calciatori ha un difetto: è un essere pensante.
Lo vedi. Lo vedi sempre dai suoi occhi. De Rossi è uno che parla, che va diretto, che difende chi sta indietro senza pensare che così perde qualche treno, e lui è uno di quei pochi che non accetterà per regalo mai nessun biglietto. Paga ancora le frasi sulla Tessera del Poliziotto? Paga o deve ancora pagare quella dedica fatta quasi in prima serata in diretta tv a suo suocero pregiudicato ma morto ammazzato e papà di quella che all’epoca era la moglie, il nonno di sua figlia, il bene più grande (e secondo non ce n’è)? Paga o deve pagare che a 22 anni era già un modello per tutti salvo poi deludere le aspettative del bon ton e del pensiero dominante visto che semplicemente poi ha incontrato la vita? Può darsi. Può darsi di no. Può darsi che è solo dietrologia, può darsi che c’è anche di peggio. Di sicuro la cosa importante adesso è un’altra. E’ Daniele De Rossi.
Se la macchina del fango si è mossa per colpire i nuovi proprietari, se Baldini è stato il padre morale - e non solo - della denuncia che ha portato a Calciopoli, (lo annunciò in leggera differita da Serena Dandini, andatevi a rivedere la puntata di Parla con me del 20 marzo 2005), se questa società sarà la società che romperà con le abitudine incancrenite di un pallone italiano infangato e sgonfio da anni, e già ha cominciato a farlo con la storia dei diritti tv, se la Roma che verrà sarà veramente Roma, allora è stato persino logico attaccare Daniele De Rossi, perché di questa Roma lui è il volto più vero, più ferito, più romanista, più fiero, più pulito. Ed è per questo che a De Rossi va fatto ancora più urgentemente e convintamente il contratto. Non per stargli vicino, non per dimostrargli solidarietà, nemmeno perché è tra i più forti centrocampisti in circolazione, ma perché mai come in questo momento bisogna far vedere al mondo che esistono ancora prese di posizione, battaglie ideali da combattere, sentimenti da difendere. Uomini che non si vendono.
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