rassegna stampa roma

Io, ultrà

(Il Romanista – C.Fotia) – Oddio, tra un po’ ci montiamo la testa. Ben due pagine del Giornale dedicate a Il Romanista, una delle quali, l’ultima, uscita ieri, dedicata a me: “Il Romanista” Fotia, ultrà anche in...

Redazione

(Il Romanista - C.Fotia) - Oddio, tra un po’ ci montiamo la testa. Ben due pagine del Giornale dedicate a Il Romanista, una delle quali, l’ultima, uscita ieri, dedicata a me: "Il Romanista" Fotia, ultrà anche in politica".

Cosa abbiamo fatto di male per meritarci un simile pestaggio mediatico? Forse dà fastidio una voce che si leva a difendere senza se e senza ma, Roma e la Roma, che non s’inchina ai grandi poteri del Nord, che guida la protesta contro quel provvedimento illiberale che è la tessera del tifoso, voluta, salvo lodevoli eccezioni, dalla destra quanto dalla sinistra? Fate voi. Delle accuse sottese al precedente articolo, nel quale si insinuava che avessimo usurpato il diritto, ottenuto in modo cristallino, a ricevere i contributi pubblici all’editoria, e dell’accusa di "sobillare la curva", contenuta nel sommario del titolo dell’articolo di ieri, l’autore e il suo giornale risponderanno in sede legale. Voglio qui rispondere invece alle accuse mosse alla mia persona. In realtà, anche in questo caso, non capisco quale sia l’accusa e non intendo assolutamente eccepire sul fatto che uno possa considerarmi il giornalista più scarso del mondo.

Rispondo più che altro per divertimento. La prima accusa che mi viene mossa è quella di non essere nato a Roma, bensì a Reggio Calabria e, quindi, non avrei titoli per difendere Roma e la Roma. A parte il fatto che, nel mondo di oggi a me sembra addirittura folle l’idea che per spostarsi da una nazione all’altra si debba chiedere il permesso di soggiorno, figuratevi cosa io possa pensare di simili idiozie. Sono orgoglioso delle mie origini calabresi e del fatto che spesso mi scambino per egiziano o tunisino o marocchino: "Siamo tutti figli di Annibale", come cantano i 99 Posse. Ciò non toglie che ormai ho passato i due terzi della mia vita a Roma, dove vivo da quarant’anni. Inoltre, come ebbe a dichiarare il sindaco Alemanno un anno fa, con i suoi 500.000 romani di origine calabrese, Roma è la più grande città calabrese d’Italia. Ed è stata amministrata per due volte da sindaci calabresi. Solo un pensiero misero e meschino, lo stesso che spinge a criticare la convocazione dell’oriundo Osvaldo nella nazionale Italiana, può aggrapparsi a simili sciocchezze. Veniamo alla seconda accusa: io sarei un ultrà, nel calcio, come in politica. Ho già detto tante volte che in un mondo sporco e pieno di caste, di privilegi e di ingiustizie, il sentimento che anima tanta gente semplice della curva, mi sembra pulito e da rispettare Poiché, però, nel linguaggio corrente il termine ultrà viene associato alla violenza e all’odio verso l’avversario, è necessario che mi spieghi meglio (anche se ho la fondata impressione che chi non vuol capire non capirà). Il ripudio di ogni forma di violenza fa parte del Dna di questo giornale e del mio personale. Ho spesso invocato, su queste colonne, forme gandhiane di protesta contro i soprusi subiti dalla Roma e dai tifosi.

Il Romanista non è il giornale della Curva, anche perché la Curva sarebbe la prima a non volerlo, ma io non accetto che chi va in curva sia criminalizzato, considerato e trattato come un violento per il solo fatto di andare in curva. Credo che chiunque frequenti un po’ il termine democrazia dovrebbe pensarla così. Posso sommessamente domandare che democrazia è quella nella quale un ragazzo viene condannato per aver acceso un fumogeno in uno stadio e il segretario varesino della Lega Nord resti tranquillamente al suo posto dopo aver dichiarato di essere pronto a imbracciare le armi per liberare la Padania (che peraltro non esiste)? Il mio essere ultrà in politica nascerebbe dalle mie origini nel quotidiano di estrema sinistra Il Manifesto (delle quali vado felicemente orgoglioso quanto delle mie radici calabresi), esattamente al pari di una buona fetta dei Direttori di Quotidiani e Tg italiani, essendo stato quel giornale una delle più grandi scuole di giornalismo in Italia. Il fatto che l’articolista non sa spiegarsi è come mai uno "de sinistra" (rimasto tale nel corso degli anni), uno che "vinceva premi scrivendo di lotta alla mafia", uno che è stato Direttore di una radio nazionale, Vicedirettore di un Tg nazionale, possa alla fine approdare a fare il Direttore de Il Romanista, ruolo che, peraltro, ammette il prode Cuomo, "svolge assai bene a giudicare dalle vendite e dal fatto che Il Romanista - anche grazie a una redazione giovane e appassionata e ai soldi pubblici - e nel suo genere un bel prodotto, magari con qualche caduta di stile"

. Potrei anche non aggiungere altro: è un bel prodotto, va bene, ha un fior di redazione, quale Direttore chiederebbe di più? L’equivoco sta nel fatto che Il Romanista viene definito con sprezzo un foglio Ultrà: si tratta invece di un piccolo ma combattivo quotidiano sportivo d’opinione, dedicato a una squadra di calcio e a una città che vi si identifica. Altri giornalisti più importanti di me hanno fatto il passaggio dalla stampa generalista alla stampa sportiva, perché a me non sarebbe consentito? Perché uno di sinistra non può applicare la sua professionalità a una grande passione popolare, quale quella per la Roma? Quanto al mio essere "viscerale" (altra accusa che mi viene mossa), se con ciò s’intende appassionato e poco incline all’ipocrisia, in un mondo di belle statuine lo considero un complimento. Cosi come rivendico il diritto di abbandonare una trasmissione tv perché non voglio neppure discutere con il signor Luciano Moggi. A riprova della mia inclinazione ultrà, si riporta quanto accaduto diversi anni fa in un congresso della Fnsi (il sindacato dei giornalisti) allora governata da una maggioranza di centrodestra. E’ vero: fu un congresso duro, molto accesso, in qualche occasione ci fronteggiammo anche fisicamente, ma non volò neppure uno schiaffo.

Eravamo giovani e appassionati, da una parte e dell’altra. Ancor oggi, quando ci incontriamo, lo ricordiamo con nostalgia insieme ai due "ultrà" che guidavano lo schieramento avversario: Guido Paglia e Arturo Diaconale (l’uno è un alto dirigente della Rai, l’altro dirige L’Opinione). Entrambi laziali: si vede che era nel mio destino contrappormi a loro. Infine, si insinua che io coltiverei simpatie per l’estrema destra (ma come non mi aveva appena descritto come un’ultrà che fa a cazzotti con la destra?) perché nei miei romanzi di fantapolitica parlo dei neofascisti. Ora, chiunque abbia avuto o avrà la pazienza di leggerli, comprenderà che trattandosi di romanzi, per l’appunto, ho raccontato la realtà come la realizzazione dei miei peggiori incubi, ovvero la presa del potere di una destra neonazista e neorazzista che si allea con il potere economico-politico-mediatico. Come dire che se uno scrive un romanzo che ha come protagonista un serial killer, ha simpatie per il serial killer. In ultimo, ma non per ultimo: magari il contributo pubblico ci consentisse di vivere nell’agiatezza! Abbiamo ereditato una situazione economica molto difficile che stiamo faticosamente cercando di risanare grazie all’impegno economico di alcun soci, ma anzitutto al sacrificio di chi qui lavora (redattori e collaboratori) sopportando ritardi enormi nei pagamenti. Siete liberi di pensare che io sia la feccia della terra, signori del Giornale, ho le spalle larghe. Ma, dall’alto dei vostri lautissimi stipendi, non vi vergognate di insultare questi straordinari professionisti?