rassegna stampa roma

Impianti anno zero DiBenedetto e Lotito, tocca a voi

(Gazzetta dello Sport-A.Catapano) Già, se ne parla da anni, quante volte abbiamo sentito dire ad Alemanno che il «Comune è ben disposto, — Ma non a speculazioni edilizie» e che «bisognerà aprire un tavolo con Roma e Lazio?» .

Redazione

(Gazzetta dello Sport-A.Catapano) Già, se ne parla da anni, quante volte abbiamo sentito dire ad Alemanno che il «Comune è ben disposto, — Ma non a speculazioni edilizie» e che «bisognerà aprire un tavolo con Roma e Lazio?» .

Eppure, ogni volta che la questione stadi torna d’attualità sembra sempre di ripartire da zero. Che ne è stato del progetto «Franco Sensi» alla Massimina? E dello stadio delle Aquile sulla Tiberina? Slide buone per i giornalisti o plastici degni del miglior Vespa: niente di più, siamo ancora fermi al palo.

Qui Roma E la metafora non è casuale. Perché lo stadio romanista che verrà potrebbe nascere a Tor di Valle, nel regno del trotto, sui terreni che un tempo furono di Gaetano Papalia e oggi appartengono al costruttore Luca Parnasi, romanista come il suo mentore Toti, indicato da più parti come possibile partner di UniCredit. In realtà, posto che un contatto ufficiale con la banca deve ancora essere stabilito, Parnasi sarebbe sì interessato a partecipare all’affare, ma non a entrare nell’azionariato della Roma. È tutto molto prematuro, la questione stadio sulla sponda giallorossa non decollerà prima che Uni-Credit decida a chi cedere parte del suo 40%. E del resto nemmeno nel business plan di Thomas DiBenedetto c’è un capitolo stadio — pur avendone caldeggiato la costruzione pubblicamente. Ci sono delle idee generiche — impianto da 45mila posti, con store, museo, ristoranti e parcheggi — ma niente di più.

Qui Lazio Ventinove aprile 2009, 27 aprile 2011: due anni meno due giorni, ma dello stadio delle Aquile non c’è traccia. Quello che nel 2005— quando Lotito presentò il plastico alla stampa— era un progetto avveniristico, di questo passo rischia di passare di moda. Battute a parte. Sono passati 24 mesi dal giorno in cui Lotito portò in visione al sindaco Alemanno, in forma non ufficiale, il suo studio. Qualche tempo dopo Lotito si recò pure alla Regione, mostrando i suoi rilievi sui terreni della Tiberina, oggi di proprietà della moglie del presidente, una volta dell’altra parte della famiglia Mezzaroma e location di numerosi film. Una zona, peraltro, classificata nel piano regolatore di Roma come Agro Romano vincolato e sottoposta a vincoli idrogeologici (rischio esondazione del Tevere). A fine luglio 2009 era stata persino programmata una conferenza ufficiale in Campidoglio di presentazione del progetto. Poi, il nulla. L’onorevole Francesco Giro, sottosegretario ai Beni Culturali, ha detto la scorsa settimana: «La Lazio non ci ha mai presentato alcuna proposta» . Perché si è interrotto l’iter? Perché quell’area di circa 600 ettari, sulla quale Lotito aveva presentato un progetto di 2 milioni di metri cubi— come da denuncia di Legambiente —, non va bene. Ma Lotito tiene duro. Circola pure la voce che abbia preso in considerazione altre aree (Pantano Borghese), ma lui smentisce con forza. Magari finisce all’italiana: diminuendo i metri cubi, anche il Tevere forse farà meno paura.