(Il Romanista - M.Izzi) - Un saluto beneaugurante al neo acquisto Nico Lopez che arriva a Roma con un soprannome, “El Conejo”, che in giallorosso è stato reso immortale da Alejandro Scopelli, campione argentino che rimane tra i massimi fuoriclasse dell’intera storia della Lupa.
rassegna stampa roma
Il primo “Conejo” fu Scopelli, l’idolo di Testaccio
(Il Romanista – M.Izzi) – Un saluto beneaugurante al neo acquisto Nico Lopez che arriva a Roma con un soprannome, “El Conejo”, che in giallorosso è stato reso immortale da Alejandro Scopelli, campione argentino che rimane tra i...
D’accordo, Scopelli proveniva dall’Estudiantes e non dal Nacional, ma a Montevideo ha vissuto uno dei momenti più straordinari della sua vita. Probabilmente quando Lopez da bambino, veniva accompagnato dai suoi genitori nel “mercado del puerto” di Montevideo, inconsapevolmente, su qualche bancarella avrà anche visto qualche antica rivista del 1930 con il volto di Scopelli (del resto su quei banchi le memorabilia vanno fortissimo e spaziano dagli antichi biglietti, sino ai segna posto in acciaio dello stadio del Centenario). “El Conejo” (dentoni sporgenti esattamente come il nuovo campioncino romanista), sbarcò a Montevideo nel luglio del 1930 per partecipare, assieme alla nazionale argentina alla prima edizione dei campionati del mondo. Scopelli era stato schierato nella semifinale contro gli Stati Uniti andando anche in rete. La sua classe cristallina era uno degli spauracchi più temuti dall’ Uruguay padrone di casa e finalista della Rimet. A sorpresa, però, quella gara Alejandro non la giocò.
Il mistero venne svelato solo nel 1957, quando l’argentino si decise a pubblicare, per l’editrice spagnola Juventud, un’autobiografia (“Hola Mister, el futbol por dentro” …. una lettura che consigliamo senz’altro a Lopez). In quella occasione, senza giri di parola, Scopelli scrisse che il 30 luglio 1930, avrebbe dovuto essere in campo a posto di Varallo, che tra l’altro aveva dei problemi fisici. Varallo, militava però nel Gimnasia, e nella delegazione della Nazionale argentina, uno dei dirigenti più influenti apparteneva proprio a quel club. Il Gimnasia aveva organizzato una crociera, come si direbbe oggi “All Inclusive”, riservata ai propri soci, che avevano sborsato una bella somma di denaro per assicurarsi il viaggio e il tagliando d’ingresso allo stadio del Centenario e poter così assistere alla gara del proprio beniamino. Insomma, il Gimnasia non poteva accettare che l’investimento fatto dai propri tifosi finisse in una delusione così cocente e così vennero esercitate delle forti pressioni sul tecnico Juan Josè Tramutola che alla fine decise di schierare Francico Varallo. La storia venne confermata dallo stesso Varallo (scomparso tra l’ altro nell’agosto del 2010), nella sua autobiografia: “Quando no habia reventa”. Dopo tre anni dall’amara sconfitta (vissuta in panchina) nella finale della Rimet, Scopelli entrò in contrasto con il suo club, desiderando di affrontare un’avventura professionale in Europa. Le trattative, a dire il vero, inizialmente lo vedono ad un passo dal tesseramento con il Livorno, che di fatto gli strappa qualcosa di molto simile a un precontratto.
All’ultimo istante, però, in quel marzo del 1933, Nicola Lombardo, inviato dalla Roma (il Sabatini dell’epoca, anch’egli tra l’altro, ex calciatore giallorosso), s’intromise nella trattativa. Il vantaggio del Livorno venne spazzato via dalla decisione di Renato Sacerdoti che autorizzò Lombardo, che di Scopelli aveva dato referenze entusiastiche, a versare all’argentino un anticipo in contanti di 50 mila lire. L’argentino arriva dunque a Roma, dove prende casa a San Saba. Familiarizza con i custodi del Campo, la Sora Angelica e Zi’ Checco, e diventa ben presto un idolo dei tifosi, che adottano immediatamente il suo soprannome limitandosi ad italianizzarlo nel più familiare: “Coniglietto”. Negli ultimi anni colpevolmente dimenticato (imperdonabile la sua assenza nel bel libro di Adriano Stabile: “Tutti gli uomini che hanno fatto grande la Roma”), “Il professore” (altro dei suoi nomignoli), era un autentico genio del calcio. Per capire lo spessore del primo “Conejo”, farò riferimento ad un ricordo personale. Negli anni 90 ebbi modo di parlare con diversi giocatori della Roma di Testaccio. Quando chiedevo chi fosse stato, tecnicamente, il più grande giocatore della Roma, in molti (Carpi e Fusco per dare solo due nomi) rispondevano Scopelli. E lo confermavano anche quando, sorpreso, chiedevo loro: «Ma anche più di Bernardini?». Nel settembre del 1935, Scopelli fuggiva dall’Italia, avrebbe guidato l’Argentina alla conquista della Coppa America, ma il suo addio e quello di Guaita, costarono alla Roma il titolo di campione d’Italia 1935/36. Sarebbe bello, che il nuovo “Conejo”, contribuisse a cancellare questo antico debito.
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