rassegna stampa roma

Il presidente è in arrivo Ora serve una squadra

(Corriere dello Sport-L.Cascioli) Fatto il presidente, ora biso­gna fare la squadra: tutta. La partita con il Palermo è sta­ta molto indicativa, forse la più importante della stagione per misurare il grado di usura del­la squadra e dei...

Redazione

(Corriere dello Sport-L.Cascioli) Fatto il presidente, ora biso­gna fare la squadra: tutta. La partita con il Palermo è sta­ta molto indicativa, forse la più importante della stagione per misurare il grado di usura del­la squadra e dei giocatori. La Roma è ormai un fuoco spento.

Ogni tanto viene dato l’incarico a qualcuno di soffiare sopra la cenere per cercare di ravvivare le fiamme, ma poi siamo al punto di prima. Un paio di anni fa forse ba­stava gettare sulla brace qual­che nuovo ciocco. Ma non c’erano i soldi e le operazioni per ravvivare la fiamma sono state fatte in economia, con i ri­sultati che ancora oggi andia­mo scontando. Adesso i nuovi dirigenti non si illudano che il problema possa risolversi solo con un altro allenatore capace di soffiare sempre sul fuoco. L’operazione di rilancio in orbi­ta della squadra è molto più complessa. Ci vuole un piano tecnico e tattico, ci vogliono i giocatori giusti per poterlo rea­lizzare. Ci vogliono, insomma, soldi e tempo. Perché di tempo ne è stato sprecato troppo. Roma non è stata fatta in un giorno. Anche per rifare la Ro­ma un giorno solo non basta. E non basta neppure solo un nuo­vo presidente. Bisogna rimboc­carsi le maniche e lavorare. Al­tro che Champions! Per giocare la Champions bisogna schiera­re campioni veri, non finti cam­pioni o ex campioni. Medici pietosi hanno cercato sino a ie­ri di medicare le ferite ulcerose del gioco. Ma i medici pietosi fanno piaghe puzzolenti. La Roma di Franco Sensi ha rappresentato un’epoca. Il de­clino e la morte di Franco Sen­si hanno rappresentato il decli­no e la fine di un’epoca che aveva visto campioni di gran­de statura vestire la maglia giallorossa (Batistuta, Samuel, Emerson, Cafu, Aldair, Cande­la, Balbo). Inseriti in questa ful­gida collana, come due splen­didi cammei c’erano i giovanis­simi Totti e Montella. E tra i giocatori di contorno c’erano Delvecchio, Amelia, Nakata, Tommasi, D’Agostino, Assun­cao, Zanetti, Zebina, Di Fran­cesco, Zago. Siamo lontani an­ni luce dalla Roma di oggi, ora frivola, ora piccante, ora scan­dalosa, ma ormai alla deriva. In questo clima c’è stato an­che chi sognava il nuovo presi­dente come uno “ zio Tom” in grado di arricchirci con la tan­to attesa eredità. Sarebbe una sciagura. La Roma ha sì biso­gno di risorse economiche che la facciano risalire dalla canti­na in cui è progressivamente rotolata, ma ha bisogno soprat­tutto di persone capaci che sappiano spendere bene e far fruttare le risorse disponibili. In questa situazione c’è ancora chi pensa che un nuovo allena­tore possa compiere il miraco­lo di una resurrezione. Potreb­be riuscire a ravvivare la fiam­ma come c’è riuscito per un an­no Ranieri, come ha fatto sino a ieri (e speriamo faccia anco­ra) Montella. Ma ci vuol altro che soffiare sul fuoco. E sbaglia anche chi se la prende con i giocatori, che danno quello che sanno e che possono dare. Prendiamo Vucinic: ha sba­gliato un gol fatto, che sarebbe stato forse decisivo e ne ha messo a segno un altro bellissi­mo, ma inutile. Vucinic è fatto così, è un giocatore che fluttua tra gli alti e bassi del suo stile, capace di acuti tenorili e di stecche. Prendiamo Menez: è uno che si butta nella mischia lancia in resta, come volesse polverizzare il mondo, ma non ha quella misura che distingue i veri campioni e gli manca il senso della porta. Altrimenti sarebbe un Totti giovane. Per adesso ha solo la pretesa di po­terlo diventare.