(Il Romanista - P.Marcacci) - Zigomi in rilievo, volto affilato, tensione che non si allenta neppure al momento del vantaggio: la faccia di Vincenzo Montella, già notata in conferenza, è tutta un programma.
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Il Fotogramma
(Il Romanista – P.Marcacci) – Zigomi in rilievo, volto affilato, tensione che non si allenta neppure al momento del vantaggio: la faccia di Vincenzo Montella, già notata in conferenza, è tutta un programma.
Cosa leggervi dentro? Forse una serie di cose che non riguardano lui soltanto: a parte l’essere stato catapultato in un mondo che non era ancora mai stato il suo, se visto dalla prospettiva di un’area tecnica, forse in quella maschera di preoccupazione perenne c’è anche la percezione, nitida in chi giocatore ha appena smesso di esserlo e ancora non ha dismesso l’habitus mentale del ruolo, che questo è un gruppo fragile, sempre sul filo di un equilibrismo emotivo, incline a un potenziale autolesionismo, come quando Doni ad inizio di ripresa azzarda una giocata con i piedi che ghiaccia il sangue in ogni vena romanista, compreso il Dottor Pengue, costretto a rianimarsi da solo. O come quando c’è da temere per ogni tackle di De Rossi, dopo il primo cartellino. Elettrico nel somministrare rimproveri, sempre sacrosanti quando dal campo fa capolino la sintomatologia tipicamente romanista da calo di tensione, quando segna Vucinic vive il momento come un semplice espediente per riprendere fiato: come volesse assumersi, nella sua compunzione, le responsabilità di un gruppo che ha ormai troppo da farsi perdonare. A tratti sconsolato, con l’occhio a mezz’asta, nel vedere sfumare all’ultimo passaggio i fraseggi in area leccese; lui che era attaccante con piedi da trequartista non può che somatizzare certi palloni giocati con qualche metro di sufficienza. Dopo sessantotto minuti si concede Brighi per Taddei, col riminese che va a occupare la trequarti e Perrotta che si sposta a destra: un po’ di chili e contrasti in più in mezzo al campo, la sua boccetta di Valium per affrontare l’ultimo scorcio di partita. Tormenta poi Bertelli per fargli accelerare il riscaldamento di Menez, vuole finire facendo preoccupare De Canio. Palombella giallorossa leccese dal capoccione di Giacomazzi al guanto di Doni, via ragnatela dall’incrocio dei pali: la sua maschera di timore era giustificata, quasi profetica; era anche la nostra, che da una ventina di minuti stavamo notando troppi metri di campo lasciati al forcing leccese. Poi accade un fatto nuovo, rigore a parte: la Roma reagisce, ci sta di cattiveria e agonismo, si riprende ciò che le spetta. Forse per la prima volta da quando è su quella panchina Vincenzo passerà la notte serena.
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