rassegna stampa roma

Il campo dice che l'unica certezza ha un nome: Francesco Totti

(Il Romanista – FOTOGRAMMA – P.Marcacci) Tutto quello che è mancato, ce l’ha detto lui; non nel dopo di una selva di microfoni ma nel durante dell’ennesima serata psicopatologica, puntellata da impennate di talento che ogni tanto...

Redazione

(Il Romanista - FOTOGRAMMA - P.Marcacci) Tutto quello che è mancato, ce l’ha detto lui; non nel dopo di una selva di microfoni ma nel durante dell’ennesima serata psicopatologica, puntellata da impennate di talento che ogni tanto interrompevano il nichilismo di chi ha rinunciato a ritrovarsi ancora prima di essersi perso.

Tutto quello che sarebbe servito, lui l’ha esemplificato con una tigna gridata al deserto, con una determinazione che meritava un altrove di partita, con una superiorità di forza, cuore e gambe che /Intender no la può chi non la prova/ e soprattutto chi non l’ha voluta vedere, in tutti questi anni e pure in questa città; pazienza, la stessa che ha messo lui contro l’opificio di Lucescu, ex soviet e attuale multinazionale, ucraina nelle fondamenta e brasiliana fino al soffitto.

Gli ci è voluta pazienza per ricavarsi la zona di campo nella quale operare, come un luminare della chirurgia chiamato al miracolo di riportare in vita chi agonizza già da qualche tempo; gli ci è voluta testa per non mollare quando intorno vedeva macerie di fraseggi spezzati, di pressing subito, di varchi che si aprivano come ferite. Ha suggerito, dribblato, provato ad impostare e cercato la rifinitura sontuosa, come quel tacco da fondo campo a beneficio di Menez; concluso in porta di rabbia e cattiveria ma mai di frustrazione perché è stato l’ultimo ad arrendersi e nel roveto dei fischi siamo sicuri che lui neppure un graffio abbia riportato, perché chi fischia per troppo amore sa anche riconoscere chi dai fischi va protetto, perché non vi può essere disapprovazione verso chi s’arrende solo alla fine e lui non ha abbassato la testa, mai, mentre tutt’intorno la Roma scivolava, cadeva all’indietro, trotterellava nei riscaldamenti, mugugnava risentita, non tratteneva palloni balneari, accusava capogiri di malessere e sfortuna. Non siamo nessuno per dare consigli, possiamo a malapena dire la nostra e allora lasciateci dire che quando il presente è desolazione e il futuro una nebulosa di sogni, bisogna ripartire dalle certezze che si hanno, se ancora se ne hanno: la nostra si chiama Francesco Totti e dopo ieri speriamo sia chiaro a tutti che non è un tributo alla memoria: è una sentenza del campo.